NEW YORK — Black Lives Matter è un intervento ideologico e politico in un mondo dove le vite dei neri sono sistematicamente ed intenzionalmente prese di mira. Non sono io a dirlo, sono i fondatori o meglio le fondatrici di questa nuova “cosa”. Non sta a me definirlo movimento od organizzazione quando Alicia Garza, Patrisse Cullors e Opal Tometi chiamano il loro impegno un “intervento ideologico e politico”. Cosa vuol dire? Che cosa è veramente, che cosa e chi rappresenta, e cosa cerca di ottenere?
Capisco che in Europa Black Lives Matter compaia nelle news di tanto in tanto, quando qualcosa di particolarmente tragico non può essere ignorato. Come in questi giorni in cui è affiorato un filmato di più di un anno fa dove si vede Laquan McDonald, 17 anni, una vita complicatissima ed un coltello in mano, assassinato da un poliziotto. Assassinato, sì, perché a vedere quel filmato non si saprebbe come altro definire quell’uccisione. Oggi quello che accade sembra poter essere sempre colto all’istante, in tempo reale, tutto racchiuso in un fotogramma, in una registrazione fatta da un passante, da una videocamera di vigilanza piazzata nel parcheggio di un supermercato qualsiasi… Oggi nessuno può pensare di infilarsi un dito nel naso e di farla franca. Oggi la cronaca è un continuo “in your face” — le parole, i racconti sembrerebbero un sovrappiù.
Credo venga istintivo pensare che dove “si vede” non c’è bisogno di capire. Però quelle immagini non ci sanno dire né degli anni di tribolazione di quel giovane nero, né di cosa sia passato per la testa di quel poliziotto. Quando ero piccolo non si vedeva quasi niente. Studiando storia su quei libri con qualche figura in bianco e nero, ero affascinato dal fatto che mi venissero raccontate cose che erano successe tanto tempo prima. Arrivato al liceo, sempre studiando storia, mi chiedevo che cosa fosse successo realmente e quanto ci fosse di vero nelle cose che l’autore del libro raccontava. Cosa voglio dire? Voglio soltanto dire che non c’è immagine e non c’è commento che possano raccontarci tutto, ma proprio tutto. Ciò detto, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un intervento “ideologico” per giudicare un fatto. Ideologico è dire che in ragione del male che un uomo ha fatto a Chicago, un altro a Ferguson, ed altri in altri posti, la polizia in America è una forza razzista e malvagia. Ideologico è anche raccontare quanto è accaduto mentendo intenzionalmente e spudoratamente come nel caso del rapporto delle forze dell’ordine di Chicago. L’ho già scritto più volte, l’America di Obama, il primo presidente di colore, è un’America pre-Martin Luther King. Anzi, un’America molto peggiore perché non c’è più nessun segno di purità nel dolore, nessuna abnegazione nei confronti della società civile, nessuna disponibilità al sacrificio nella legittimità delle richieste di giustizia.
Protestare gridando “friggiamo l’uomo bianco”, sparare a bruciapelo a dei poliziotti solo perché sono tali, così come crivellare di proiettili un povero disadattato minorenne solo perché hai impugnato un coltello non sono certo risposte adeguate al nostro insopprimibile bisogno di giustizia. Ma la cosa che ci aiuta di meno in questo caos è proprio la generalizzazione ideologica che Black Lives Matter porta avanti. Quello che non unisce, divide, che siano questioni di razza o di estremismo religioso. Non c’è nessuna scappatoia semplice. Neanche se tutti gli aderenti a questa strana cosa ideologica diventassero poliziotti credo che ci caveremmo le gambe. L’unica speranza è che impariamo a guardarci diversamente. E questo è solo un cammino di educazione. Non le pallottole, le proteste, la cronaca in tempo reale, ma la testimonianza di un modo diverso di guardare l’altro. L’educazione di quel Dio che ci insegna ad amare l’altro come noi stessi. Tu, io, non uccidiamo gli altri proprio per questa educazione. E cosa importa se qualcuno ci becca con le dita nel naso?