Accadde il Natale. Accade, ogni anno, nella nostra memoria. Accade ogni attimo, qui ed ora, che Dio si incarni e venga a spartire la sua umanità con noi, uno di noi. Che però il suo rinascere bambino in carne ed ossa avvenga in un presepe, nella sua mangiatoia, è più che un segno. 

Anche a New York, tra i festoni e gli scintillii che apparecchiano le prossime feste, si preparano presepi nelle chiese. La luce, il calore della tradizione, sono antidoto allo sconforto e alla paura, all’impotenza davanti ai tanti mali che ci stringono il cuore. Chiesa del Santo Bambino, nel Queen. Un’anima pia ha appena finito di montare il presepe, bello grande, quasi a statura umana. Chissà che spettacolo, i bambini. Sotto Natale vengono in chiesa più volentieri, altro che Disneyland. Ramazza e paletta, il presepaio si mette a ripulire da aghi di pino e ghiaietta, prima di chiudere la chiesa. Un pianto, di bimbo. Allucinazioni, ha pensato. Si ripete. Sarà un fedele col bimbo in collo, si dice. Poi segue l’eco di quel lamento, che lo porta alla mangiatoia di legno che ha messo insieme con colla e chiodi, e pazienza. Proprio lì c’è un bambino, avvolto in un panno, che è un asciugamano, non ha occhi e braccione spalancate al mondo, ma si agita abbastanza, sta bene, come tutti i bambini, chiede, e quindi piange. Perché non ha accanto a sé la Madonna col velo azzurro e lo sguardo amorevole dolcissimo. Né il papà che con sicurezza fa la guardia al suo fianco. Non ce n’è bisogno per la temperatura, ma non ha neppure un asinello e un bue. 



E’ solo, abbandonato. E subito il nostro presepaio ha un moto di gioia: benedetta quella mamma, povera donna, che l’ha lasciato lì, perché qualcuno lo trovasse, lo aiutasse. Guarda meglio e vede il cordone ombelicale ancora intatto. Ecco Gesù, ecco un bambino nato per noi. Ecco un miracolo, ha commentato il vescovo, trepido per la notizia. Negli Usa è consentito alle madri che non possono o non vogliono tenere un figlio lasciarlo alle cure di un ospedale, delle forze di sicurezza, di una chiesa. Devono però avvisare, far sapere, perché il bambino venga trovato e non abbia a patire un’attesa pericolosa. In questo caso, la mamma di Gesù Bambino, inquadrata dalle telecamere di sicurezza, è entrata con un fagotto in braccio, e ne è uscita senza. Ah, poco prima l’avevano ripresa mentre entrava in un negozio di biancheria. 



Potrebbe essere incriminata, non risulta abbia fatto telefonate in parrocchia. Ma nessuno sporgerà denuncia contro di lei. Solo, intristisce che sia dovuta scappare, come una colpevole, con lo strazio dentro, e per chissà che motivo. Si vorrebbe trovarla per chiederle se ha bisogno, e di cosa, e farle compagnia, e permetterle di tenerlo, quel bambino. Certo voluto, amato, perché poteva non esserlo. Certo lasciato con dolore, ma con la certezza che lì, nel presepe, in quella chiesa, con quel santo nome, non sarebbe andato perduto. Un figlio ci è stato donato. Basta aprire gli occhi, perché tutti i giorni sia Natale.