La Corte dei Conti bacchetta il sistema dell’8 per mille. Troppo gravoso per l’erario, favorisce la Chiesa cattolica. Ma va? Stupefacente se favorisse il circolo del golf, o Scientology, ad esempio, che si è insediata con spolvero a Milano, capitale morale d’Italia. Un j’accuse poco originale, perché un identico comunicato era stato emesso un anno fa, esattamente il 28 novembre 2014. Stanno guadagnando tempo, siamo solo ai primi di novembre. Ma andiamo con ordine. “Struttura discriminante dal punto di vista delle pluralità religiose”, perché la Chiesa cattolica prende più contribuzioni di altre confessioni. Strano, perché nonostante la scristianizzazione che avanza, i cattolici in Italia continuano ad essere la maggioranza dei cittadini, e dei contribuenti. Capisco che sia un problema per l’erario, se le somme raccolte ammontano ad oltre un miliardo. Si può fare ancora qualcosa, per sradicare la presenza viva e operante delle fede? Dovrebbero mettersi d’accordo i sacerdoti del laicismo, dato che solo a maggio, per bollare il Vaticano e i sui scandali, denunciavano non senza soddisfazione il calo di oltre 60 milioni in un anno dei fondi dell’8 per mille. Scendono o salgono? O sono sempre troppi, anche se servono a rattoppare in gran parte il carente welfare statale?
Altro appunto stizzito, c’è “scarsa pubblicità delle risorse ricevute”. Forse i giornali e le tv non bastano, provvedere coi manifesti sugli autobus. E ancora: “troppe campagne pubblicitarie delle diverse confessioni religiose”. Strano se si chiedesse ai fedeli o ai simpatizzanti di contribuire, senza chiederlo. E non le paga lo Stato, mi pare. E poi, di quali “diverse” confessioni si parla, quando si critica “la discriminazione nei confronti di confessioni non firmatarie degli accordi”? Devono crescere, con la firma di nuovi accordi, oppure sono già troppe, o troppo in vista?
Proseguiamo con la reprimenda: “assenza di controlli sulla gestione dei fondi”. Il lavoro di preti, suore, catechisti, volontari, l’accoglienza nelle case-famiglia, negli oratori, comunità, parrocchie, l’opera educativa negli ospedali, nelle case di cura, di riposo, nelle scuole, non è abbastanza evidente. Chissà quali fondi neri ramazzano denaro pubblico, per quali oscure attività segrete. Bisogna scrivere tutto, ogni piatto di minestra elargito, in Italia e nelle missioni che partono dall’Italia, ogni stipendio da 800 euro al mese per ogni sacerdote che si cura di migliaia di parrocchiani. Giusto, direbbe papa Francesco, per togliere ogni alibi ideologico: rendete pubblico tutto, imparate a far di conto, chiedete scusa e pagate per gli errori, o i reati, e fate conoscere i conti. Trasparenza, parresìa, ci sta bene. Ma su come usare i soldi ricevuti, è possibile esercitare il proprio discernimento o bisogna che la Chiesa segua i dettami della Corte dei Conti?
“Le somme sono destinate a finalità diverse, anche antitetiche alla volontà dei contribuenti”. Ah sì, come lo sapete? E’ possibile che qualcuno non voglia finanziare religiosi che non rispondono alla più limpida testimonianza evangelica. Io non vorrei finanziare la corruzione o l’insipienza di chi mi governa, e lo faccio col 50% di quanto il datore di lavoro elargisce per il mio stipendio. O forse i contribuenti si indispettiscono, nel vedere che la Chiesa spende per darsi da fare, ad esempio, nell’aiuto alla vita, si adopera perché non si sfascino le famiglie, ci sia libertà di educazione per i propri figli. Chi la pensa così, in genera non firma l’8 per mille, e chi non condivide il cuore del cristianesimo ha tutto il diritto a destinare l’8 per mille allo Stato. Che può utilizzarlo per il restauro di monumenti prestigiosi, come fa di solito, alla tutela dei parchi o delle specie animali protette, alla manutenzione delle strutture pubbliche, delle opere civili, eccetera eccetera. Però, si lamenta la Corte, lo Stato dimostra scarso interesse per le quote di propria competenza, non promuove i propri progetti, non li pubblicizza. Che modestia. O la si dovrebbe chiamare vergogna, nel tentare di spillare altri soldi perduti?