Papa Francesco ha rilasciato una intervista a un giornale olandese, Straatnieuws, in cui parla di sé, ma anche degli avvenimenti delle ultime settimane che così profondamente hanno colpito la Chiesa. Si difende dall’accusa di chi lo definisce comunista, spiegando di applicare soltanto la dottrina della Chiesa: “parlare e agire in favore dei diseredati, dei perseguitati e dei senzatetto lo sento come un dovere morale dentro di me. Vorrei un mondo senza poveri. Noi dovremmo lottare per questo, sempre. Ma io sono un credente e so che il peccato è sempre dentro di noi”. La tentazione della corruzione, dice, è sempre dentro di noi. La Chiesa, dice nel prosieguo, deve parlare con la verità e la testimonianza: “Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone: questo non si può fare. Questa è la prima tentazione. L’altra tentazione è di fare accordi con i governi. Si possono fare accordi, ma devono essere accordi chiari, accordi trasparenti. Per esempio: noi gestiamo questo palazzo, ma i conti sono tutti controllati, per evitare la corruzione”. A proposito dei cosiddetti beni della Chiesa e di chi dice che andrebbero venduti per sfamare i poveri, risponde: “se io domani dico che la Pietà di Michelangelo venga messa all’asta, non si può fare, perché non è proprietà della Chiesa. Sta in una chiesa, ma è dell’umanità. Questo vale per tutti i tesori della Chiesa. Ma abbiamo cominciato a vendere dei regali e altre cose che mi vengono date. E i proventi della vendita vanno a monsignore Krajewski, che è il mio elemosiniere”. I tanti beni immobili della Chiesa, aggiunge, servono per mantenere le opere nei paesi poveri: “ospedali, scuole. Ieri, per esempio, ho chiesto di inviare in Congo 50.000 euro per costruire tre scuole in paesi poveri, l’educazione è una cosa importante per bambini”. Poi parla di se stesso, di quando da bambino scappava di casa per andare a giocare a pallone per strada con gli altri ragazzi e siccome non era molto bravo stava in porta ma si divertiva. Ricorda ancora la donna italiana che lavorava a casa sua e che gli ha insegnato l’amore per i poveri: “Aveva due figli. Erano siciliani e hanno vissuto la guerra, erano molto poveri, ma tanto buoni. E di quella donna ho sempre mantenuto il ricordo. La sua povertà mi colpiva. Noi non eravamo ricchi, noi arrivavamo alla fine del mese normalmente, ma non di più. Non avevamo una macchina, non facevamo le vacanze o tali cose. Ma a lei mancavano tante volte le cose necessarie. Noi avevamo abbastanza e mia mamma le dava delle cose. Poi lei è tornata in Italia, e dopo è ritornata in Argentina. L’ho ritrovata quando ero arcivescovo di Buenos Aires, aveva 90 anni. E l’ho accompagnata fino alla morte a 93 anni. Un giorno lei mi ha dato una medaglia del Sacro Cuore di Gesù che porto ancora ogni giorno con me”.



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