Un importante aggiornamento arriva dalla Germania e allarga ufficialmente i cordoni della coalizione nella guerra all’Isis che somiglia sempre di più ad un terzo conflitto mondiale che non ad una semplice lotta al terrorismo jihadista. Ebbene il governo di Angela Merkel ha approvato la missione militare di sostegno contro l’Isis in Siria: la decisione definitiva sarà poi esclusiva del Parlamento dove il sostegno dovrebbe comunque essere assicurato vista la maggioranza. Quali le misure? Sei tornado di ricognizione, satelliti e una nave da guerra con in tutto 1200 soldati: ora, il timore di guerra mondiale non deriva dall’ingresso della Germania, sia ben chiaro, i tempo del nazismo e dei gerarchi almeno a Berlino è finito, ma è sintomatico tutto quanto per capire come la lotta al Daesh sia una priorità internazionale che però nasconde dietro varie strategie di ogni singola nazione in campo. Un esempio? Gli Emirati Arabi Uniti si sono detti pronti ad una missione di terra in Siria e ad un intervento diretto nell’ambito di una coalizione internazionale, preferibilmente guidata da altri Paesi arabi. La domanda però è: per battere Isis o per avere la possibilità di “mandare a casa” il presidente Assad?



La tensione continua e difficilmente la soluzione dello scontro tra Turchia e Russia, specie dopo le accuse pesanti di Putin ieri a Parigi, avrà un termine a breve. Intanto nella bilaterale organizzata oggi tra Usa e Ankara proprio nella capitale francese per il vertice mondiale sul clima, Barack Obama ha incontrato il presidente Recep Tayyip Erdogan, con un messaggio molto chiaro e che conferma il timore un po’ di tutti che la terza guerra mondiale sia più vicino che lontano nel tempo. «Abbiamo parlato di come Russia e Turchia devono lavorare insieme per allentare le tensioni e trovare un percorso diplomatico per risolvere questo problema, serve una de-escalation», ha riferito lo stesso Presidente americano dopo il vertice con il parigrado di Ankara. Per cercare di andare in contro all’alleato Nato, Obama ha anche riferito pubblicamente di come lo stato turco sia estremamente generoso nel sostegno dei rifugiati siriani. Opera di cucito quella di Obama dopo che ieri aveva incontrato Putin e lo aveva esortato ad andare oltre alla crisi generata dal jet russo abbattuto: «Insieme alla Russia, abbiamo tutti un nemico comune che è l’Isis» questo il senso di quanto detto oggi nella bilaterale Usa-Turchia ma anche il senso di quello precedente con lo stato di Putin. Basterà il richiamo ad un nemico comune per stanare la tensione e smorzarla? Difficile dirlo, di certo il periodo non è dei più tranquilli e dalla fine della Guerra Fredda questo è uno dei momenti di massima tensione internazionale.



Se qualcuno pensa che una prossima, eventuale, per molti probabile, Terza Guerra Mondiale sarà combattuta come le due precedenti, si sbaglia di grosso. Nuovi tipi di armi saranno messe in campo, non ultime quelle informatiche: vitali sia dal punto di vista della comunicazione, che della propaganda. A dare un assaggio di ciò che potrebbe accadere è stato Anonymous, la rete di hacker informatici che ha deciso di condurre una battaglia senza esclusione di colpi contro l’Isis. Nell’ultimo video pubblicato dall’account Twitter OpParis, un portavoce degli “hacktivisti” spiega come “Dopo il brutale attacco terroristico che ha colpito Parigi, OpParis è nata per oscurare in rete quel cancro che i governi diffidano dal voler estirpare per l’evidente movimento di denaro che gira attorno all’Isis”. Secondo il portavoce del gruppo, coperto come di consueto dalla maschera di Guy Fawkes, “Anonymous non si ferma davanti agli attacchi informatici in risposta ai nostri 12mila profili jihadisti oscurati negli ultimi 15 giorni”. Nel video l’esponente degli hacktivisti ricorda:”Ci hanno insultati, ci hanno minacciati di morte, ma Anonymous è una legione solida che agisce in tutto il mondo per il bene dei propri fratelli offesi nei loro diritti umani, calpestati da vigliacchi criminali”. Infine un monito che non passerà inosservato:”Sappiamo che ci temete, sappiamo che vi nascondete come topi in trappola: ricordate che OpParis non si fermerà”.



Forse il momento di massimo scontro dopo il caso del jet abbattuto con Russia e Turchia sul piede davvero conflitto, e che sia la terza guerra mondiale o una lotta fratricida tra due Paesi vicini poco importa. Tensione alle stelle dopo che Putin ha rifiutato incontrare Erdogan durante la Conferenza sul clima a Parigi e dopo soprattuto le accuse di ieri sera: «Abbiamo ragione di credere che la decisione di abbattere il nostro aereo è stata dettata dalla necessità di difendere le forniture di petrolio dall’Isis alla Turchia». Bum. Ma non solo, durante la stessa conferenza stampa di Parigi, il capo del Cremlino annuncia anche la presenza di prove certe secondo cui il petrolio proveniente dalle zone controllate dallo Stato Islamico viene consegnato in Turchia su scala industriale. Contro risposta immediata di Erdogan, «È immorale accusa la Turchia di comprare il petrolio dall’Isis, se ci sono i documenti, devono mostrarli, vediamoli. Se questo viene dimostrato io non rimarrò nel mio incarico, e lo dico a Putin: lui manterrà il suo incarico»? I toni sono questi, non abbiamo aggiunto nulla: difficile credere ad una semplice risoluzione di due Paesi che al momento sono ufficialmente facenti parte della stessa coalizione anti-Daesh. In apparenza ovviamente, sotto la sfida economica e strategica di avere il monopolio di controllo sul Medioriente per lo Zar e per il Sultano la partita è apertissima. E noi? E gli altri? Tempi bui, urge una soluzione diplomatica ad ampio raggio: l’Italia ha ottimi rapporti con Mosca, che sia proprio la spinta della nostra rete diplomatica a suggerire qualche piano credibile?

Che l’Unione Europea abbia incontrato la Turchia Bruxelles è notizia di ieri, che la terza guerra mondiale sia uno spettro che agita molti è un’altra notizia di questi tempi, ma che Alexis Tsipras, premier della Grecia, attacchi il governo di Ankara va approfondito assai bene. Intanto i fatti: con 4 tweet il giovane presidente appena riconfermato nelle elezioni più travagliate della recente storia europea, ha voluto “provocare” la Turchia accusandoli di essere stati troppo precipitosi, per usare un eufemismo, nell’abbattere il jet russo. Ma perché tutto questo? «Al primo ministro Davutoglu: fortunatamente i nostri piloti non sono agitati come i tuoi contro i russi» per non parlare dei numerosi piccoli attacchi alla doppiezza misteriosa di Ankara sull’invasione degli spazi aerei (integerrimi) e quella sulle coste con i migranti che entrano e vengono fatti passare senza problemi (curioso in effetti). Insomma, un spot praticamente in favore della Russia attaccando il nemico del momento di Putin, ovvero il presidente Erdogan. Provocazione? Bufala? Hacker? Il tweet in greco è ancora presente e nella giornata di oggi ci si interroga sull’effettivo ragionevolezza di far uscire una provocazione così a freddo in un momento così. Non si sa fino in fondo la verità in questa vicenda, ma sicuramente quando Tsipras, nel momento di massima distanza e quasi rottura con l’Unione europea dello scorso inverno/primavera, si affacciò e vide solo la mano tesa di Putin, qualcosa cambiò. E una possibile strategia e alleanza è stata stretta.

Mentre rimaniamo con la domanda sospesa su possibile conflitto nei prossimi anni – trovate qui sotto tutti gli sviluppi e le ipotesi – la terza guerra mondiale potrebbe essere già qui, a pezzi come dice sempre Papa Francesco, ma esistente. Ogni giorno, dalla situazione Russia-Turchia fino al problema Isis, viene messo a tema le strategie migliori e le alleanze, le azioni di disturbo e i boicottaggi. Insomma, il clima è quello di un conflitto e la situazione che più di tutte potrà cambiare questo scenario, anche se non si sa se in bene oppure no, è la Siria, la cui presenza dell’Isis al suo interno potrebbe invertire da un momento all’altro tutti gli scenari internazionali. Ankara ha da poco concesso alla Francia lo spazio aereo per tutti i raid anti-Isis che Hollande continuerà a ordinare nei prossimi mesi e questa è una notizia importante dopo il congelamento dei rapporti internazionali sulla questione Isis, in seguito alla crisi diplomatica con la Russia, in realtà ancora alleata nella lotta allo Stato Islamico (e qui c’è tutto il paradosso possibile di questa vicenda). Turchia e Francia hanno dunque concluso domenica questo accordo militare che autorizza da un lato i jet francesi di sorvolare lo spazio aereo di Ankfara e dall’altro consente alla portaerei Charles de Gaulle ci poter ricevere supporto logistico nel porto di Tasucu. Che tutto questo acceleri una reazione congiunta contro l’Isis da parte di tutta la coalizione? E soprattutto, questa coalizione diventerà realmente tale solo quando si sapranno i nomi degli aderenti e al momento è tutto molto confuso: questo accordo potrebbe forse sbloccare qualcosa.

E se qualcuno vi dicesse che nel 2030 ci sarà la terza guerra mondiale come reagireste? Esatto, prima bisogna capire chi lo dice e perché e poi fare i propri “calcoli”. A dirlo dunque è Luigi Bonanante, professore emerito di relazioni internazionali all’università di Torino, autore di vari saggi in ambito politico e sugli scenari nel medio termine. Bene, ma perché lancia questa provocazione? «La terza guerra mondiale scoppierà negli Anni Trenta per indicatori molteplici, il declino degli Usa, la crisi finanziaria, l’implosione dell’Ue, l’ascesa della Cina e la Russia che non si rassegna a diventare una potenza regionale». Ma quindi l’Isis in tutto questo? Secondo il professore non è un indicatore fondamentale, è solo segno del disordine internazionale crescente: interessante e provocatoria come posizione, uscita in una sua intervista a Lapresse. Secondo Bonanante, con gli Usa sempre meno al centro dell’ordine mondiale, l’equilibrio mondiale ne risente sempre di più, una sorta di crescente “marchia” da cui non emerge più alcun puntello e perciò la disgregazione risulta l’unico risultato che porterà all’implosione tra quindici anni. La Russia, guardando agli ultimi fatti e alla condotta sotto Putin tenta in tutti i modi di essere questo puntello senza però il riconoscimento internazionale, come invece avevano gli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale e quindi le strade si rendono sempre più caotiche. Ora, tutta la crisi con la Turchia in effetti ricalcherebbe un tentativo di riemergere di un ordine mondiale, o almeno, meglio, la volontà di far sentire il proprio peso internazionale sopra tutti gli altri. Ma fallimentare, come si vede, perché la disgregazione è sempre più materia reale e non fantasia: in tutto questo però il puntello – forse l’elemento più ragionevole dell’intero impianto del professore, che non ci convince pienamente nella disamina generale – dove starebbe? Forse è la domanda, ma alcuni indizi portano ad un uomo e una istituzione che al netto di tutti gli scandali guarda all’umanità e alla società con uno sguardo non solo meramente economico-politico. Eh sì, è in Africa in questi giorni.

Un conflitto su scala internazionale? Una terza guerra mondiale? Una “semplice” lotta diplomatica tra Russia e Turchia? A vuole con le parole bisogna stare attenti ma ormai come sapete la nostra proposta è provare a capire sempre di più quale posizione stia portando questa crisi istituzionale, politico, economico, sociale e sopratutto umano. Dove si origina tutto ciò? Un modo per “leggere” meglio quanto sta accadendo senza la pretesa di capire tutti i fattori in campo ma avendo, questa volta sì la pretesa, di osservare come la nostra umanità e ragione sono chiamate in causa in tutto quanto sta accendo intorno a noi italiani e semplici osservatori. Russia-Turchia è un bel dilemma, un problema molto imponente che sta preoccupando dalla Nato all’Ue fino agli Stati Uniti, con Erdogan e Putin che non intendono fare passi indietro o l’uno verso l’altro e con il pericolo Siria dilaniata sullo sfondo che il campo operativo della loro battaglia. In Iraq, come scrive un giornalista iracheno su Internazionale, Zuhair Al Jezaairy, si teme molto quanto accade tra Mosca e Ankara: sono in mezzo e temono un aumento delle ostilità dopo l’abbattimento del jet russo, con l’errore turco che potrebbe avere effetti devastanti. Il loro impegno contro lo Stato Islamico è importante e avrebbero bisogno dell’apporto russo ma ora lo scontro contro Erdogan rischia di complicare e danneggiare tutto, con colpe da entrambi le parti. Ma allora noi come si fa a star davanti a tutto ciò? Indifferenza? Oppure l’impegno sociale fino a se stesso? Sentite questo uomo vestito di bianco che dal fango della Repubblica Centroafricana ha da poco aperto un Giubileo della Misericordia (che la chiave sia proprio qui? Non è una domanda retorica, a mio parere è il vero punto da vagliare e cogliere in tutta la profondità) e che tuona questo: «Dio non fa differenze tra coloro che soffrono; tutte le nostre comunità soffrono indistintamente per l’ingiustizia e l’odio cieco che il demonio scatena» e ancora, in maniera più netta, «in questo contesto difficile, il Signore non cessa di inviarci a manifestare a tutti la sua tenerezza, la sua compassione e la sua misericordia, tale comune missione sono un’occasione provvidenziale per farci progredire insieme sulla via dell’unità». Ecco, forse un buon punto di partenza, che ne dite?