Una domanda che nelle ultime ore rimbalza da vari parti del mondo con la risposta che potrebbe determinare o meno una vera terza guerra mondiale: con l’ingresso della Coalizione saudita che riunisce a Riad 34 nazioni islamiche contro l’Isis, che ruolo avrà realmente? Ufficialmente è la risposta decisa e unita di 34 Paesi musulmani (si va dalla Malesia fino al Marocco, dagli Emirati Arabi fino alla Turchia) contro la minaccia del Daesh e del Califfato in Siria, Iraq, Libia e Afghanistan. La lotta al terrorismo dunque si fonda ora su due grandi coalizioni in linea teorica assieme contro l’Isis – gli occidentali con Usa e Russia a capo della spedizione e i musulmani sotto la guida saudita (e sunnita, da ben notare) dell’Arabia. Benissimo, ma alla prova dei fatti cosa accadrà? In pochi lo sanno davvero, ma sicuramente abbiamo degli indizi per capire dove si potrebbe andare a parare: seguendo il collega Maurizio Molinari che sulla Stampa oggi inquadra molto bene la situazione, basta vedere la lista degli esclusi di questa grandi coalizione araba per capire quale è il vero obiettivo. Manca l’Iraq, manca la Siria di Assad e sopratutto l’Iran di Ali Khamenei i quali non sono stati invitati a Riad per l’unione anti Isis. L’indirizzo è quello delle grandi potenze sciite attorno appunto all’Iran, con Assad che rappresenta per tutti un pericolo e una minaccia non solo economica, ma strategica. Dunque si scrive coalizione anti-Isis, ma si legge (forse) anti-Assad, anti sciiti. Come si metterà dunque la situazione con l’altra coalizione che al suo interno vive lo stesso più o meno problema (Usa vogliono via Assad, la Russia lo protegge?). Un bel dilemma, con sullo sfondo bombe e scontri che ci aspettano nei prossimi mesi. E questa non è mai una buona notizia.
Un vertice a Mosca con l’obiettivo di scongiurare un conflitto, una terza guerra mondiale: proprio così, John Kerry ieri si è recato a Mosca per convincere il presidentissimo Putin a partecipare, facente parte della coalizione, sul tavolo degli accordi per la vicenda in Siria. Una crisi che deve finire secondo tutti gli attori protagonisti occidentali e anche alcuni arabi e che vede comunque a breve l’utilizzo di un maggior sforzo militare (ergo più bombe, dunque più guerra). Chiaro è che l’asse Russia-Usa è dove, ancora oggi a distanza dalla Guerra Fredda, si gioca e si regge l’equilibrio mondiale. Anzi, siamo sicuri che sia così chiaro e che non sia soltanto la fiducia un po’ scalcagnata delle sue superpotenze mondiali? Kerry e Lavrov questo lo sanno e provano a convincere i presidenti che oltre alla facciata di dimostrare la superiorità di potere mondiale, ci deve essere anche la consapevolezza che un tavolo allargato per il futuro della Siria, ergo del Medio Oriente (ergo forse per il futuro prossimo mondiale) sia il vero bisogno di tutti in questo momento. Putin si è lasciato convincere a sedere a questo tavolo per cercare di portare un punto di vista comunque necessario. Il turno, secondo, dei negoziati dovrebbe tenersi a New York il prossimo venerdì: al Palazzo di Vetro dell’Onu ci sarà dunque una “Vienna 2” con vari protagonisti e si discuterà del livello attuale di raid e bombardamenti (Kerry ieri non ha lesinato critiche e preoccupazioni per le bombe russe contro i gruppi di oppositori moderati al regime siriano di Assad). In segreto, rivelano fonti di intelligence alle agenzie internazionali, l’idea del braccio destro di Barack Obama è quella di convincere Putin a portare un rappresentante di Assad ai colloqui di pace anche se molto ancora deve essere discusso. Insomma, siamo solo all’inizio e abbiamo l’impressione che la delegazione islamica anti-Isis guidata dall’Arabia Saudita avrà un peso, un ruolo e uno spazio impensabile fino a parecchi anni fa. Ecco, un indizio in più per comprendere come forse siamo davvero in un’altra dimensione militare e politica, una terza guerra mondiale o post guerra fredda, poco importa. Il terrore e il terrorismo, quelli sono il pericolo e la minaccia attuali.