Roman Polanski ne potrebbe trarre un film, degno del suo capolavoro Rosemary’s Baby, la storia di un edificio newyorchese abitato dal demonio che decide di far nascere qui in una donna, l’attrice Mia Farrow, l’anticristo. La strage dell’altra notte a Sesto San Giovanni succede infatti al civico 666, il numero della bestia. Fin qui arrivano le sciocchezze degne di un film horror. Non si ferma qui però la presenza del male, che in questo grosso palazzo della periferia operaia milanese, l’ex Stalingrado italiana, Sesto San Giovanni, era evidentemente ben presente.



Quel male quotidiano di cui sono infarcite le storie di migliaia di famiglie, un male oscuro di cui non si parla mai volentieri, si legge la notizia in fretta e si passa oltre. Un male che porta in molti casi, sempre più numerosi, a quanto successo in quel palazzo.

Un figlio di 25 anni, dicono le cronache con disturbi psichici, che vive con i genitori. Un altro fratello è andato via di casa, forse sposato, forse ha deciso di vivere da solo. L’altra notte, alle prime ore del mattino, quasi l’alba, il giovane litiga con la madre. Dirà che la odiava perché lei insisteva che si facesse ricoverare in una comunità terapeutica, lui non voleva andare via di casa. Prende un coltello e la massacra. Poi va in camera da letto dove il padre, malato di diabete, non può muoversi: gli sono state amputate da tempo le gambe. Uccide anche lui.



I vicini sentono urla, un altro dei tanti litigi, questa volta sembra più violento del solito, poi improvvisamente il silenzio più assoluto. Evidentemente qualcosa di diverso dal solito e chiamano le forze dell’ordine.

Quando gli agenti arrivano trovano il ragazzo in evidente stato confusionale e i cadaveri dei genitori. Una situazione estrema, il padre diabetico per problemi di alcol, sembra anche violento con la madre, il giovane con problemi psichici da alcuni anni, una piccola pensione sociale con cui sopravvivere.

Non sappiamo molto altro, ogni caso è diverso dall’altro. 



Si potrebbero sbandierare questi casi sotto gli occhi di tutti quelli che hanno festeggiato e festeggiano ancora oggi la chiusura dei manicomi. Certo, erano luoghi dell’orrore spesso e volentieri dove si chiudevano a chiave i malati per dimenticarsi di loro.

Ma oggi la situazione per i malati psichici è migliorata? Verrebbe da dire di no, anche se ci sono esempi estremamenti positivi di cura, di comunità terapeutiche, di recupero, di compagnia alla malattia. Il problema è arrivarci a queste realtà. Ancora tantissimi sono i malati abbandonati al peso delle famiglie, a un Cps di periferia dove bravi dottori in solitudine fanno il possibile contro difficoltà immense e uno Stato che si dimentica di loro, pazienti inclusi. 

Le pensioni di invalidità anche per chi è riconosciuto schizofrenico al 100% sono ridicole, intorno agli 800 euro al mese per chi riesce a ottenerle dopo anni di sbattimenti burocratici. Quegli 800 euro a famiglie modeste non bastano per mettere il parente malato in quei bellissimi centri di recupero, quelle comunità private dove la spesa mensile arriva anche ai 3mila euro, seppure siano riconosciuti rimborsi comunque parziali. Si può provare a fare la fila in comunità riconosciute dalla regione, dalle amministrazioni locali, dove non si paga. Ma i posti a disposizione sono pochissimi e per legge dopo tre anni il malato deve tornarsene a casa, sperando dopo qualche tempo di trovare un’altra comunità che lo tenga per altri tre anni e così via.

Il malato di mente non dovrebbe stare a casa con la famiglia, il luogo dove la malattia mentale nasce e si sviluppa, almeno nella gran parte dei casi. E’ un cortocircuito che si nutre di se stesso, alimenta il disagio, va spezzato. E’ anche difficile per dei genitori riuscire a convincere il figlio a farsi ricoverare, si può riuscirci solo con adeguato aiuto. Quanti riescono a trovare questo aiuto? Evidentemente, per cause che non sappiamo, non ci sono riusciti i genitori di Davide, il ragazzo che ha massacrato a coltellate mamma e papà. 

La malattia mentale, la depressione, sono in continua crescita in Italia e nell’Europa occidentale. Lo dicono i dati e le statistiche. E’ una lotta impossibile per le famiglie, specie quelle che non dispongono di forti risorse economiche. Lo stato si è limitato a chiudere i manicomi, dimenticandosi dei tanti che una notte si alzano e ammazzano i parenti. La società civile si è dimenticata di dire che il male sta in silenziosa attesa nelle famiglie, in ogni famiglia. Forse è il caso di inserire in qualche riformina del governo un pensiero per queste persone, anche se non bastano certo le leggi di fronte al male. C’è sempre bisogno di Qualcuno che ce ne liberi.