Ci sono delle coincidenze che illuminano il cuore e la storia. Come quella verificatasi ieri: la mattina veniva data la notizia che la piccola donna avvolta nel sari, la più elegante delle sante, l’apostola dell’amore e della compassione di Dio, sarebbe diventata santa. Almeno tecnicamente, visto che pochi al mondo potrebbero dubitare dello splendore che è stata la sua vita. Ovviamente parlo di Madre Teresa da Calcutta, quella vertigine di bontà che è diventata quasi una macchietta e che ancora non finisce di stupire e meravigliare per la docilità con cui si è lasciata modellare dal suo Dio.



Papa Francesco ha convalidato nei giorni scorsi il riconoscimento del miracolo attribuito all’intercessione della fondatrice delle missionarie e dei missionari della carità. Per essere canonizzata e proclamata santa, a Madre Teresa serviva proprio un prodigio. Ed è arrivato di quelli che strabiliano, classificato di primo grado, se non roba da “resuscitare i morti”, quasi. 



Proprio martedì scorso, infatti, la Congregazione delle cause dei santi ha espresso giudizio positivo, all’ unanimità, sul caso di un ingegnere brasiliano, oggi 43enne, che nel 2008 fu guarito all’istante e in modo scientificamente inspiegabile, quando era ormai in coma a causa di una patologia mortale al cervello. Stava per subire un delicato intervento chirurgico, una di quelle cose che o la va o la spacca, finalizzato a ripulire la testa piena di ascessi e masse fluide. Insomma gli stava per scoppiare il cranio. Rinviata l’operazione di mezz’ora per problemi tecnici, al ritorno in sala operatoria il chirurgo trovò il paziente perfettamente cosciente, anche se un po’ stordito, e decisamente a disagio sul tavolo operatorio. La moglie e i suoi familiari riferirono poi di aver pregato intensamente Madre Teresa per la guarigione del proprio caro.



Sono casi rari, inequivocabili, soprattutto quando comprovati da dati scientifici, in questo caso risonanze magnetiche e referti medici. Eppure non stupisce che la Madre si sia attivata così per bene, per una guarigione talmente eclatante da zittire anche il più caparbio degli scettici. 

Ma dicevo delle coincidenze. Proprio ieri, Papa Francesco aveva stabilito di aprire la porta della Carità, presso l’Ostello romano intitolato ad un altro campione del Vangelo, don Luigi Di Liegro, ostello che ospita senzatetto e ogni giorno offre pasti ai diseredati e agli abbandonati della città. Il Papa è arrivato, come spesso accade, in anticipo, ha oltrepassato la soglia che ogni giorno centinaia di poveri varcano per consumare un piatto caldo, e ha celebrato messa insieme a 200 tra uomini e donne senza fissa dimora, alla luce dei neon, tra l’acciaio dei fuochi e l’asettico bianco delle piastrelle da cucina. Un bel momento, di quelli che sarebbero piaciuti a Madre Teresa, icona vivente di quel buon samaritano che ora campeggia trasfigurato su tutti i loghi del Giubileo. 

Anche lei amava i poveri tra i poveri, anche lei prediligeva i piccoli, anche lei aveva bisogno fisico di Dio, nelle notti oscure della sua anima, quando partecipava misticamente e misteriosamente alla sete di Cristo, al suo desiderio d’amore per tutta l’umanità. Una talmente buona che persino i professoroni di Oslo avevano avvertito l’urgenza di insignirla del premio Nobel (1975), mentre dopo la sua morte, il 5 settembre del 1997, un altro santo, Giovanni Paolo II, sentì l’obbligo di aprire il processo di beatificazione a soli due anni dalla scomparsa, in deroga ai 5 ordinati dal codice canonico. Era una donna innamorata di Dio, così piccola e fragile che quando te la ritrovavi davanti non osavi toccarla per paura che si sbriciolasse. 

Di lei ho un ricordo indelebile, in un sabato mattina, all’alba, quando nel suo inglese elementare benedisse me e un mio collega che quel giorno si sarebbe sposato. Gli avevo fatto la sorpresa, avevo raggiunto la madre nel convento in Vaticano, dove soggiornava abitualmente a Roma, e l’avevo praticamente costretta a fare una chiamata. Il mio collega si svegliò con una telefonata di Madre Teresa nel giorno del suo matrimonio. I santi fanno di queste cose. Si prestano a tutto pur di rendere felici chi hanno intorno. Semplicemente credono che la Grazia di Dio, quella che loro conoscono, debba investire tutti. Così credo che oggi avrà sorriso, quando Francesco, nei locali ancora odoranti delle paste asciutte e dei brasati, ha parlato di quel Dio che si incontra in chi è affamato, assetato, detenuto, malato e solo. Un Dio ferito dall’amore, che salva tutti. Un Dio che Madre Teresa ha conosciuto e amato, testimoniato e mostrato. Il Dio della Misericordia che il Giubileo celebra. Speriamo davvero che Madre Teresa possa essere proclamata santa il prossimo 4 settembre, durante questo anno di Grazia. Sarebbe un’altra bellissima coincidenza.