Le forze internazionali stanno ancora cercando di capire le varie posizioni e gli equilibri, ma il rischio da terza guerra mondiale intanto è più che attivo sul campo di battaglia. Nemico? L’Isis, ovviamente e in questo caso a cercare di scacciarlo dal proprio territorio ci pensa l’esercito iracheno, protagonista nei giorni scorsi dell’attacco diplomatico contro le truppe turche entrate nel territorio iracheno senza il presunto permesso del governo di Baghdad. Oggi arrivano notizie di un’offensiva nel centro di Ramadi, nella zona occidentale dello stato, nel tentativo di scacciare le milizie del Daesh che dallo scorso maggio controllano la città e tutta quella parte del Paese. Combattimenti in corso con il conflitto che rischia di prendere dimensioni più allargate se interverranno anche le coalizioni occidentali e anche la Russia, che al momento stanno pensando ad un intervento in Siria, ma anche l’Iraq rimane sempre lì con il medesimo problema ma meno considerato (perché non c’è Assad, forse il vero obiettivo nel bene e nel male per Usa e Russia). L’intelligence irachena stima il numero dei miliziani dell’Isis sarebbero barricati nel centro di Ramadi a circa 300: una riconquista qui sarebbe una vittoria anche simbolica e un tentativo di inizio per la riconquista totale del Paese, per un terzo in mano al Daesh.



Il periodo non è certo il migliore, lo spettro di una possibile terza guerra mondiale avanza da ogni parte, con “fronti” aperti che potrebbero essere identificati in Ucraina, in Siria, in Iraq, nel nord Africa e addirittura in Turchia e nel corno maledetto tra Israele, Palestina e Libano. Non li abbiamo inseriti tutti perché sono purtroppo dovunque (perché non inserire ad esempio la Francia, l’Italia, l’America, la Russia, tutti i luoghi di frontiera). Non vogliamo spaventare, ma solo rendicontare una situazione che se non presa sul seria rischia davvero di sfociare in un tragico conflitto con gli schieramenti che non sono per nulla chiari. Eppure una luce di speranza, senza voler essere ingenui, ma andando a vedere un fatto, c’è: è avvenuto in Kenya ieri e quasi nessuno ne ha parlato, eccetto i colleghi della Stampa. In Kenya a pochi chilometri dalla Somalia, su di un autobus sono saliti ad un certo punto dei guerriglieri che hanno assaltato l’automezzo per far scendere tutti gli avventori e dividendoli in musulmani e cristiani. È un rituale purtroppo che sta diventano sempre di più all’ordine del giorno nei vari stati dove vige il fondamentalismo islamico: ma un attimo prima che i cristiani venissero giustiziati con un colpo alla nuca dai guerriglieri, i connazionali musulmani che erano sull’autobus si sono frapposti tra loro e i mitra compiendo un vero e proprio scudo umano, un gesto che in pochi istanti ha messo in fuga i guerriglieri, raccontano i testimoni, basiti e frustrati da una reazione che non si aspettavano. Le milizie jihadiste cercano continuamente l’attacco ma questo fatto, isolato certamente, ma incredibilmente simbolico perché reale potrà far molto di più di tante altre parole. Un gesto di umanità che si dona all’altro non perché l’altro lo merita, in fondo non si conoscevano su quel bus, ma perché semplicemente sono umani tanto quanto lo erano loro. Lo ripetiamo, una piccola ma significativa luce nel mare del conflitto.



E se poi si apre il fronte che non ti aspetti… allora davvero potrebbe essere l’ennesimo focolaio da terza guerra mondiale come scenario a livello internazionale. La notizia di ieri, passata sottobanco e nel silenzio dei media generali, la ritengo di importanza invece interessante: una folla di 5mila persone in piazza nella capitale Podgoriza si è radunata per dar forza al movimento anti-Nato che è sempre più crescente in Montenegro, Paese dal possibile scenario futuro molto “fastidioso” per gli equilibri internazionali nel momento di massima espressione della lotta al terrorismo. Slaven Radunovic, leader del Fronte Democratico, ha parlato alla folla urlante chiedendo subito elezioni anticipate (contro la corruzione dilagante di una parte delle istituzioni) e un referendum popolare che respinga l’adesione del Montenegro alla Nato, avvenuta giusto qualche settimana. L’annuncio della Nato ha creato il botto, con la reazione notevolmente infastidita della Russia di Putin che si è visto avvicinare ancora di più un avamposto dell’Alleanza Atlantica in zona dell’Est. I cori della folla erano piuttosto chiari (“Russia, Russia!” e “Nato, assassini”): il riferimento è ai bombardamenti subiti nel 1999 dalla stessa Nato nelle guerra balcaniche e che hanno provocato molte vittime nel piccolo Paese slavo. Il governo ufficialmente va avanti sulla linea dell’accordo con Unione Europea e Stati Uniti ma la gente vira al contrario, con Putin che ride sotto i baffi e che proverà certamente a tentare una “controproposta” al Montenegro per riportarlo più ad Est. Una continua mossa, uno scambio di ruoli e di posizioni di assestamento, alla vigilia del grande accordo sul futuro della Siria, dell’Isis e dell’Iraq: chi ci arriverà con un maggior percentuale di dominio strategico in Medio Oriente?

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