Una notizia che un lato annuncia un accordo forse storico, dall’altro riaccende lo scontro da terza guerra mondiale, post guerra fredda (chiamatela come volete) tra Mosca e la Turchia di Erdogan. Come riportano alcune agenzie internazionali, oggi si sono incontrati i russi con i curdi, nelle persone di Sergey Lavrov, Ministro degli Esteri del Cremlino, e Selahattin Demirtas, leader del partito turco democratico del popolo, filocurdo e una della quattro formazioni presenti nel Parlamento di Ankara, pronti entrambi ad aprire con Mosca e altra città europee canali di accordi nella lotta al terrorismo. Si sono incontrati a Mosca e Lavrov ha detto queste parole di fuoco, se lette dalla Turchia: «È estremamente importante poter congiungere le possibilità di tutti coloro che sono decisi a combattere con risolutezza il terrorismo: partecipando su richiesta del governo siriano all’operazione antiterrorismo in Siria, la Russia è pronta a collaborare con chi sta combattendo questa minaccia in terra», ovvero i curdi. Chiaro, l’accordo con i migliori nemici dei turchi non deve essere stata digerita bene da Ankara da cui si aspetta nelle prossime ore la reazione. Le tensioni salgono e il conflitto purtroppo non accenna a diminuire: combattere l’Isis avendo in superficie e non solo un livello di scontro così ampio tra le coalizioni che dovrebbero collaborare non è certamente il massimo.



Dall’inizio 2015 è un milione di arrivi in Europa in fugai da conflitti, in luoghi dove la terza guerra mondiale è cominciata da anni, da decenni: possiamo forse dire che non è mai finita la seconda in quei luoghi, per via degli scontri ideologici, politici e religiosi che non accennano a finire. L’annuncio choc l’ha dato l’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) con la notizia del milione (superato) di migranti entrati da varie parti in Europa in questo anno che rimarrà storico anche solo per questa sorta di esodo biblico che non sembra avere fine.



Un numero che ha superato di 4 volte quello dell’anno scorso, ben oltre a tutte le soglie giunte durante le primavere arabe del 2011-2012. Sul banco il conflitto presente in Libia, Siria, Iraq, Iran, ma anche tutto il Corno d’Africa, il Maghreb e l’intero Medio Oriente: si scappa perché si muore, si scappa perché si ha fame e purtroppo a volte si scappa anche per portare il terrorismo in Europa, confondendosi tra le migliaia di innocenti che davvero scappano per motivi umanitari. Il problema è serio e gli attentati di Parigi hanno semplicemente aumentato la tragicità della questione e che hanno riportato l’attenzione sui problemi che sono tutt’altro che morti nei posti e luoghi sopracitati (e tanti non li abbiamo scritti per motivi di spazio e di tempo).



Meriterebbe tutto un approfondimento, ma la domanda di fondo rimane la stessa: l’Italia è in prima linea per questo problema da tanti anni, visto che il maggior organo di controllo africano che era in vita, la Libia, dopo Gheddafi si è afflosciato senza pietà aprendo la voragine della migrazione. Un conflitto mondiale che abbiamo alle porte e che non possiamo pensare di risolvere con qualche bomba: un dibattito drammatico che dovrà prevedere strategie ben più ampie, il punto è se tutti remano dalla stessa parte. Non ne sarei così certo.