L’invio delle bombe contro i cristiani di tutto il mondo durante la settimana di Natale è ormai diventata una tradizione sanguinosa dei ribelli islamisti. Negli ultimi cinque anni, riferisce il Monsignor Jean-Clément Jeanbart, la comunità cristiana di Aleppo trascorre il Natale colpita dalle bombe. Non esiste giorno in cui la seconda città della Siria venga risparmiata e sicuramente non durante queste feste che rappresentano il simbolo della fede cristiana. Il problema principale, riferisce sempre Jeanbart rivolgendosi ad Aide à l’Égklise en détresse il 24 Dicembre 2015, è anche ciò che le bombe lasciano dietro di sé. Oltre le stragi, oltre le morti. I sopravvissuti vivono nelle difficoltà di ogni giorno, senza acqua, senza speranza. ‘Vi assicuro che è davvero penoso passare questi giorni così belli’ continua nella sua lettera accorata Jeanhart ‘negli stenti e nell’insicurezza, per giunta separati dal resto dal mondo da un rigido boicottaggio’. La comunità di Aleppo è decisa comunque a non indietreggiare e ha offerto cure mediche, alimenti e prestiti a migliaia di persone, oltre a formare dei muratori professionali per riparare le case colpite dalle bombe. Secondo il Sohr, l’Osservatorio Siriano per i diritti umani, sono state uccise 134 persone nella sola giornata del 21 dicembre 2015 e il numero non fa che aumentare di ora in ora. In quella stessa giornata l’Isis ha compiuto tredici esecuzioni capitali ai danni di presunte spie e prigionieri. 



Il 25 Dicembre del 2011 fu la volta della Nigeria. L’attentato, attuato durante la messa di Natale, venne rivendicato dalla setta islamica di Boko Haram. Il bilancio contava 39 morti per gli attentati alla Chiesa di Santa Theresa nella città di Madalla e altre tre esplosioni contro il nord-est del Paese. Un totale quindi di cinque esplosioni che hanno colorato di sangue il Natale del 2011. Due ragazzi avevano minacciato anche di colpire un commissariato di Polizia nelle vicinanze, provocando l’intervento degli agenti che hanno dovuto sparare in aria per allontanarli. Lo stesso Boko Haram era già responsabile dell’attentato di agosto contro la sede delle Nazioni Unite di Abuja e di altre esplosioni avvenute appena un anno prima, nel dicembre del 2010. ‘Continueremo a lanciare attacchi simili nel Nord del Paese nei prossimi giorni’ aveva affermato un membro della setta durante la rivendicazione. Il Primo Ministro Caleb Olubolade parlò all’epoca di una guerra interna da contrastare e gli attacchi vennero definiti dal Vaticano come ‘frutti di odio assurdo e cieco’. Poco dopo l’attentato di Madalla, una seconda esplosione aveva colpito la Chiesa evangelica di Jos, uccidendo un poliziotto. E ancora. Altre due esplosioni a Damaturu e una a Gadaka, nello Stato di Yobe, già martoriato dagli attacchi rivendicati dalla medesima setta.

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