LOS ANGELES, California — Sembra passato molto tempo ma è appena successo e ci si sta già dimenticando di ciò che è accaduto in San Bernardino, California, dove 14 persone persone sono state uccise. Se se ne parla, è solo per aggiornare la gente, noi americani, sul movente che ha generato l’attentato. Si cercano risposte particolari, dettagliate, e paradossalmente così facendo le domande ultime che per un istante ci hanno ferito di fronte al fatto si mettono a tacere. Come sappiamo tutti, qualche giorno fa a Los Angeles il Superintendent delle scuole del distretto di Los Angeles ha fatto chiudere per un giorno 900 scuole dopo aver ricevuto alcuni emails che minacciavano di un possibile attentato, per il timore che 640mila studenti fossero in pericolo di vita.
E’ un fatto che la paura ora tocca ciascuno di noi. Per molti è un inizio di abitudine a fatti così e sorge un’ostinazione a “tirare avanti” senza lasciarsi toccare da quello che succede. Eppure a settembre qualcosa di veramente grande ha toccato tutti noi in America. Ha toccato me profondamente. La visita di Papa Francesco. Un uomo la cui persona ha travolto tutti. Perché guardandolo e ascoltandolo le nostre paure, i nostri limiti, le nostre attese, insomma tutto quello che siamo, tutto si è sentito abbracciato, fino al punto che il nostro desiderio era che potessimo rivederlo il giorno dopo.
Il Mistero, che non si stanca di noi, ci ridona il Natale perché nell’accogliere quel bambino si trovi risposta al nostro desiderio di significato che mai, come in questi tempi, urge nella nostra carne. Ecco che allora accogliere Gesù che viene è chiedere che accada in me la sfida che in settembre Papa Francesco ha lanciato a tutti noi: “Non ci è estranea l’angoscia dei primi Undici, chiusi tra i loro muri, assediati e sgomenti, abitati dallo spavento delle pecore disperse perché il Pastore era stato colpito. Ma sappiamo che ci è stato donato uno spirito di coraggio e non di timidezza. Pertanto non ci è lecito lasciarci paralizzare dalla paura. So bene che numerose sono le vostre sfide, e che spesso è ostile il campo nel quale seminate, e non poche sono le tentazioni di chiudersi nel recinto delle paure, a leccarsi le ferite, rimpiangendo un tempo che non torna e preparando risposte dure alle già aspre resistenze.
E, tuttavia, siamo fautori della cultura dell’incontro. Siamo sacramenti viventi dell’abbraccio tra la ricchezza divina e la nostra povertà. Siamo testimoni dell’abbassamento e della condiscendenza di Dio che precede nell’amore anche la nostra primigenia risposta. Il dialogo è il nostro metodo, non per astuta strategia, ma per fedeltà a Colui che non si stanca mai di passare e ripassare nelle piazze degli uomini fino all’undicesima ora per proporre il suo invito d’amore (Mt 20,1-16)”. (Papa Francesco ai vescovi americani, settembre 2015).
Il Natale ci ridona questo incontro perché attraverso di Lui possiamo vivere il presente, abbracciando tutte le circostanze della vita e comunicando al mondo che c’è Uno per cui vale la pena vivere e morire.