Non si può davvero poter avere una linea chiara davanti in questo turbinio di crisi internazionali che su vari campi fanno davvero sembrare uno scenario da risiko, o più seriamente, da terza guerra mondiale. Con Siria, Iraq e Libia come campi di battaglia a cui si aggiunge anche lo Yemen da questa mattina per i meno informati, da molto tempo per gli attenti osservatori: l’attentato nella città di Aden ha visto uccidere con un attacco bomba il governatore della città, Jafar Saad, morto assieme a tutta la sua scorta. Come riporta la Reuters, c’è stata subito la rivendicazione dell’Isis che ha firmato così l’ennesimo attacco nel giro di poche settimane. Mentre poi in Siria e Iraq le diplomazie internazionali stanno cercando di trovare un accordo per combattere unitariamente il terrorismo, arriva un importante aggiornamento nel terzo stato con presenza forte di una fazione del Daesh, la Libia. Questa mattina il segretario Nato, Jen Stoltenberg, ha illustrato i prossimi piani della Nato nello stato che un tempo fu di Gheddafi e ora in completo disfacimento dopo la sua cattura e morte. Il concetto è che la Nato è pronta ad intervenire proprio in Libia per cercare di portare una soluzione in uno stato dilaniato da due governi e varie tribù fondamentaliste, oltre l’Isis. La condizione? La Nato interviene solo se si formerà un governo di unità nazionale e se dunque verrà chiesta l’assistenza per ricostruire le proprie capacità di difesa. «Una nuova strategia flessibile nella lotta globale al terrorismo, con la maggior parte delle vittime che sono musulmane e gli stessi musulmani sono quelli che in maggioranza si battono contro l’Isis: alla fine noi non possiamo combattere al posto loro». A dirlo è proprio Stoltenberg in una intervista ai colleghi di Repubblica: numerosi i temi poi toccati, dalle altre zone di terrorismo mondiali e dalla querelle tra Putin e Erdogan: «la Russia ha negato espressamente di volere lo scontro miliare con la Turchia, l’obiettivo ora dovrebbe essere quello di abbassare i toni e calmare le tensioni».



Un durissimo attacco quello del previdentissimo della Siria, Assad che interviene in una intervista al Sunday Times oggi con parole di fuoco: una minaccia di terza guerra mondiale che si allarga sempre di più, con focolai da ogni parte e con il tutto altro che semplice schieramento nella lotta al terrorismo. A parole sono tutti contro l’Isis, nei fatti i vari attori anti-Daesh sono poi tutti in lotta tra loro, con fronti aperti che ormai si fanno fatica a contare: Turchia contro Russia, Russia contro Usa, Iraq contro Turchia, e ora se ne apre un altro con la Siria ancora ufficiale che prende di mira le scelte dei raid della Gran Bretagna. «Le operazioni britanniche in Siria non daranno alcun risultato, sarà anzi dannoso e illegale e darà sostegno al terrorismo, come è successo dopo che la coalizione ha cominciato con le sue operazioni circa un anno fa, perché questo è come un cancro che non si può tagliare, va estratto». Secondo Assad, le operazioni di Gran Bretagna, Francia e Germania e tutte le altre non faranno che cercare di tagliare il cancro che però si diffonderà nel corpo ancora più velocemente: un attacco durissimo dunque contro la coalizione che in teoria combatte esattamente lo stesso nemico di Assad ma che evidentemente vede a rischio il suo posto dopo eventuale sconfitta dell’Isis. Come reagirà ora il suo alleato storico, Vladimir Putin?



Dire che sono tempi duri suonerà anche banale ma riflette un dato di fatto: una terza guerra mondiale sembra in atto o quantomeno agli sgoccioli e dopo l’ennesimo caso di attentato, questa volta a Londra e per fortuna senza morti ma con un ferito grave, la sensazione di un grosso problema di crisi internazionale continua a serpeggiare. L’attentato di Londra con un siriano che urlando per la propria terra tenta di sgozzare un passante in metro, ha risvegliato se ce ne fosse il caso, il problema delle possibili ripercussioni per i Paesi che hanno deciso di intervenire con raid, forze e bombe contro la Siria occupata dall’Isis. Ma in corso vi è un’altra parte del Medio Oriente che vive un caso molto strano: il dispiegamento delle forze della Turchia in Iraq per cercare di liberare Mosul dal governo Daesh non è affatto gradito dal governo iracheno, che ha parlato questa mattina in una nota ufficiale del presidente Fuad Massum in questi termini: le truppe turche nel nord dell’Iraq sono una «violazione delle norme internazionali, delle leggi e della sovranità nazionale dell’Iraq». Durissimo il governo di Baghdad che ha chiesto ufficialmente ad Ankara di ritirare immediatamente i soldati, circa 1000, presenti in territorio iracheno: fonti invece che arrivano dal Bosforo raccontano di come la presenza delle forze turche sia possibile perché avvallata dal presidente della regione del Kurdistan iracheno Massud Barzani. Il mistero si infittisce e un conflitto ad ampio raggio con un tutto contro tutti sembra sempre l’ipotesi più reale.



Questa nuova ondata di violenza, che più d’uno ormai definisce una vera e propria Terza Guerra Mondiale, passa anche da notizia che non arrivano da scenari di conflitto veri e propri. Per esempio arrivano delle novità dall’Inghilterra che invitano alla riflessione e a momenti davvero di sgomento. Nella serata di sabato 6 novembre, intorno alle 20.00 ora italiana, un uomo ha provato a tagliare la gola a un passeggerlo della metropolitana di Leytonstone a est del centro di Londra. Questo prima di sferrare un colpo ha urlato che compieva il gesto in nome della madre Siria. L’uomo fortunatamente è stato disarmato e immobilizzato dalla polizia con un taser. Al momento non ci sono notizie sulle condizioni della vittima di questo attentato terroristico che ha di sicuro poco a che fare con la religione e altri motivi puramente etici. Il Daily Mail e il Mirror hanno riportato alcuni video girati sul posto da altri passeggeri con i cellulari. In questi si vede un enorme pozza di sangue nei pressi dei tornelli della metro.

Una Terza Guerra Mondiale in arrivo? La previsione di molti esperti è proprio questa e del resto non è un azzardo ipotizzare uno scenario del genere stando alle tensioni crescenti tra tanti Paesi, non ultimo quello tra Finlandia e Russia. Che tra i due paesi non scorra buon sangue, senza scomodare la Guerra d’Inverno dello scorso secolo, non è una novità, ma alle scaramucce degli ultimi mesi si è aggiunto in queste ora un fatto senza precedenti. Secondo quanto riportato da “agiellenews.it“, la Finlandia, che condivide con Mosca oltre 1300 km di territorio di confine, ha chiuso il punto di passaggio “Lotta”, nelle vicinanzie di Murmansk “senza preavviso“. La decisione da parte delle autorità finlandesi ha colto impreparati proprio 15 cittadini russi, tra cui 7 bambini, rimasti bloccati alla frontiera e ora in attesa di fare rientro in Russia.

Nella giornata di ieri un aspetto non è stato calcolato ma forse può aiutare a capire meglio come la macchia d’olio di questi tempi da terza guerra mondiale apparente e inquietante non sia solo una teoria strampalata ma un effettivo rischio per come stanno evolvendo le questioni internazionali. Si è scoperto che in Iraq – quindi non sul campo principale di battaglia dei mesi prossimi, ovvero la Siria conquistata in parte dall’Isis – nella zona a nord dove c’è Mosul sono operative delle truppe turche. Sì, proprio la stessa Turchia che nella lotta senza esclusioni di colpi con la Russia sta rendendo molto complesso trovare un equilibrio tra le nazioni mondiali che intendono combattere il Daesh in maniera militare. Sono circa un migliaio impegnati nell’addestramento delle forze irachene, peshmerga curdi compresi che combattono il califfato. Turchi che addestrano curdi, sì non abbiamo sbagliato a scrivere: accade in Iraq, avendo come obbiettivo la riconquista di Mosul, al momento sotto bandiera nera dell’Isis. Strategia interessante che porterebbe a comprenderne una molto più ampia che punta ad isolare la Siria, anche quella ufficiale di Assad, indebolendone la leadership in questo momento già molto fragile. Per far questo ci si allea momentaneamente anche con i migliori nemici come i curdi: ma il segnale non è positivo a nostro parere per il semplice motivo che addestrare in una guerra per poi scatenarne una ancora più ampia potrebbe essere pericoloso. Mortalmente pericoloso e in cui molto attori sono coinvolti.