Il 12 febbraio è il giorno dedicato alla commemorazione e alla venerazione di San Benedetto d’Aniane, nato come Witiza e vissuto in Francia tra l’ottavo e il nono secolo. Nato nella cittadina francese di Villeneuve-lès-Maguelone intorno al 750, Witiza è figlio di un nobile visigoto, il conte Agilulfo che governa la sua città natia. Fin da giovanissimo, viene educato da Pipino il Breve. All’età di 24 anni, agisce in battaglia facendo parte dell’esercito di Carlo Magno, in piena lotta contro i Longobardi. Dopo aver salvato a suo fratello, il ragazzo decide di abbandonare la vita pubblica e di ritirarsi in un monastero in San Sequano, alle porte di Digione. Ed è proprio qui che Witiza diventa Benedetto. Si apre così la seconda parte della sua vita, basata prettamente sulla fede e sulla preghiera. Dopo aver studiato varie regole ecclesiastiche, inizia ad abbracciare quella diffusa da San Benedetto da Norcia, meglio proiettata verso l’Occidente. L’inizio della sua vita da monaco è alquanto complicato, dato che i suoi colleghi non lo approvano. Fino a quando non viene designato da loro come nuovo abate. Ma Benedetto rifiuta l’incarico e decide di trasferirsi ad Aniane, dove fa erigere un monastero totalmente nuovo su terreni di proprietà dei suoi familiari. E la riforma da lui tanto voluta viene finalmente portata avanti, anche grazie al sostegno di Ludovico il Pio, re di Aquitania. Inizia così ad adottare una linea molto dura, con l’obbligo di rispettare i principi della regola benedettina alla lettera e senza alcuna concessione. E il primo a seguire tali norme è proprio lui stesso. Inizia a realizzare trattati dedicati alle regole che vuole diffondere, come la “Concordia regularum” e il “Codex regularum”. E molti monasteri francesi sono portati ad adottare le istruzioni di Benedetto, anche con Carlo Magno ancora in vita. Successivamente, il lavoro di Witiza diventa sempre più rilevante. A partire dall’814, dirige il monastero di Maursmünster e della futura Cornelimünster, la prima in Alsazia e la seconda a due passi da Aquisgrana. L’azione di Benedetto trova sempre più sostenitori, ed egli convoca numerosi abati per emanare il “Capitulare Monasticum”, un trattato dedicato alle regole sull’organizzazione della vita monastica. Successivamente, i monasteri hanno riottenuto il diritto di eleggere il proprio abate in piena libertà. Il suo contributo da riformatore non sarà sufficiente per fare in modo che tutte le comunità religiose diventino libere ed estremamente austere. Tuttavia, tutto il mondo monastico rappresenta una sorta di origine per il futuro monachesimo di Cluny, che sarà basato proprio su una costante animazione di tipo liturgico. Ma nel corso della sua esistenza Benedetto non è soltanto un riformatore. Molto importante è il suo lavoro anche come predicatore e come studioso teologico. Stronca l’eresia adozionista, molto gettonata in Spagna e nell’Ovest della Francia, e per questo viene inviato nella Penisola Iberica con il vescovo di Lione e l’arcivescovo di Narbonne allo scopo di rimettere le cose a posto. È anche un abile viaggiatore e scrittore. Gli ultimi anni della sua vita si svolgono nell’abbazia di Cornelimünster. Benedetto muore ad Aquisgrana il 12 febbraio dell’821 e viene seppellito inizialmente proprio nel luogo dove ha vissuto i suoi ultimi attimi. Nel corso dei secoli, le sue reliquie sono andate perdute.