Prostituzione regolarizzata, case chiuse autogestite e abolizione del reato di favoreggiamento, sono i punti chiave del disegno di legge calendarizzato al Senato in Commissione Affari costituzionali e in commissione Giustizia. Il provvedimento ha raccolto un consenso bipartisan, a cui hanno aderito tutti i gruppi salvo Area popolare. Il punto principale sarà da un lato la tutela delle donne vittime dello sfruttamento, e dall’altro, il principio di autodeterminazione di chi vuole esercitare questo “mestiere”. Le donne, ma non solo le donne, anche uomini e transessuali, saranno liberi professionisti a tutti gli effetti con due obblighi specifici: l’iscrizione alla Camera di Commercio e la relativa denuncia dei redditi. Un passaggio da non sottovalutare è l’abolizione del reato di favoreggiamento, perché attualmente se si affitta un appartamento a persone che vi si prostituiscono si può essere accusati di favoreggiamento, e per questo secondo i firmatari della legge molte prostitute e molti prostituti sono costretti ad esercitare in strada. Se la legge verrà approvata questo limite verrà cancellato.
Molte le perplessità che il disegno di legge solleva e che vale la pena elencare in modo schematico:
1. Sappiamo bene che tante persone si prostituiscono perché sono vittime di veri e propri racket della criminalità, in un circuito perverso che ne fa dei moderni schiavi strettamente controllati da trafficanti umani, per i quali occorrerebbe invocare pene detentive molto più severe e sicure delle attuali;
2. Sa un po’ di utopia immaginare che ci possano essere persone che vogliano liberamente costituirsi in cooperativa, per prostituirsi in piena libertà, disposte a sottoporsi a controlli di natura fiscale e non più di natura sanitaria. Non basta certo l’autodeterminazione, servono anche imprenditorialità e un minimo di struttura burocratico-amministrativa…
3. Il rapporto tra prostituzione in appartamento e prostituzione in strada sarebbe per ovvie ragioni totalmente sbilanciato a favore della strada, dal momento che le condizioni immaginate dalla legge per esercitare in appartamento renderebbero impossibile prostituirsi senza permesso di soggiorno e senza gli altri controlli previsti dalla legge.
Sa quindi un po’ di demagogia l’impostazione di una legge che vuole regolarizzare il mercato della prostituzione con case chiuse autogestite, zone a luci rosse nelle città, abolizione del reato di favoreggiamento, uso obbligatorio del profilattico e per le prostitute il pagamento delle tasse e la comunicazione l’inizio delle loro “attività” alle Camere di commercio. Ma soprattutto appare totalmente sottovalutato il complesso fenomeno della prostituzione, che investe una immigrazione clandestina a puro scopo di sfruttamento maschile e femminile; che cresce tra le fasce più povere della popolazione, soprattutto in tempo di crisi, che crea degrado in una città, dovunque si collochi.
Eppure si tratta di un fenomeno vistosamente in crescita, con una variegata offerta di mercato del sesso che non è più riconducibile al solo universo femminile, e sempre e comunque ai confini di una criminalità che ne fa occasione per spaccio di droga, per violenza e per un aspro regolamento di conti. Ogni sindaco, soprattutto nelle grandi città, sa bene quanto sia difficile controllare la crescita esponenziale della prostituzione nelle sue diverse forme, ma nello stesso tempo sembra aver rinunciato ad applicare la stessa legge del 75/58, meglio nota come legge Merlin. La prostituzione, ricordiamolo, non è reato. Sono crimini invece lo sfruttamento e la tratta, ma proprio su questi punti si nota un cedimento delle forze dell’ordine, che preferiscono ignorare quanto accade sulle strade, per intervenire solo quando esplodono le risse o addirittura quando qualcuno muore e muore di morte violenta. Legittimare la riapertura delle case chiuse, archiviando la legge Merlin, senza neppure provare a farla applicare nella sua struttura originaria, significa aver dimenticato quel lungo dibattito sulla dignità della donna e sul rispetto della sua libertà personale.
La senatrice Lina Merlin ribadì più volte nell’acceso dibattito parlamentare che accompagnò l’iter della legge per oltre 10 anni come l’articolo 3 della Costituzione italiana sancisse l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, e l’articolo 32 annoverasse la salute come fondamentale diritto dell’individuo; citava spesso anche il secondo comma dell’articolo 41 che stabilisce come un’attività economica non possa essere svolta in modo da arrecare danno alla dignità umana.
Il traffico di donne, ma non solo di donne, talvolta anche minorenni, e i lauti guadagni del loro sfruttamento, sono sotto il controllo sia delle mafie italiane che di quelle dei rispettivi Paesi d’origine, sempre più presenti anche sul territorio italiano, ed è lì che andrebbe portata una politica seria e rigorosa di contrasto alla prostituzione. Serve un approccio multidimensionale che riveda e applichi le leggi sulla immigrazione e le leggi contro la tratta degli esseri umani; serve una prevenzione che affronti anche le nuove modalità di adescamento su internet e intervenga con determinazione davanti a forme di pornografia, che sono la porta d’ingresso di più spregiudicate forme di sfruttamento di persone giovani e troppo spesso sprovvedute. Ma servono anche misure positive di recupero di queste persone, con una offerta concreta di modalità alternative per gestire la loro vita e recuperare un forte senso della propria dignità.