“Gli immigrati sono usati dagli scafisti come ‘bombe umane’ per minacciare l’Europa. La comunità internazionale, d’accordo con le autorità libiche, deve occupare l’area in cui avvengono gli imbarchi per porre fine a questa carneficina”. Sono le parole di monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, in prima fila nell’affrontare il problema immigrazione. I responsabili della sicurezza italiana temono l’arrivo di 200mila persone, arrivate in Libia nei mesi scorsi e adesso costrette a partire contro la loro volontà con l’obiettivo di creare il caos.
In che modo va affrontata la questione umanitaria legata agli sbarchi?
Il fenomeno cui stiamo assistendo in questi giorni è parzialmente nuovo. Siamo in inverno e con il mare mosso, e gli immigrati che sbarcano in massa in Sicilia sono utilizzati come una sorta di “bomba umana”, cioè come una “merce” utilizzata per mandare un messaggio all’Europa.
Quale tipo di messaggio?
In questo modo gli scafisti e le organizzazioni che ci stanno dietro vogliono minacciare l’Italia e l’Occidente.
In che senso?
Mentre con l’operazione Mare Nostrum i migranti erano salvati anche a pochi chilometri dalle coste libiche, con Triton ci sono rischi maggiori di morti nel Mediterraneo. La stessa organizzazione dell’accoglienza di questi immigrati si rende problematica, sia perché arrivano in massa sia perché tra questi immigrati ci possono essere anche dei terroristi.
Secondo lei un terrorista non può trovare un modo più sicuro per arrivare in Italia?
Il terrorista professionista non arriva con il barcone, ma usa metodi più sicuri perché non vuole rischiare la sua vita. In mezzo ai molti profughi ci può essere però qualche disperato cui può venire in mente di imbarcarsi e di introdursi in Italia con finalità terroristiche.
Nel caso in cui la guerra in Libia si inasprisse, al flusso normale di immigrati potrebbero aggiungersi dei rifugiati politici?
Certamente sì. In Libia in questo momento c’è un disordine assoluto, non si capisce chi comandi e tutti hanno delle armi. Gli immigranti provenienti da Somalia, Eritrea e Sahel in attesa degli sbarchi si trovano in fattorie e sono oggetto di violenze e sfruttamento anche da parte della polizia libica.
Che cosa bisogna fare?
Bisognerebbe trovare un accordo politico con le autorità libiche e quindi occupare per motivi umanitari l’area dove si trovano i profughi. A quel punto bisogna cercare di fare quello che andava fatto prima. Vanno insediate delle commissioni in loco che valutino i profughi, e se questi hanno il diritto d’asilo vanno inviati direttamente nei Paesi di destinazione senza transitare dall’Italia. Molti degli immigrati che sbarcano in Sicilia infatti non vogliono venire nel nostro Paese, bensì in Germania, in Francia e in Svezia.
Che cosa intende dire quando parla di violenze e sfruttamento da parte della polizia?
Alcuni di questi migranti, prima di essere imbarcati, sono chiamati per lavorare nei terreni della polizia e nelle case degli agenti, e spesso sono anche frustati. Queste persone, che magari speravano di rimanere in Libia per alcuni mesi e poi magari imbarcarsi in primavera, adesso sono costrette per forza a fuggire.
Com’è la situazione a Lampedusa?
Martedì sull’isola su cento posti disponibili c’erano 1.200 migranti. Le autorità stanno organizzando dei ponti aerei per portarli non in Sicilia, ma in Veneto, in Toscana e in altre Regioni. Molte volte però i sindaci non vogliono accoglierli, e in Veneto hanno dovuto dormire per 24 ore in un autobus perché nessun sindaco era disposto ad accettarli.
E in Sicilia che cosa sta succedendo?
Per quanto riguarda la Sicilia, il problema riguarda soprattutto alcune zone dove sbarcano i migranti, in particolare nel Ragusano, dove tra l’altro sono stati fermati due presunti scafisti, l’Agrigentino e lo stesso Trapanese. Nel Palermitano invece non sono mai sbarcati. L’immigrazione non è però solo un’emergenza siciliana, bensì nazionale. Un anno fa il Papa è stato a Lampedusa e ha detto: “Accogliamo gli immigrati”.
In che modo è possibile conciliare accoglienza e sicurezza?
Certamente l’accoglienza è importante, bisogna però tenere presente il contesto in cui avviene questo fenomeno. La cosa particolare in questo momento è che i migranti stanno viaggiando nel Mediterraneo in un periodo in cui c’è freddo e il mare è mosso. Non sono persone che vogliono spontaneamente imbarcarsi e venire in Italia, in quanto sono costrette a farlo. Il motivo per cui i barconi vanno fermati non è per un rifiuto dei migranti, ma proprio per salvare loro la vita.
(Pietro Vernizzi)