“Rischierò l’ergastolo, ma non confesso per la mia famiglia”. Lo avrebbe detto Massimo Bossetti, accusato di aver ucciso Yara Gambirasio, agli altri detenuti del carcere di Bergamo dove si trova dal 16 giugno scorso. Lo riporta oggi il Corriere della Sera, spiegando che queste intercettazioni, raccolte dalle cimici piazzate negli ambienti della struttura (e scoperte da alcuni detenuti) sono adesso negli atti dell’inchiesta che il pm Letizia Ruggeri sta per chiudere. Nonostante queste presunte ammissioni, che il pm ritiene interessanti ai fini investigativi, il legale di Bossetti continua a dichiarare l’innocenza del carpentiere: “Non confessa, perché non ha fatto nulla. Non crolla, perché vuole dimostrare la sua innocenza”, ha detto Claudio Salvagni.
Yara Gambirasio è stata uccisa da un “mancino e con un’arma importante”. Lo ha detto Dalila Ranalletta, medico legale che fa parte del collegio difensivo di Massimo Bossetti, accusato di aver ucciso la tredicenne. Le ferite sul corpo della giovane vittima, ha spiegato l’esperta in una recente conferenza stampa, potrebbero essere state inferte da un’arma “importante” che potrebbe assomigliare a un coltello utilizzato nell’Escrima, antico sistema di combattimento filippino conosciuto anche come Kali. Inoltre, il fatto che la maglietta di Yara fosse pulita nonostante la ferita alla gola fa pensare che “sia stata spogliata e rivestita”. Anche l’avvocato del carpentiere arrestato, Claudio Salvagni, è tornato a ribadire l’innocenza del suo assistito: secondo il legale Yara non sarebbe morta in quel campo di Chignolo d’Isola dove venne trovato il suo cadavere. Inoltre anche la prova del Dna non confermerebbe la colpevolezza di Bossetti.