Tra i santi che la Chiesa cattolica ricorda nella giornata del 25 febbraio c’è anche San Luigi Versiglia, vescovo. Egli nacque a Oliva Gessi, in provincia di Pavia, il 5 giugno 1873 e, dopo aver trascorso l’infanzia nel suo paese natio, si spostò a Torino dove, presso l’Istituto dei Salesiani di don Bosco, intraprese i suoi studi: in questo periodo, il santo non pensava ancora di consacrare la propria vita al Signore, ma desiderava divenire veterinario. Il giovane Luigi guardò sempre con grande rispetto alla figura di don Bosco, che poco prima di passare a miglior vita gli aveva espresso il desiderio di avere un colloquio con lui perché aveva una comunicazione urgente da fargli; l’incontro non avvenne, ma non è difficile che credere che l’episodio impressionò il futuro vescovo a tal punto da fargli decidere di entrare, nel 1889, nella società salesiana. Dopo averlo stabilito, si convinse altresì a recarsi a Roma per intraprendere studi filosofici all’Università Gregoriana, mentre qualche anno dopo, ormai divenuto ventiduenne, venne ordinato sacerdote. Nel 1898 fu incaricato di aver cura dei novizi salesiani riuniti in quel di Genzano (Roma), anche se, come avrà modo di dimostrare, il santo aveva soprattutto una vocazione missionaria: fu così che nel 1906 arrivò nella lontana Cina per poi diventare direttore spirituale della casa salesiana di Macao, dove si distinse per l’incessante opera, spirituale e materiale, rivolta soprattutto a bambini e giovinetti rimasti senza genitori. Il santo si spostò nella parte meridionale della Cina quando, nell’anno 1920, divenne vescovo e vicario apostolico di Shiuchow (Kwangtung), e quì dovette confrontarsi con un contesto sociale e politico tutt’altro che facile a causa dell’alto tasso di delinquenza, degli aspri scontri di carattere politico e dei continui scontri tra le varie classi sociali. Senza farsi abbattere, il vescovo perseverò nello svolgimento della propria missione adoperandosi soprattutto per la diffusione dell’istruzione e, di conseguenza, per l’apertura di seminari e scuole, cosa che gli fece guadagnare la stima e l’apprezzamento anche di coloro che non professavano la religione cattolica. Proprio mentre si apprestava a compiere una missione in una zona particolarmente difficile da gestire, monsignor Luigi Versiglia trovò la morte. Infatti, il 23 febbraio del 1930, assieme ad una catechista, a due insegnanti e alle loro sorelle, e a Callisto Caravario, un missionario molto giovane ma già forte spitualmente, egli partì con un’imbarcazione alla volta di Lin-chow, area sconvolta dalla guerra civile che in quel periodo imperversava da quelle parti. Qui, però, si correvano dei rischi anche dai comunisti e dai pirati, che allora erano soliti accanirsi anche contro coloro che erano conosciuti con l’appellativo di “diavoli bianchi”, e cioè i missionari, che riuscivano a dare una speranza agli indigenti che tentavano di salvarsi da razzie ed assassinii. L’imbaracazione su cui il vescovo viaggiava assieme ai propri collaboratori venne bloccata dall’arrivo di alcuni criminali, che chiesero ben cinqueccento dollari per consentire alla barca di proseguire la navigazione: Caravario e il santo, che si opposero con fermezza alla richiesta, vennero prima picchiati e poi portati in una radura vicina, dove andarono incontro alla morte per fucilazione (25 febbraio 1930). Come più tardi si apprenderà dalle sorelle dei maestri, poi liberate, perfino gli aguzzini non rimasero indifferenti alla tranquillità d’animo con cui il vescovo ed il missionario andarono incontro alla morte, anche se monsignor Versiglia tentò disperatamente di far sì che gli assalitori risparmiassero la vita al suo giovane collaboratore e compagno di viaggio, che purtroppo lo seguì nel suo tragico destino. Nel 1976 essi vennero proclamati martiri per volere di papa Paolo VI, mentre divennero beati nel corso del pontificato di Giovanni Paolo II (15 maggio 1983). Il 1° ottobre dell’anno 2000, monsignor Luigi Versiglia, Callisto Caravario ed altri martiri di nazionalità cinese vennero proclamati santi, mentre a dieci anni di distanza dalla canonizzazione, il vescovo emerito di Hong Kong, Joseph Zen Ze-Kiun si pose a capo di una fiaccolata che partì proprio dall’abitazione in cui il santo era nato e che era diretta verso la parrocchia di Oliva Gessi, a testimonianza della forte impronta lasciata dal vescovo italiano nei luoghi che in vita gli erano stati affidati.