Vi ricordate che dieci giorni fa i giornali titolavano allarmati che questo è l’anno più caldo degli ultimi duecento anni e giù con i tormentoni sul surriscaldamento globale eccetera? Vi ricordate le pagine sull’inverno 2014-15 torrido, che avevano una loro ragion d’essere perché il clima era più mite del solito? Provate ora a guardare fuori della finestra: neve, pioggia, cieli scuri — alternati a schiarite, certo. Ma ora fa davvero freddo! Cosa scriveranno i sensazionalisti della prima ora, che ci raccontavano pochi giorni fa i foschi paesaggi dell’inverno caloroso? Di un arrivo dell’era glaciale, scommetto. Già, perché oggi si sa fare i conti solo con messaggi semplici, legati all’emergenza: piove, arriva il diluvio; c’è il sole, arriva il Sahara. 



Ebbene, vi riveliamo un segreto: il fatto che ogni dodici mesi faccia freddo si chiama “inverno” e che dopo sei mesi faccia tanto caldo si chiama “estate”; entrambi non sono fatti col centimetro e la squadra e quindi qualche anno ritardano, anticipano, sono più o meno accentuati… ma esistono, statene certi, anche se vi sembra così “inopportuno” che Chi ha creato l’universo non lo abbia fatto secondo i vostri schemi piatto e tutto uguale, senza imprevisti, senza sbalzi, senza varietà, senza apparenti imperfezioni.



Non ci colpiscono più i periodici allarmismi e catastrofismi: ricordate quelli sulle epidemie di influenza suina o “mucca pazza” che avrebbero dovuto annientare il genere umano? Non ci stupiscono perché viviamo in un clima culturale che non sa affrontare il lungo termine ma vive legato all’emergenza, reattivo e impaurito. La paura è il tratto caratteristico di questa epoca e dalla paura si esce in due modi: col guardare avanti o col chiudersi gli occhi, e quest’epoca ha deciso di chiudersi gli occhi. E’ quella che il Papa chiama la cultura dello scarto perché chiudendosi gli occhi si rifiuta e scarta tutto quello che non è (secondo alcuni) perfetto o non è previsto (cose o persone).



Invece nevica, e non è previsto, e non siamo preparati per quello che non è previsto, misurato, centellinato, arginato. Siccome non è previsto finisce col sembrare un evento catastrofico. Siamo un popolo abituato non più a rispondere con un progetto ma a reagire con l’emergenza: due gocce d’acqua e si aprono gli ombrelli e non si esce più di casa mandando a tutta foga i riscaldamenti con sprechi evitabili; arriva il sole e si accendono in tutta Italia i condizionatori… Ricordate che quando gli inverni erano rigidi andava di moda dire “non esistono più le mezze stagioni”; ora un inverno tiepido aveva iniziato a far dire l’esatto opposto: “è tutto mezza stagione e non c’è più l’inverno”; così come quando invece che freddissimo o caldissimo vediamo semplicemente piovere, non è insolito leggere “arriva la stagione dei monsoni in Europa”. 

Purtroppo tanti allarmismi finiscono con l’offuscare gli allarmi veri: la povertà, lo spreco, la svalutazione della vita umana, l’emergenza educativa. Vediamo di mettere da parte la cortina fumogena del catastrofismo periodico, dell’allarmismo fasullo, e di guardare meglio agli allarmi veri, senza fermarsi all’istintiva reattività, ma costruendo e progettando.