L’intervista a Papa Francesco resa nota da padre Pepe ci è arrivata inattesa ma gradita così che mettersi a leggerla mi ha trascinato parola dopo parola dentro l’irruenza della testimonianza del Papa, ad ogni passo sorpreso e commosso dalla sua sensibilità per il vero e dalla genialità che la sorregge, una genialità dell’umano.



Questo è Papa Francesco, un genio dell’umano, affascinante perché sa cogliere il valore di ogni persona, valore unico e totalmente originale. Quello di Papa Francesco non è né un discorso sull’umano né un sentimentalismo dell’umano, ma la testimonianza di un rapporto con l’uomo che nasce dalla sua relazione con Cristo.



Così la lettura di questa intervista mi ha fatto cogliere un giudizio sull’umano che ha un metodo preciso e che è per questo capace di imporsi dentro la vita e di costruire una novità che permane.

Il primo fattore che mi ha colpito di quello che ha detto nell’intervista il Papa è stata la sua definizione del rapporto tra periferia e centro. “Una cosa è osservare la realtà dal centro e un’altra è guardarla dall’ultimo posto dove tu sei arrivato – ha detto Papa Francesco”.  Un esempio: l’Europa vista da Madrid nel XVI secolo era una cosa, però quando Magellano arriva alla fine del continente americano, guarda all’Europa dal nuovo punto raggiunto e capisce un’altra cosa. 
La realtà si vede meglio dalla periferia che dal centro. Compresa la realtà di una persona, la periferia esistenziale, o la realtà del suo pensiero; tu puoi avere un pensiero molto strutturato ma quando ti confronti con qualcuno che non la pensa come te, in qualche modo devi cercare ragioni per sostenere questo tuo pensiero; incomincia il dibattito, e la periferia del pensiero dell’altro ti arricchisce.”



E’ questo un chiarimento che ci voleva, perché molti hanno interpretato scorrettamente quanto il Papa va dicendo delle periferie. Infatti rimane anche dentro la Chiesa una idea colonialista della periferia, mentre il Papa sta dicendo da tempo un’altra cosa, non sta dicendo di andare nelle periferie portando quello che vi è nel centro, ma che dalle periferie si vede meglio ciò che è centrale dentro la vita, nelle periferie si vede il centro, e come il Papa ha detto a Comunione e Liberazione il centro è uno solo, è Cristo!

Il secondo fattore che mi ha colpito in quello che ha dichiarato il Papa è la sua fede nella persona.

“Tutte le persone possono cambiare. – ha detto Papa Francesco –  Anche le persone molto provate, tutti. Ne conosco alcune che si erano lasciate andare, che stavano buttando la loro vita e oggi si sono sposate, hanno una loro famiglia. Questo non è ottimismo. E’ certezza in due cose: primo nell’uomo, nella persona. La persona è immagine di Dio e Dio non disprezza la propria immagine, in qualche modo la riscatta, trova sempre il modo di recuperarla quando è offuscata; e, secondo, è la forza dello stesso Spirito Santo che va cambiando la coscienza.  Non è ottimismo, è fede nella persona, che è figlia di Dio, e Dio non abbandona i suoi figli. 
Mi piace ripetere che noi figli di Dio ne combiniamo di tutti i colori, sbagliamo ad ogni piè sospinto, pecchiamo, ma quando chiediamo perdono Lui sempre ci perdona. Non si stanca di perdonare; siamo noi che, quando crediamo di saperla lunga, ci stanchiamo di chiedere perdono.”

Questa fede nella persona è decisiva, è il principio educativo che caratterizza la testimonianza di Papa Francesco. E’ evidente nel suo muoversi, nella dinamica delle sue azioni, nei suoi sguardi e nei suoi gesti, il Papa punta sulla persona, è certo che ogni persona ha in sé le risorse per affrontare la vita, per trovare ciò che il cuore desidera.

Il terzo fattore che mi ha colpito di quanto detto da Papa Francesco è la sottolineatura sull’appartenenza.“L’appartenenza a un focolare. L’appartenenza si dà con l’amore, con l’affetto, con il tempo, prendendoli per mano, accompagnandoli, giocando con loro, dandogli quello di cui hanno bisogno in ogni momento per la loro crescita. Soprattutto dandogli spazi in cui possano esprimersi. Se non giochi con i tuoi figli li stai privando della dimensione della gratuità. Se non gli permetti di dire quello che sentono in modo che possano anche discutere con te e sentirsi liberi, non li stai lasciando crescere.”

E’ una appartenenza fisica quella di cui parla il Papa, è l’appartenenza che testimonia con i suoi abbracci e le sue carezze. La persona cresce e si solidifica per una appartenenza non perché sviluppa dei valori o delle idee, questa è uno dei punti forza della pedagogia di Papa Francesco, la certezza che sia un legame a far crescere. La fede è una appartenenza di cui protagonista è Dio che viene continuamente a cercare l’uomo, a riportarlo alla sua origine. E questo ha portato Papa Francesco a dire a chiare lettere che la fede non è un sentimento, ma un’esperienza.  

“Occorre abituarsi al fatto – ha detto ancora – che la fede non è un sentimento. A volte il Signore ci dà la grazia di sentirla, ma la fede è qualcosa di più. La fede è il mio rapporto con Gesù Cristo, io credo che Lui mi ha salvato. Questa è la vera questione riguardo alla fede. Mettiti a cercare tu quei momenti della tua vita dove sei stato male, dove eri perso, dove non ne azzeccavi una, e osserva come Cristo ti ha salvato. Afferrati a questo, questa è la radice della tua fede. Quando ti dimentichi, quando non senti niente, afferrati a questo, perché è questa la base della tua fede. E sempre con il Vangelo in mano. Portati sempre in tasca un piccolo Vangelo. Tienilo in casa tua. Quella è la Parola di Dio. E’ da lì che la fede prende il suo nutrimento. Dopotutto la fede è un regalo, non è un atteggiamento psicologico. Se ti fanno un regalo ti tocca riceverlo, no? Allora, ricevi il regalo del Vangelo, e leggilo. Leggilo e ascolta la Parola di Dio.” Una affermazione, questa di Papa Francesco che mette in guardia da tante riduzioni sentimentali della fede per affermarne la vera natura, riconoscimento dell’Altro e relazione viva con la Sua Presenza.

L’ultimo fattore che mi ha colpito delle parole di Papa Francesco è il suo giudizio sulle mode virtuali, un giudizio che dovrebbe essere preso sul serio da chi è impegnato con i giovani oggi.  

“Io distinguerei il mondo della fantasia dalle relazioni virtuali. A volte i rapporti virtuali non sono di fantasia, sono concreti, sono di cose reali e molto concrete. Ma evidentemente la cosa desiderabile è il rapporto non virtuale, cioè il rapporto fisico, affettivo, il rapporto nel tempo e nel contatto con le persone. Io credo che il pericolo che corriamo ai nostri giorni è dato dal fatto che disponiamo di una capacità molto grande di riunire informazioni, dal fatto insomma di poterci muovere in una serie di cose virtualmente, ed esse ci possono trasformare in “giovani-museo”.  Un “giovane-museo” è molto ben informato, ma cosa se ne fa di tutto quello che sa? La fecondità, nella vita, non passa per l’accumulazione di informazioni o solamente per la strada della comunicazione virtuale, ma nel cambiare la concretezza dell’esistenza. Ultimamente vuol dire amare.  Tu puoi amare una persona, ma se non le stringi la mano, o non le dai un abbraccio, non è amore; se ami qualcuno al punto di volerlo sposare, vale a dire, se vuoi consegnarti completamente, e non lo abbracci, non gli dai un bacio, non è vero amore. L’amore virtuale non esiste. Esiste la dichiarazione di amore virtuale, ma il vero amore prevede il contatto fisico, concreto. Andiamo all’essenziale della vita, e l’essenziale è questo.  Dunque, non “giovani-museo” informati solo virtualmente delle cose, ma giovani che sentano e che con le mani – e qui sta il concreto – portino avanti le cose della loro vita… Mi piace parlare dei tre linguaggi: il linguaggio della testa, il linguaggio del cuore e il linguaggio delle mani. Ci deve essere armonia tra i tre. In modo tale che tu pensi quello che senti e quello che fai, senti quello che pensi e quello che fai, e fai quello che senti e quello che pensi. Questo è il concreto. Restare solamente nel piano virtuale è come vivere in una testa senza corpo.”

Il giudizio di Papa Francesco dice esplicitamente che cosa oggi educa, è la realtà che entra dentro l’orizzonte della persona, che ne sfonda i confini ristretti e apre al bello e al vero, questo e solo questo educa, e la realtà non è un’idea, ma la fisicità di una presenza, una presenza che ti tocca, tant’è vero che il Papa parla chiaramente di contatto fisico, concreto. Urge superare i giovani-museo per arrivare ai giovani reali, e i giovani reali sono fatti di cose, hanno bisogno di guardi e abbracci, non di qualcuno che gli parli, ma di qualcuno che stringa loro la mano.

In quello che ha detto Papa Francesco a padre Pepe vi è una sfida educativa per tutti, il Papa ci sta testimoniando che forza educativa sprigioni l’amore di Cristo a noi.