Alberto Stasi “ha brutalmente ucciso” Chiara Poggi perché era ormai diventata “una presenza pericolosa e scomoda, come tale da eliminare per sempre dalla sua vita di ragazzo ‘per bene’ e studente ‘modello’, da tutti concordemente apprezzato”. Lo scrivono i giudici della prima Corte d’Assise d’Appello di Milano che hanno depositato oggi le motivazioni della sentenza con cui lo scorso 17 dicembre hanno condannato l’ex bocconiano a sedici anni di carcere per aver ucciso la fidanzata di allora il 13 agosto 2007 a Garlasco, in provincia di Pavia. Dopo aver commesso il delitto, scrive ancora il magistrato Barbara Bellerio, Stasi “è riuscito con abilità e freddezza a riprendere in mano la situazione e a fronteggiarla abilmente, facendo le sole cose che potesse fare, quelle di tutti i giorni: ha acceso il computer, visionato immagini e filmati porno, ha scritto la tesi, come se nulla fosse accaduto”. Nelle motivazioni, i giudici fanno però anche sapere di aver riscontrato “errori e negligenze anche gravi” durante le indagini sul delitto di Garlasco, “ma non si può negare che molte occasioni sia stato proprio l’imputato (personalmente e non solo) ad indirizzare e a ritardare le indagini in modo determinante e a sé favorevole (quindi sostanzialmente fuorviante)”. Questo atteggiamento, “insieme al tempo trascorso dai fatti che ha poi irrimediabilmente compromesso o reso impossibili alcuni accertamenti, ha avuto effetti positivi soltanto per l’imputato, assolto sia in primo che in secondo grado”.