Un duro e lungo articolo dello scrittore omosessuale Aldo Busi sul Corriere della sera di oggi, scritto nel suo tipico stile. Affrontando il caso della polemica scoppiata tra Dolce e Gabbana ed Elton John su adozioni gay e fecondazione surrogata, Busi non fa sconti su nessuno. Nel lungo articolo si capisce che la sua posizione è similare a quella degli stilisti e che cioè chi non può avere per cause naturali figli, non deve adoperarsi in operazioni al limite della scienza per averli a tutti i costi. Ma Busi si concentra su dei protagonisti fino a oggi dimenticati, le madri surrogate, quelle che, dice, vengono usate quasi come carne da macello e che sono quasi delle martiri. Fecondate, costrette a partorir  poi abbandonate e private di quei figli che rimangono comunque loro, dati via a qualche ricco cantante o stilista per il suo piacere. Sì dice Busi alle adozioni da parte dei single ma a patto che i bambini siano comunque inseriti in una famiglia che garantisca al bambino una presenza costante così come si faccia in modo da dare assistenza a quelle madri spesso scelte in poveri paesi del terzo mondo e poi dimenticate e liquidate. Ecco un passaggio che esprime il senso dell’articolo: “Voi, cantanti, stilisti e ormai anche droghieri, prefetti e borghesi gay, sapete chi sono queste donne da voi degradate a bestie produttrici di placenta, sapete dove stanno e si dibattono forse insensibili e immobili, andate a prenderle e portatele via da lì, e fa niente se sono in un ospedale psichiatrico, in una prigione o in un resort di lusso, fategli vedere questi figli tuttora più loro che vostri, metteteglieli in grembo, che si tocchino, si abbraccino e, se queste donne hanno bisogno di cure, è vostro dovere provvedervi al massimo livello economico e affettivo. Una volta fatto ciò, potrete rispondere al sorriso di questi neonati con un sorriso mondato finalmente dalla cattiva coscienza che io almeno presupporrei in me se fossi al vostro posto, perché qualche dovuto passaggio nella maturazione sentimentale e civile bisogna proprio averlo saltato per essere dei padri e degli educatori felici sulla pelle di madri alienate, lontane, allontanate, vive e morte a sé: vive in vitro”.