Nel clima tipico del giudizio che i francesi danno del sistema giudiziario in Italia, si inserisce un nuovo capitolo. Dopo i tanti terroristi italiani accolti alla fine degli anni Ottanta in Francia, dopo il ripetersi della protezione del pluriomicida Cesare Battisti, ora assistiamo alla grande prova di solidarietà della Francia con Erri De Luca, che i francesi credono sia un perseguitato, un intellettuale che viene perseguitato per le sue idee.



Evidentemente Erri De Luca ha fatto una grande sceneggiata a Parigi, per il processo che si sta svolgendo in Italia con l’accusa di istigazione a delinquere. Si tratta solo di una questione di principio, il tribunale ritiene che non si possa scrivere che “la TAV va sabotata”. De Luca invece afferma che questo fa parte della libertà di opinione. Infine si risolverà con qualche piccola conseguenza giudiziaria. Ma intanto De Luca a Parigi ha ottenuto la dichiarazione del presidente francese Hollande.



Vediamo come presenta la questione il giudice titolare del processo: “Quell’intervista — spiega il pm Andrea Padalino, titolare dell’indagine — aveva la capacità di suscitare dei comportamenti che poi in concreto si sono verificati. Un conto sono le opinioni su qualità e aspetti di un’opera, un altro dire che va sabotata e che il Tav non si farà. Inoltre bisogna anche tenere conto della personalità che fa determinate affermazioni, della sua notorietà. Basta rileggersi l’intervista per capire il tenore di quelle parole”. Questo in Francia è stato giudicato un diritto negato alla libertà di opinione degli intellettuali.



Vorrei ricordare che i terroristi che hanno realizzato la strage nella redazione del settimanale satirico parigino Charlie Hebdo si sono rivelati come conosciuti dalla polizia francese e sorvegliati. Dunque in Francia esiste qualche problema sulla valutazione del rapporto fra opinioni e atti. I reclutatori dei militanti dell’estremismo islamico dicono solo parole, fanno propaganda, e allora cosa fa la Francia? Non approfondisce la questione della prevenzione del terrorismo, semmai preferisce mandare aerei per bombardare il califfato. La guerra sì, ma la libertà d’opinione non si tocca.

In calce all’appello “Liberté pour Erri De Luca”, apparso il 1° marzo sul quotidiano Libération, figurano firme illustri: l’attuale ministro della Cultura francese Fleur Pellerin, il suo predecessore Aurélie Filippetti, l’editore francese Antoine Gallimard, Salman Rushdie, Paul Auster, lo spagnolo Antonio Munoz Molina, l’editore Carlo Feltrinelli. La richiesta è anche concreta: si esorta il governo francese a fare pressione perché la società franco-italiana Ltf, che ha denunciato Erri De Luca, ritiri la propria azione giudiziaria. Hollande ha spiegato: “Non posso intervenire negli affari giudiziari, ma a nome della Francia posso sostenere la libertà d’espressione. Questo vale per gli scrittori francesi ma anche per gli stranieri. Gli autori non possono essere perseguiti per i loro testi”. Vi sembra che una simile potenza di fuoco solidale sia ragionevole?

Vediamo cosa dice De Luca in una intervista: “Il 16 marzo è accaduto qualcosa di importante. Alla domanda del giudice se siano aumentati i sabotaggi alla Tav dopo la mia intervista, il responsabile della Questura di Torino ha dovuto rispondere: ‘No’. Hanno dovuto ammetterlo. D’altronde gli attacchi più violenti sono avvenuti nella primavera-estate del 2013, e cioè prima che io parlassi. In seguito alle mie frasi, invece, si può dire che le azioni contro la linea Torino-Lione sono diminuite. Il 20 maggio ci sarà il mio interrogatorio. Se mi chiede cosa mi aspetto, dico che non mi aspetto nulla. Ma voglio ricordare che, se l’opinione pubblica italiana è inerte, parallelamente centomila persone hanno deciso di acquistare il mio pamphlet ‘La parola contraria’ (scritto da Erri De Luca per raccontare la genesi e il significato del processo a Torino, ndr). Un acquisto di solidarietà, e non solo letterario. Questo per me ha molto significato, così come significano molto i circoli di lettura sparsi in tutta Italia dove, sempre per solidarietà nei miei confronti, si leggono i miei libri”.

Dunque niente di drammatico. Anzi, tanta pubblicità per lo scrittore. Eppure Hollande ha ritenuto opportuno intervenire con una dichiarazione molto pesante per la giustizia italiana. Qui sta il vero fatto grave. Non abbiamo solo da sopportare che l’Europa sia guidata dalla coppia tedesco-francese. Abbiamo anche da essere giudicati come figli minori del padre francese. E’ rivoltante. Vergogna, e qualcuno del governo italiano protesti!