Convegno di Magistratura Democratica a Reggio Calabria. All’esterno un uomo spara dei colpi per terrorizzare, ma spara in aria. Fatta la dovuta ricostruzione, risulta che l’uomo si chiama Fausto Bortolotti, 61 anni, è nato a Cene, in provincia di Bergamo, ed è residente a Ventimiglia. Ha precedenti per reati contro il patrimonio e l’ambiente. E’ giunto davanti al teatro su corso Garibaldi, la strada principale di Reggio, a bordo di una vecchia auto Suzuki di colore rosso, e rimanendo sulla vettura ha sparato i due colpi di pistola in aria, subito bloccato dagli uomini della scorta del ministro Orlando. L’autovettura, ispezionata a fondo dagli specialisti del Gabinetto regionale di polizia scientifica, emanava un fortissimo odore di vino.



Gli investigatori che hanno interrogato Bortolotti in caserma sospettano che, almeno negli ultimi giorni, possa avere vissuto nella sua auto, la Suzuki a bordo della quale è stato fermato e che tra l’altro è priva del lunotto. All’interno della vettura gli agenti della polizia scientifica hanno trovato un po’ di tutto: oltre a bottiglie vuote, carte ed uno zaino, sono stati trovati rifiuti di vario tipo e anche un numero considerevole di caramelle e profilattici. Sembra che l’uomo, quando è stato fermato, fosse in stato di ebbrezza.



Storia banale? Può essere. Ma noi abbiamo il dovere di capire questi segnali di rabbia e di desiderio di attaccare tutti.  

L’uomo aveva per nemico Magistratura Democratica? Oppure ha una questione aperta con i magistrati in generale? Se vive in macchina forse è stato allontanato dalla famiglia. Comunque si tratta di un conflitto con le istituzioni, il sentirsi solo contro tutti. Insomma un segnale di una inquietudine che caratterizza la solitudine.  

Da questo fatto possiamo senz’altro ricavare una lezione. Papa Francesco ci ha detto che viviamo un tempo in cui le persone diventano scarto, chi è in difficoltà subisce lo stigma del malato di mente o del fuorilegge e questo stigma serve solo per non occuparsi di lui. Ma la persona è irriducibile, unica e prima o poi si ripresenta alla società in qualche modo. A volte con gesti di una gravità terribile, come il suicidio del pilota Lufthansa, oppure con gesti eclatanti, come l’uccisore del carabiniere davanti al parlamento a Roma. 



Il nostro Bortolotti viveva nel degrado più totale, un’auto senza il finestrino, nella quale si sentiva un tremendo odore di vino. Perché è sceso fino a Reggio Calabria? Dove ha trovato i soldi per la pistola? Sono tutte cose incomprensibili. Ma a noi interessa sentire il grido delle forme moderne dell’emarginazione e per non essere a nostra volta produttori dello scarto dobbiamo essere capaci di incontrare il disagio.   

Andare alle periferie dell’esistenza non vuol dire andare in Brasile o in Uganda, può essere anche una persona benestante, ma la solitudine impoverisce ed emargina. Ci vogliono attenzione e disponibilità ad ascoltare il disagio della persona, a guardare l’altro come presenza amorosa, che chiede solo di capire e che non giudica se non come momento alto della reciproca comprensione.   

Papa Francesco ha accolto i senzatetto di Roma invitandoli a vedere la Cappella Sistina, li ha incontrati, e ha mostrato il valore della sua frase “chi sono io per giudicare?”. Se c’è una persona che ha la più profonda capacità di ascoltare e perdonare è il Papa, ma anche lui deve lasciare a Dio il giudicare. Questa è la Grazia del cristianesimo: ci mette davanti agli altri con un’apertura amorosa che è impossibile all’uomo contemporaneo.