C’è una moda strisciante che in sordina sta conquistando la classe alta del nostro pianeta: è la moda della crioconservazione. Due società americane e una russa hanno una folta lista d’attesa di facoltosi signori che, per circa 150mila dollari, hanno deciso di consegnare il loro corpo, una volta defunto, al freddo artificiale degli scienziati nell’attesa che la ricerca — nei prossimi tre secoli — possa riportarlo di nuovo in vita e farlo vivere ancora a lungo, se non per sempre. 



La notizia potrebbe essere derubricata al folklore dei “ricchi” di questo secolo se non fosse che essa racconta qualche cosa di più, una serie di consapevolezze che non possono essere date per scontate e che descrivono il nostro tempo in modo impressionante. Anzitutto bisogna dire che coloro che desiderano essere crioconservati manifestano una curiosità verso la vita tutt’altro che risibile: essi vogliono vivere e non accettano la morte come parte della vita. Questo è grandioso perché fotografa l’esatta natura del cuore umano: essere fatto per la vita e non per la morte. Ogni uomo consapevole di sé desidera che niente attorno a lui finisca: l’amore, i figli, la salute, le energie fisiche. Tutto il nostro Io urla “vita” e non accetta di finire nella cenere. 



Ma c’è di più: chi si fa crioconservare, e in Italia si tratta già di una decina di persone, è segnato anche dalla coscienza che tutto quello che oggi c’è, il denaro, il successo, la scienza o il piacere, non bastano per vivere. Ci vuole di più. L’Occidente è un posto davvero strano: da un lato gli uomini si affannano per non stare mai in silenzio davanti a se stessi e alle loro domande ultime, si impegnano nel realizzare ogni loro capriccio sperando che sia il concretizzarsi di esso a dare loro un po’ di sollievo o di felicità. Dall’altro, con tutto il loro materialismo e la loro tracotanza, non riescono a smettere di cercare una soluzione al loro problema umano, al dramma che Nietzsche non esitava a definire come il più grande e il più rifiutato dalla razza umana: quello che sorge nel rendersi conto che tutto — genitori, figli, casa, lavoro — è destinato a finire. La crioconservazione racconta questa risoluta ostinazione del cuore che cerca una strada vera e tangibile per l’eternità.

Ma allora, se le cose stanno così, perché davanti ad una notizia del genere viene da ridere o da irritarsi? La risposta è molto semplice: in questa domanda di crioconservarsi ciascuno avverte una sorta di sfiducia per il presente, come se nella realtà — in definitiva — non ci fosse ciò di cui il cuore ha davvero bisogno. 

È come se questi signori fossero dominati da una mancanza che li rende perfidi nei confronti del loro stesso tempo. Questa mancanza c’è, esiste, ed è viva nella vita di tutti, ma o diventa nostalgia di un Altro, di un “Tu” che la riempia, oppure si riduce ad un atto di accusa verso la vita, verso il presente, verso quella Natura che Leopardi non esitava a definire come “matrigna”. 

L’Occidente è l’unica civiltà sulla faccia della terra che — di fatto — si critica e si odia. Da noi nascono e partono i foreign fighters, i combattenti al soldo dell’Isis o di qualsiasi ideale che non sia il nostro pallido nulla, da noi ci sono i teorici delle cospirazioni, i perenni “signor no” e gli sballi del sabato sera a denunciare al mondo intero che la vita di questa parte del pianeta non ci va, non ci piace. Tra la fuga e l’odio spesso molti di noi tacciano il presente di essere il vero “nemico” del desiderio umano e lo condannano a un mero prodotto sociale figlio della nostra economia o delle nostre scelte politiche. Forse è per questo motivo che la Chiesa cattolica non è molto amata dalle nostre parti: accusata di essere la complice nella creazione di questo “sistema” essa, di contro, non smette mai di annunciare che la realtà non è solo ciò che si vede e che — dentro ogni fatto — dimora un Mistero che ha afferrato la nostra umanità fino a renderla capace di stare e di sentire tutta la sproporzione che il cuore avverte tra ciò che c’è e ciò che esso desidera. 

La Chiesa ha risposto all’ansia e all’irrequietezza dell’uomo — denunciate perfino da Seneca nell’antichità — non con una teoria o un’idea, ma con la missione, ossia con la testimonianza in ogni circostanza di una Presenza che, con il Suo amore, rende vivibile tutto, rende umano ogni presente. 

Alla domanda di chi si vuole crioconservare la fede svela una vita, La vita, che restituisce dignità ad ogni passo e ad ogni occasione. Per vivere non c’è bisogno di aspettare altri trecento anni: basta arrendersi a Qualcuno che dentro le cose ci ama e che, guardandoci e sfidandoci, ci fa iniziare a correre. Per godere ed amare ogni attimo, per gustare negli occhi di chi c’è — e di chi non c’è più — tutta quella profondità che il cuore aspetta e che ciascuno desidera chiamare con un solo nome: eternità. E questo è molto di più della crioconservazione: è il peso specifico di ogni respiro veramente umano.