Caro direttore,

In questi giorni sono intervenute personalità di ogni tipo a paragonarsi con l’anniversario della morte di don Giussani e con l’udienza di Comunione e Liberazione con Papa Francesco. Voci di alto livello culturale ed ecclesiale, voci provenienti dai più diversi mondi hanno voluto segnalare la eccezionalità di questi momenti che sono centrati su don Giussani, quanto mai vivo, quanto mai presente. 



Vorrei, se possibile, stando a debita distanza, aggiungere a quanto è stato detto le parole di un uomo “normale”, un uomo che da tempo si è coinvolto con l’esperienza di Comunione e Liberazione e in questi momenti avverte con più urgenza quanto quello che ha incontrato sia nello stesso tempo così decisivo per la sua vita, ma ancora lontano dall’esplodere come avrebbe dovuto. 



Vorrei semplicemente aggiungere la voce di un uomo che don Giussani lo sente presente ma dentro i limiti con cui sta facendo i conti in questo frangente dell’esistenza. Se devo guardare alla mia vita è il contrario di quello che don Giussani mi ha testimoniato, il contrario del suo vortice di umanità, la mia vita è segnata da quello che lui aveva significativamente indicato come la sindrome di Chernobyl, così sono io oggi, diviso, frantumato, a pezzi, così che di fronte a chi in questi giorni ha documentato quanto il carisma di don Giussani lo abbia cambiato, reso uomo nuovo io ho sentito la mia pochezza. 



La mia è una storia del limite, una storia che assomiglia a tante storie di oggi, diviso negli affetti, senza alcun sviluppo di carriera, destinato a non lasciare segni significativi dentro il contesto in cui ho vissuto, sono in sintesi un uomo normale, molto normale, che in questo eccezionale momento non ha altro da dire se non riconoscere che Cristo è venuto a incontrarlo dentro la sua quotidianità e gli ha fatto compagnia senza generare nulla di straordinario, anzi la Sua presenza rende più struggente la percezione del limite, fa sentire più dirompenti i riflessi dolorosi di una ferita che non si rimargina. 

Così io sto oggi di fronte a don Giussani, consapevole del mio limite e della mia povertà, un uomo del tutto normale, che non ha subito particolari scossoni, neanche li ha dati, un uomo che cammina stentatamente e fatica a mantenere la direzione del percorso, continuamente a rischio di cadere. Non avrei nulla da dire di eccezionale, l’unica cosa è che don Giussani è entrato anche dentro la vita di un uomo normale e ha avuto e ha la pazienza di aspettare che io capisca più del poco che finora ho compreso. 

Qui sta l’eccezionalità di questa mia vicenda normale, la pazienza di don Giussani, quel continuo piegarsi verso di me, attendendo il mio passo che rimane comunque impacciato. Mi commuove poter raccontare una vicenda normale, che don Giussani abbia toccato la vita quotidiana e lo abbia fatto con una discrezione totale, tanto da non pretendere che io avessi a diventare quello che non avrei mai potuto, bensì accettando che io dentro il ritmo solito della mia quotidianità avessi a riconoscere il suo amore senza i grandi cambiamenti che tutti testimoniano. 

Ho voluto aggiungere la mia voce per dire che don Giussani sa parlare proprio a tutti, anche a chi come me rimane impigliato nei lacci della sua pochezza e non riesce a mettere in atto quello che forse potrebbe. E’ don Giussani una presenza che io scopro dentro il quotidiano e i suoi tanti limiti, così che andando dentro la profondità della mia povertà ho da sorprendermi ad afferrare la mano che mi prende e mi tira verso il destino per cui sono fatto.

Questo solo ho da testimoniare oggi, mentre si avvicina l’ora dell’incontro con Papa Francesco, questo ho da dire al Papa che don Giussani ha incontrato anche un pover’uomo come me, che è arrivato fino dentro le profondità della pochezza umana portandola con sé. E questa è una santità grande, è la santità di chi si spende per i poveri e i piccoli, portando anche a loro una reale possibilità di centuplo, certo che dentro lo sfascio di una vita piena di sconfitte, dentro tante lacerazioni e un procedere stentato il Mistero non si arrende ma riesce a snidare l’io e a salvarlo. Di questo sono grato, è vero che sono rimasto normale, ma oltre ogni aspettativa felice!