Ieri in piazza San Pietro all’incontro del Papa con Comunione e liberazione, appena don Julián Carrón ha iniziato a parlare, spiegando il senso di quel pellegrinaggio, si è fatto un silenzio profondo, che è difficile raccontare. Qualche volta, come un riflesso di luce che filtra tra il fitto delle foglie d’un bosco, sembra di intravedere il mondo così come lo si vorrebbe. Mi sono chiesto cosa abbia reso ai presenti così desiderabile quel silenzio carico di attesa. Credo che il segreto sia l’unità. Evidentemente una unità creata da altro, da un Altro, perché tutte le ragioni di natura diversa, da quelle più intime a quelli più materiali e sociali, a vedere una simile piazza, appaiono insufficienti.
In giro per il mondo si sta insieme per interesse, per forza o per una emozione nebulosa. Ieri c’era un sole splendente. La gente di Cl ha raggiunto Roma da tutto il mondo, con tutti i mezzi: venerdì sera non c’era casa dei ciellini romani in cui non si ospitasse una famiglia, un gruppo di stranieri, anche sconosciuti. La piazza sì è composta in fretta, ordinatamente. Lungo i corridoi striscioni in tutte le lingue. Saluti e abbracci di persone abituate a ritrovarsi. Amicizie antiche o nuove: compagni, colleghi, vicini di vacanza e molte, molte nuove parentele intrecciate. C’è qualche bambino, ma senza strafare: i più son rimasti con le baby sitter (i nonni questa volta han dato buca, perché volevano esserci anche loro).
Quando don Stefano Alberto ha intonato le lodi è sembrato di essere in una cella di clausura. Invece erano ottantamila adulti e ragazzi a pregare come raramente le colonne del Bernini hanno ascoltato. Il primo canto è una Ave Maria orientale (con i caratteri originali stampati sul libretto). Poi la voce di don Giussani, tratta dal recente video che ne raccoglie alcuni interventi. Fa impressione sentirlo risuonare ancora nel centro della cristianità. Infine è giunto il Papa, ha disegnato ogni corridoio della piazza, ritto nella sua veloce jeep e ha pronunciato il suo discorso.
Che cosa abbia detto don Carrón nel suo saluto e, ovviamente, quello che ha detto Papa Francesco non è qui compito commentare. Del resto, lo si può leggere integralmente sul web ed è bene farlo, prima di affidarsi alle sintesi dei media. Certo, il suo discorso non è stato formale e quello che ha detto lo ha detto perché sapeva che poteva essere ascoltato. Nelle precedenti occasioni in cui Cl è stata a tu per tu con il Papa ha sempre preso sul serio le parole che le venivano rivolte. Così fu per il profetico “andate in tutto il mondo” di Wojtyla, inizio dell’espansione del movimento nel mondo. Così fu anche con Ratzinger, molto legato a Giussani. Come non era formale la cordialità tra il Papa e Carrón o il fatto che Francesco abbia spiegato quanto leggere Giussani lo abbia aiutato personalmente. Per esempio, a comprendere che il cristianesimo è un incontro. A proposito Francesco ha citato la “vocazione di Matteo” di Caravaggio. Chissà se sapeva che i ciellini d’oltre Roma, quando vengono in visita, la prima cosa che vanno a vedere è proprio San Luigi dei Francesi!
C’è poi un’altra parola che il Papa ha ripetuto più volte: siate liberi! A ben pensare, è l’altra gamba che rende così desiderabile, per il popolo di Cl, semplicemente esserci. Unità di uomini liberi: c’è qualcosa di meglio in giro per il mondo e, soprattutto, c’è qualcosa di più umanamente impossibile?