Ci sono istanti in cui realizzi immediatamente come i grandi, siano incapaci di comprendere il momento e siano invece in grado di rovinare una bella giornata, in un secondo. Sono i momenti in cui ti vengono in mente le parole del Piccolo Principe: “I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta”. 



A me è capitato due settimane fa andando ad una partita di basket di mio figlio. Gli avversari stavano vincendo alla grande. Più determinati, più precisi al tiro. Più veloci. Poi, come capita spesse volte nello sport, chi sta vincendo si rilassa perché pensa che sia tutto facile e chi sta perdendo, trova le energie e la voglia di provarci, non avendo più nulla da perdere. Così accade che la squadra di mio figlio comincia a macinare punti e dopo aver perso due tempi, riesce a pareggiarne uno e poi a vincerne due. A quel punto torna tutto in parità e si decide l’intera sfida all’ultimo parziale. 



Va precisato che nel minibasket si gioca 4 contro quattro e che si disputano 6 tempi da sei minuti. Dato che la nostra squadra porta sempre tanti ragazzi, nello spirito di far giocare il maggior numero possibile di giocatori e cementare il gruppo, in media ogni piccolo cestista gioca un tempo e mezzo. In questo modo tutti giocano lo stesso numero di minuti. Indipendentemente da come gioca. La filosofia è quella di dare ad ognuno i suoi 9 minuti di luci della ribalta. Questa situazione si conosce dall’inizio della match ed è normale a questo livello. Non tutti fanno così, però. Infatti l’altra squadra aveva portato 12 giocatori e quindi ognuno giocava due tempi completi. L’allenatore degli avversari conosceva la situazione generale e l’ha accettata fino a 3 minuti dalla fine quando, avendo compreso che stava perdendo la partita (parziale di 9 a 0), ha improvvisamente protestato per i troppi cambi e ha dichiarato che stavamo barando perché continuavamo a mettere giocatori freschi, mentre i suoi erano stanchi. Soluzione, toglie il quartetto che sta giocando e perdendo e, umiliandoli di fatto, rimette altri quattro giocatori. Ma non quattro giocatori a caso. 



I quattro più forti. Finale al cardiopalmo e vittoria degli avversari per 11 a 9. Ovviamente a quel punto è scattato, invece del terzo tempo del rugby, il tempo delle proteste e ci siamo permessi di dire all’allenatore della squadra ospite (curioso e significativo che in teoria si chiamino ospiti e non avversari!) che aveva rovinato la partita, ragionando da grande. Lo sport, a questi livelli, deve servire a far stare insieme i bambini, a fargli capire il rispetto delle regole, a fargli comprendere che conta innanzi tutti l’impegno e il fatto di mettere il cento per cento di se stessi, non tanto vincere. Ovviamente questi discorsi venivano rimbalzati con la strafottenza di chi diceva: “Vi brucia soltanto di aver perso”. 

E’ in questi momenti che perdo davvero le staffe e mi sento di nuovo come il Piccolo Principe: “Quando ne incontravo uno (di uomo, ndr) che mi sembrava di mente aperta, tentavo l’esperimento del mio disegno numero uno (quello famoso del boa che inghiotte un elefante, ndr), che ho sempre conservato. Cercavo di capire se era veramente una persona comprensiva. Ma chiunque fosse, uomo o donna, mi rispondeva: ‘è un cappello’. E allora non parlavo di boa, di foreste primitive, di stelle. 

Mi abbassavo al suo livello. Gli parlavo di bridge, di golf, di politica, di cravatte. E lui era tutto soddisfatto di aver incontrato un uomo tanto sensibile”. Ecco noi grandi siamo spesso così. Scendiamo di livello. Non capiamo il momento. Interpretiamo i sentimenti e le sensazioni degli altri in un modo che pensiamo giusto e stravolgiamo il corso degli eventi. Diamo dei pessimi insegnamenti ai bambini (che infatti ci osservano stralunati). Quell’allenatore, ad esempio, ha pensato solo a vincere (per se stesso e non certo per la squadra) e non si è minimamente interessato del messaggio di vita che ha passato ai quattro sostituiti: voi non ce la potete fare, sedetevi in panchina. Quando si vivono queste esperienze, resta in bocca l’amarezza nei confronti di un mondo, quello dei grandi, capace di portare a conflitti, guerre e disastri per soddisfare il proprio ego. 

Mi piace pensare, per darne una lettura in chiave evangelica, che Gesù avesse in mente tutte queste cose quando disse “Se non ritornerete come bambini non entrerete mai nel regno dei cieli”. Ma siccome sono una inguaribile ottimista, mi piace anche cercare il lato positivo delle cose e un mondo migliore. E allora, per fortuna, esistono posti come il Dynamo Camp a San Marcello Pistoiese e la scuola di sci per disabili di Sauze d’Oulx dove altri grandi sanno fare cose straordinarie per bambini e adolescenti meno fortunati e sanno riportare il sorriso nei nostri cuori e sui volti dei piccoli. Alla faccia di quell’allenatore idiota che scambia un boa che inghiotte un elefante per un cappello!