Papa Francesco ieri ha incontrato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e gli ha espresso “gratitudine per l’impegno che l’Italia sta profondendo per accogliere numerosi migranti che a rischio della vita chiedono accoglienza”. E ha aggiunto il Santo Padre: “Non dobbiamo stancarci nel sollecitare un impegno più esteso a livello europeo e internazionale”, considerate le “proporzioni del fenomeno”. Ne abbiamo parlato con monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale.



La situazione immigrazione è grave come mai prima d’ora…

La situazione si aggrava di giorno in giorno. Bisogna rendersi conto che non si tratta di un’emergenza ma di un esodo dalle proporzioni bibliche che continuerà. Dovremo fare i conti ogni giorno con l’arrivo di questi profughi provenienti dall’Africa del Nord.



Com’è la situazione nella sua diocesi?

Le racconto solo un episodio che ritengo significativo. Martedì 14 sono arrivati da noi circa 1.200 migranti alle 4 del mattino. La prefettura ci aveva allertati come prima accoglienza perché ci si aspettava un gruppo di migranti verso mezzogiorno. Ho fatto svegliare seminaristi e suore e abbiamo allestito dei letti in una chiesa, in attesa dell’arrivo dei volontari. Erano quasi 200 persone, soprattutto donne e bambini e la maggioranza era cristiana.

Le strutture sul territorio riescono a fare fronte ai nuovi arrivi?

Le strutture di lunga degenza sono al collasso mentre molti migranti si trovano in centri di prima accoglienza. In entrambi i casi le strutture non possono essere adeguate, soprattutto quando i migranti arrivano continuamente. Il rischio è che gli extracomunitari, non sentendosi accolti come si aspettavano, possano fuggire o reagire con gesti violenti. Nel dividerli è importante tenere conto della loro etnia, per esempio evitando di mettere insieme somali ed eritrei. Bisogna tenere inoltre conto della popolazione, in quanto a Monreale è successo che alcuni disoccupati si sono arrampicati sul tetto del Comune dicendo: “Voi aiutate i migranti e non noi”.



Che cosa sta facendo la Chiesa?

La Chiesa cerca di rispondere al messaggio del Vangelo: “Ero straniero e mi avete accolto”. A Palermo sono state messe a disposizione alcune chiese e le strutture della Caritas, a Monreale abbiamo aperto la chiesa di San Gaetano e i locali di alcune opere pie di cui sono presidente. Sono però strutture inadeguate rispetto a questa necessità. Quando i migranti arrivano all’improvviso è inoltre difficile trovare subito i volontari. Anche le diocesi di Agrigento, Ragusa, Siracusa, Trapani, Messina e Catania vivono in una situazione di continua emergenza.

 

Obama ha invitato a cercare interlocutori politici in Libia. E’ una strada percorribile?

L’ideale sarebbe stipulare un accordo con il governo libico, ma sappiamo che la Libia in questo momento è divisa. Bisognerebbe insediare i caschi blu o dei militari europei nei campi profughi sulla costa africana e inviare le commissioni esaminatrici dell’Ue in modo da accogliere i migranti direttamente nelle nazioni in cui desiderano recarsi. La maggior parte dei migranti che ho incontrato non vogliono restare in Sicilia, bensì recarsi nel Nord Italia o all’estero: per esempio molti siriani vogliono andare in Svezia.

 

L’Ue non sembra molto intenzionata ad aiutarci. Lei come valuta questo fatto?

Lo valuto molto negativamente, perché l’Ue non dimostra di essere una vera comunità ma è più un incontro di interessi economici. Quando c’è bisogno della solidarietà, da Bruxelles arrivano solo le briciole. Se pensiamo a tutte le spese del Parlamento europeo, soltanto una minima parte è dedicata al progetto Triton e l’Europa non è neppure disposta ad aumentare il contributo per questo progetto. Alcuni immigrati musulmani hanno buttato dal gommone i cristiani presenti a bordo.

 

Di fronte a fatti come questo dobbiamo aiutare tutti o solo i cristiani?

Dobbiamo assolutamente soccorrere tutti senza fare discriminazioni a livello confessionale. Certamente bisogna stare attenti perché non prenda piede una guerra di religione che parta dai barconi. L’episodio che si è verificato nel Mediterraneo è un episodio emblematico e negativo, ma ci sono anche episodi di convivenza pacifica tra cristiani e musulmani che bisogna incoraggiare.

 

(Pietro Vernizzi)