L’Expo di Milano, l’Expo vetrina dell’Italia che riparte, apre i battenti, e ancora non ha trovato i 600 giovani da far lavorare come steward, hostess e via andare. Giovani fortunati, cui viene offerto un contratto di apprendistato con tutti i crismi, ovvero festivi, notturni, contributi eccetera, e soprattutto una bella tacca nel curriculum, senza contare le possibilità di rapporti, di incontri proficui, nel cuore del movimento imprenditoriale internazionale. 



Infatti, ai selezionatori di curricula sono arrivate 27mila domande, e i prescelti per una prima scrematura sono stati soltanto 645, in media con i vari concorsi nazionali, dove ci si azzuffa pigiandosi con cifre a 4 zeri per qualche manciata di posti di lavoro. Solo che alla Manpower, la  società incaricata di visionare i curricula, di quei 645 ne sono arrivati solo la metà, neanche. Gli altri spariti, letteralmente, neppure una mail per dire grazie non ci interessa, ci abbiamo ripensato. 



Ora, ci sono varie possibilità. I sondaggisti, i sociologi, i tuttologi che interpretano le ansie e le preoccupazioni dell’universo giovanile sono dei disfattisti, dei mentitori, dei buffoncelli, e ci hanno raccontato un sacco di balle, sulla disoccupazione e relativa frustrazione under 30. Seconda opzione: i turni proposti erano così massacranti da far fuggire i più volonterosi, altro che norme da contratto nazionale: niente pausa pranzo, niente buoni pasto, niente pausa caffè e pausa pipì. Di più. Pare che i tutor e i controller abbiano avvertito che si aggireranno con frustini metallici, per punire corporalmente i più pigri. Ancora una possibilità: un rigurgito di moralità, di fronte a un carrozzone tirato su in fretta e furia per parlare di cibo e cultura, cibo e equa distribuzione risorse, cibo e povertà. Cibo e gusto e tradizione, il tutto sotto la M luccicante e imperante del campione dei fast food, il simbolo della mortificazione gastronomica. Non è accettabile, meglio fare sit-in coi no global, al diavolo quei soldi lordati dall’ombra minacciosa delle multinazionali affamatrici di popoli reietti. Ancora un’alternativa: ci sono ben altre emergenze, quest’estate tutti in Sicilia e a Lampedusa, e non per fare i bagni. A lavorare come volontari per dare sollievo ai migranti, per condividere la pena e la fatica con gli isolani, accogliendo nei fatti il messaggio addolorato di papa Francesco. Giovani e forti, accorrono alle ong, alle parrocchie, ai centri di accoglienza, per prodigarsi indefessamente. Ci dicono che qualcuno ha scelto i paesi africani contagiati dall’Ebola, ma sono davvero i più coraggiosi. Ah no? Non è per questo? Stipendi da fame, 3, 4 euro all’ora come i raccoglitori di pomodori nelle tenute del nostro meridione, ovviamente un compenso inaccettabile? No, perché lo stipendio per sei mesi si aggira sui 1300-1500 euro, con variazioni a seconda di straordinari e festivi.



E allora? Perché una così lata opportunità non fa gola? Ci saranno le sessioni d’esami universitarie che premono, improvvise malattie croniche di nonni e zii bisognosi di assistenza, repentine offerte di posti fissi magari all’estero, forieri di un’esperienza più matura? Oppure, incredibile dictu, ci sono semplicemente le vacanze, il clima afoso in prospettiva, la proposta del solito viaggetto di luglio-agosto a Mìkonos, la fidanzata/o che brontolano, la possibile rinuncia al rito dell’aperitivo, della serata in disco, dello struscio serale o notturno nella via centrale, la paghetta dei vecchi genitori che compensa? Sarà forse che tutti ‘sti ansiosi giovani in cerca di occupazione non hanno voglia di lavorare? Sarà che tutta quest’ansia di sistemarsi, di scommettere sulle proprie possibilità, di fare un’esperienza, mettersi alla prova eccetera, sarà che le parole sacrificio impegno fatica così formative puzzano d’antico e di sudore? Che magari se t’inventi una app fai più soldi, e comunque c’è modo di pensarci in autunno?

Pazientemente, i cacciatori di giovani e vuote teste giovanili si rimettono in cerca, selezionando altri curricula. Sarà facilissimo, evidentemente i lavativi erano tutti tra i primi 645, ora fioccheranno impavidi e solerti ragazzi di belle speranze appassionati e grati. Se non capiterà così, suggeriamo un giro nei porti siculi, calabri o pugliesi, o tra i vicoli, i sottoportici delle stazioni: tra i tanti disperati approdati alle nostre coste, 645 che sanno bene l’inglese e non fanno difficoltà sulle 1300 al mese, si trovano. Basta ripulirli un po’. E scommettiamo che come nelle nostre università, nei negozietti sotto casa, daranno la massima prova di serietà e abnegazione?

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