Il giorno 27 aprile si commemora la memoria di San Simeone di Gerusalemme. Simeone fu il secondo capo della comunità cristiana della città di Gerusalemme oltre che il secondo vescovo della storia secondo quanto scritto da Eusebio di Cesarea. Il primo, infatti, pare sia stato il discepolo Giacomo di Alfeo, passato alla storia anche con il nome di Giacomo il Giusto, alla cui morte non succedette subito Simeone a causa di concitate vicende politiche che vedevano coinvolto il popolo ebraico.



Il periodo, infatti, era quello delle rivolte contro i romani a cui ha fatto seguito una violenta risposta militare durante la quale l’imperatore Tito fece distruggere la Città Santa e saccheggiare il Tempio. La documentazione scritta riguardante la nomina di Simeone come vescovo risale a Esegippo, ricordato come uno dei primi scrittori cristiani, giunto a Roma dalla Palestina nel II secolo. Esegippo scrisse che, dopo la morte di Giacomo come martire, apostoli e discepoli di Gesù, in accordo con i parenti del Signore che ancora erano in vita, si riunirono per designare chi doveva prendere il posto di Giacomo e diventare il nuovo vescovo. Il consiglio, all’unanimità, proclamò successore di Giacomo Simeone, figlio di Cleofa, che era già noto alla gente dell’epoca per essere stato nominato nel Vangelo.



Il Simeone di cui si parla, pertanto, era il figlio di Cleofa, ovvero uno dei discepoli che, come si legge nel Vangelo secondo Luca, incontrarono Gesù Risorto lungo la strada verso Emmaus, in un primo momento senza riconoscerlo. Pare, inoltre, che costui fosse imparentato direttamente con Gesù tramite la moglie, che probabilmente era una cugina di Maria di Nazareth. Simeone divenne vescovo in un periodo particolarmente delicato della storia ebraica, dal momento che si trattava dell’unica comunità cristiana composta esclusivamente da ebrei che, dopo la distruzione della Città Santa, fu costretta ad emigrare a Petra di Perea, oltre il fiume Giordano. Durante il dominio di Vespasiano e Domiziano furono effettuate ricerche sui parenti di Gesù che, essendo diretti discendenti di Davide, rappresentavano un potenziale pericolo per chi, in quel periodo, ne deteneva il potere. Nonostante l’elenco di denunce e arresti, il nome di Simeone non comparve fino alla nomina di Ulpio Traiano come imperatore, nel 98 d.C. Quest’ultimo, infatti, proseguì gli accertamenti come i suoi predecessori, limitandole alla semplice denuncia e abolendo le persecuzioni.



A questo punto anche Simeone fu denunciato. La vicenda viene narrata ancora una volta da Eusebio di Cesarea, il quale raccontò di come Simeone fu accusato dagli eretici di discendere da Davide e di essere cristiano. Per questo motivo fu condannato a morte e morì martire all’età di 120 anni, durante il regno di Traiano Cesare e il console Attico. Quest’ultimo, in particolare, a quel tempo era governatore della Giudea e volle presenziare all’esecuzione, restando particolarmente colpito dal coraggio con il quale, nonostante i numerosi giorni di torture a cui era stato sottoposto, affrontò con tranquillità e forza d’animo la crocifissione. Proprio per via del metodo con cui venne eseguita la sua condanna, nell’iconografia cristiana San Simeone viene rappresentato crocefisso, con gli abiti vescovili e un ramoscello di palma in mano. L’emblema che lo identifica, infatti, è proprio il ramo di palma o, in alternativa, il bastone pastorale, in riferimento al suo mandato di vescovo. L’etimologia del suo nome dimostra come fosse scritto nel suo destino il ruolo importantissimo che ricoprì nella storia cristiana; Simeone, infatti, dall’ebraico, significa “Dio ha esaudito”.