«”Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere” (…)
Egli parlava del tempio del suo corpo» (Gv 2,19-21).
Quanti templi distrutti nella storia del mondo, quanti spazi architettonici, ma ancor più culturali e cultuali di espressione religiosa, di educazione al desiderio di Dio, di esperienza e di incontro col Mistero, vanno distrutti continuamente per la violenza dell’odio o semplicemente per la meschinità di una dimenticanza, di una distrazione dal senso ultimo della vita! E soprattutto, quanti cuori vengono distrutti, o si distruggono, proprio come tempio vitale del desiderio di Dio, come capacità di essere amati da Lui e di poterlo riamare, gratuitamente! Quanti templi dello Spirito Santo distrugge la cultura della vuota immanenza, del triste accontentarsi di ciò che ci piace senza compiacere Colui che ci ha fatti per Lui!…
La Pasqua però risuona di questa promessa, ormai compiuta, di una risurrezione del tempio, di una risurrezione di ciò che è distrutto non solo fino alle rovine, ma fino all’annientamento, fino alla morte. Il tempio, il cuore, il desiderio di Dio, l’incontro con Dio, risorge, e nessuna morte ha potuto distruggerlo. No, anzi: la morte l’ha distrutto, la violenza dell’odio e la meschinità distratta hanno potuto distruggerlo. Ma Cristo risorge. Risorge se stesso: perché «egli parlava del tempio del suo corpo». Ma non risuscita se stesso per sé, non risorge per riedificarsi solo Lui, per vivere solo Lui. La distruzione della morte ha polverizzato tutte le pietre del tempio, e questa polvere si è impastata con la polvere di Adamo, con tutta la polvere dei templi distrutti di tutti i peccatori, di tutti i cuori distrutti, e il corpo di Cristo che risorge è ormai tutta l’umanità abbracciata, impastata nel Pane della Vita, l’umanità di tutti i peccatori assimilata e purificata dalla morte di Cristo, per risorgere come suo Corpo, come sua Chiesa, come suo Tempio, come suo Cuore. Distruggono il corpo di Cristo, ed Egli risorge come corpo tutto suo eppure tutto di tutti, tutto in tutti, tutto suo e tutto nostro; Lui impastato con la nostra morte e noi impastati con la sua risurrezione, con la sua vita, con la vita del suo Corpo che non muore…
È un mistero, è il mistero; non possiamo capirlo, non possiamo carpirlo, ma è Lui che ci comprende, è Lui che ci prende con Lui, nella sua morte, nella sua vita, in questo passaggio misterioso e che avviene ora, che attraversa la storia, dalla distruzione al Tempio compiuto, dalla nostra morte alla vita divina.
La storia continua a distruggere templi, corpi, cuori; noi stessi continuiamo a distruggere e a distruggerci. Ma è come una irreale apparenza, un miraggio diabolico, perché da quel mattino di Pasqua non è cambiata solo una fede, una religione: è cambiata la realtà! «La realtà invece è Cristo!» (Col 2,17). Paolo, nel testo originale greco, non dice «realtà», dice «corpo».
Ma è lo stesso: il Corpo del Risorto, quello che si è impastato con la distruzione della nostra morte per impastarci con la sua vita, è la Realtà, la nuova, vera, definitiva, eterna Realtà. Non solo quella di Cristo, ma la nostra realtà, la realtà del mondo, la realtà della storia, proprio di quella storia che continua a distruggere templi, cuori, vite.
Chi vive nel corpo di Cristo, chi vive col corpo di Cristo, chi vive la comunione della Chiesa, risorge, vive risorgendo, risorgendo come Cristo che non risorge solo se stesso, ma risuscita, riedifica la polvere del mondo, la polvere di Adamo. Che menzogna, che distrazione, che ingratitudine, la nostra, se non ci lasciassimo vivere da Cristo nel suo corpo vivo che risuscita il mondo e la storia!