Tra coloro che vengono celebrati dalla Chiesa cattolica il 10 di maggio, va ricordato soprattutto San Giovanni d’Avila, uno dei più profondi conoscitori delle Sacre Scritture del suo tempo. Nato nel 1499, precisamente il sei di gennaio, ad Almodovar del Campo, una località dell’entroterra di Granada, seppe unire mirabilmente un ardente spirito missionario alla preghiera, dedicandosi con grande forza non solo alla predicazione, ma anche al costante tentativo di migliorare la formazione di coloro che si candidavano al sacerdozio, dei laici e dei religiosi, sempre avendo un occhio di riguardo per quella riforma della Chiesa da lui giudicata irrinunciabile.



Fu consigliere e amico di molte delle figure di rilievo del suo tempo, tanto da raccogliere intorno alla sua figura una stima estremamente diffusa. Cresciuto all’interno di una famiglia agiata, di origini giudaiche, fu inviato presso l’ateneo di Salamanca, con lo scopo di studiare diritto. Una materia che però, con tutta evidenza, non sentì mai sua, tanto da decidere ben presto di far ritorno a casa, dove iniziò un lungo periodo di riflessione, durato ben tre anni. Venuto a contatto con ambienti francescani, decise infine di recarsi ad Alcalà, ove studiò teologia e filosofia, sotto l’egida di Domenico de Soto. Morti i genitori, non ebbe quindi alcun dubbio nel dedicarsi alla vita religiosa, venendo ordinato sacerdote nel corso del 1525.



Dopo aver devoluto ai meno abbienti una larga parte di ciò che aveva ereditato, dette luogo alla celebrazione della sua prima Messa proprio nella chiesa nella quale erano intanto stati sepolti i genitori. Dimostrò sin dai primi mesi una ottima propensione alla predicazione, tanto da essere prescelto dall’arcivescovo di Siviglia per farlo in Andalusia, nonostante la sua volontà di raggiungere il Messico. Operò in tal senso per nove lunghi anni, con risultati eccellenti, tanto da spingere alla conversione un gran numero di appartenenti ad ogni classe sociale ed età. Il suo operato si intrecciò in particolare con la riconquista della penisola iberica portata avanti da Ferdinando d’Aragona ed Isabella di Castiglia. Poiché molte delle conversioni da parte di islamici ed ebrei erano state soltanto di comodità, proprio la potenza della sua predicazione si rivelò il grimaldello per avere conversioni sincere e non dettate dalla convenienza.



Nel 1538, la fama ormai acquisita sul campo spinse le autorità ecclesiastiche ad affidargli il compito di pronunciare il sermone per i funerali della regina Isabella di Portogallo, ovvero la consorte di Carlo V. Una omelia talmente suggestiva e potente, tenuta il 17 maggio, da spingere alla conversione San Francesco Borgia, il quale divenne sacerdote gesuita lasciando la carica di Viceré della Catalogna. Nonostante la fama raggiunta, gli fu elevata una accusa di eresia da parte dell’Inquisizione, dovuta in particolare all’estremo rigore con cui era solito portare avanti i suoi insegnamenti.

Un rigore tale da spingerlo talvolta ad escludere i ricchi dal Regno dei Cieli in maniera aprioristica, che paradossalmente gli attirò una accusa che fu presto smontata. Scagionato, rientrò trionfalmente nella sua attività giornaliera, portando avanti la sua incessante predicazione tra Siviglia, Granada e Cordoba. A partire dal 1554, iniziò il suo decadimento fisico, che però non gli impedì di dedicarsi alla predicazione, proseguendo il suo apostolato sino alla morte. Il suo decesso avvenne il 10 maggio del 1569, a Montilla, dove fu sepolto nella locale chiesa dei Gesuiti. Giovanni d’Avila fu un grande protagonista della Riforma cattolica nella penisola iberica. Pur non appartenendo ad alcun ordine religioso in particolare, rivestì tuttavia un ruolo determinante all’interno dei Gesuiti, favorendone il grande sviluppo.

Amico di Sant’Ignazio di Loyola, sostenne con grande fervore Santa Teresa d’Avila nel suo tentativo di riformare l’Ordine Carmelitano. Aiutò anche San Giovanni di Dio a fondare i Fatebenefratelli. Non entrò però mai nella Compagnia di Gesù, dissuaso proprio dal provinciale dell’ordine dell’Andalusia. Negli anni successivi, la sua figura fu a lungo dimenticata e soltanto con la beatificazione, avvenuta il 4 aprile 1894 ad opera di Papa Leone XIII, tornò alla meritata attenzione. Fu quindi proclamato in qualità di patrono del clero diocesano spagnolo da Pio XII e canonizzato da Paolo VI, il 31 maggio del 1970.