E’ stata subito declassata a battuta dal nostro sistema mediatico l’affermazione enorme fatta ieri da Raul Castro in conferenza stampa: “Se questo Papa continua così torno alla Chiesa”. Nessuno ha infatti riportato il più determinato: “Dico sul serio” con cui il presidente cubano ha chiuso il suo dire, aprendo al successore di Pietro non solo le porte del suo Paese come già era capitato tra il fratello ed i precedenti pontefici, ma le porte del suo cuore.
Un fatto enorme. Anche Obama, si dirà, ha ringraziato il Santo Padre per la sua opera di mediazione che facilita una nuova stagione nei rapporti tra gli Usa e l’isola della Revolucion. Ma qui si va oltre la politica e si compie invece la vocazione del cristianesimo nella storia. La coscienza di un uomo caricato di una grande responsabilità fa i conti con la pretesa di Dio di dare senso alla storia per il tramite di un altro uomo.
Il “dico sul serio” di Raul sembra fare eco alla serietà con cui Francesco guarda al destino suo e del suo popolo bisognoso di pace e di prosperità. Una possibile prosperità che arriverà certo sull’onda della fine delle sanzioni, ma con essa arriverà anche il soft power del capitalismo a stelle e strisce, e l’identità rivoluzionaria appare oggi in declino per opporsi a questa parabola. Forse il solidarismo cristiano e la dottrina sociale possono apparire a Raul elementi più certi sulla scorta dei quali accettare la sfida del confronto tra modelli di vita con il vicino gigante. Forse. O forse l’uomo Raul si sente letto e compreso in modo più vero dal suo interlocutore di quanto non abbia saputo fare un’intera vita rivoluzionaria. “Dico sul serio” afferma Raul. Quasi sorpreso delle parole che pronuncia. “Faccio sul serio” sembra dire una voce che viene da lontano.