Esattamente 34 anni fa, il 13 maggio 1981, Giovanni Paolo II rimase vittima di un attentato in piazza San Pietro a Roma. Erano le 17.19 e il Pontefice era da pochi minuti entrato nella piazza: si trovava a bordo della Papamobile scoperta con la quale attraversava la piazza salutando e parlando con la folla accorsa per l’udienza generale. All’improvviso Ali Agca sparò due colpi di pistola, ferendolo gravemente il Papa all’addome. Il killer turco, poco più che ventenne, sparò con una Browing calibro 9 mentre si trovava ad appena 3 metri e mezzo da Karol Wojtyla: i proiettili, dopo aver colpito il pontefice, proseguirono la loro traiettoria andando a ferire altre due persone.
I soccorsi per il Papa e per le due donne rimaste ferite sono scattati immediatamente: il Santo Padre venne trasportato d’urgenza al Policlinico Gemelli dove fu sottoposto ad un intervento chirurgico durato quasi 6 ore, con il quale i medici riuscirono a salvargli la vita. La prima turista statunitense, Ann Odre fu operata e le fu asportata la milza che era stata colpita dal proiettile, mentre la seconda fu curata per la ferita al braccio che non causò conseguenze. L’aggressore turco, subito dopo aver esploso i colpi fu catturato dalla polizia ed identificato. Il suo nome era già conosciuto dalle forze dell’ordine e vuole che il suo nome venga ricordato come il primo assassino di un Papa nell’epoca moderna. Un killer che sembra agire come un solitario, ma dietro al quale forse c’è una rete più grande di lui nella quale sembrano entrare anche veri servizi segreti.
Il Papa resta per diversi giorni in sala rianimazione e proprio da questa sala registra, con voce flebile, un messaggio che viene diffuso dagli altoparlanti in piazza San Pietro il giorno successivo, domenica 17 maggio. In seguito a quanto accaduto quel giorno in occasione del 13 maggio del 2000, Giovanni paolo II permette che sia svelato il “terzo mistero di Fatima”, che parlava proprio di un “vescovo vestito di bianco che cammina fra i cadaveri dei carbonizzati e giunge ai piedi di una grande croce e cade a terra morto colpito da frecce e armi da fuoco”, una immagine che si accompagna bene a quella del suo attentato in piazza San Pietro. Le indagini delle autorità italiane portano ad una pista “bulgara” e vengono scoperti anche dei complici e dei fiancheggiatori del killer, come Oral Celik, Sedat Kadem e Omer Ay. Si tratta di un vero e proprio intrigo internazionale i cui contorni si rivelano velenosi ed ambigui. Intanto il 3 di giugno Karol Wojtyla viene dimesso dall’ospedale, ma deve farci ritorno il successivo 20 giugno per una infezione abbastanza grave, e dopo un mese e mezzo i medici del Policlinico Gemelli decidono di procedere ad un nuovo intervento che viene effettuato il 5 agosto. Dopo aver lasciato nuovamente l’ospedale, il Pontefice passa 45 giorni, dal 14 di agosto al 30 settembre, nella residenza di Castelgandolfo, in convalescenza.
Il Papa, che aveva subito perdonato il suo attentatore, volle poi incontrarlo in carcere e questo avvenne nel dicembre del 1983, mentre Ali Agca si trovava in carcere a Roma. I due furono lasciati soli per circa 10 minuti durante i quali parlarono di molti argomenti che il papa non ha mai rivelato. Le indagini su questo attentato andarono avanti a lungo, e fu anche costituita una apposita commissione di indagine, la “commissione Mitrokhin”, ma non si arrivò mai alla scoperta dei mandanti dell’attentato. In base ad alcuni documenti di provenienza tedesca ed ungherese, venne ipotizzato anche il coinvolgimento del KGB, il servizio segreto sovietico, il quale sarebbe stato aiutato nella progettazione dell’attentato dalla Stasi, la polizia segreta della Germania Est e da un groppo bulgaro che si trovava a Roma. Gli esecutori materiali sarebbero stati i “Lupi Grigi”, gruppo terroristico turco, del quale faceva parte Ali Agca. La autorità della Bulgaria hanno sempre rigettato questa ipotesi ed hanno anzi dichiarato che il killer turco era membro di una organizzazione “anti-comunista”, e che questa operava sotto il controllo della CIA e dei servizi segreti del nostro paese. Nel corso di una visita in Bulgaria, effettuata nel 2002, anche Papa Giovanni Paolo II dichiarò di non aver mai preso in considerazione la “pista bulgara”. Nel 2000 per il killer turco arrivò la grazia concessa dall’allora capo dello stato, Ciampi, e venne estradato in Turchia dove venne incarcerato per scontare una precedente condanna che gli era stata inflitta per aver assassinato un giornalista turco nel 1979.