Prodigi della scienza e della tecnica, capaci di dilatare l’orizzonte della maternità possibile ben oltre i limiti fisiologici, che la natura fino a pochi anni fa poneva intorno ai fatidici 45 anni. Quasi nessuna si spingeva oltre, nel timore che una maternità tardiva potesse creare un qualsiasi tipo di problema al figlio, considerato come un bene prioritario da tutelare a qualsiasi costo.



I figli, fino a pochi decenni fa, nascevano da madri giovani, che senza rinunciare al sogno di una carriera e del successo che poteva comportare, semplicemente mettevano il figlio al primo posto. Nulla di strano! Anche se poi cominciava la corsa per essere all’altezza della situazione in casa e sul posto di lavoro; c’erano le lunghe ore di sonno perse, la fatica a trovare il tempo per il parrucchiere e altre esigenze similari. C’era bisogno di aiuto da parte di nonni e zii, soprattutto quando anche la baby sitter si ammalava e non arrivava puntuale, con la miriade delle scuse standardizzate. C’era una lotta mai del tutto sconfitta contro i pregiudizi maschilisti, che creavano nel “capo”, quasi sempre maschio, una vera e propria forma di gelosia nei confronti del bambino, considerato colpevole di ammalarsi, di mettere i dentini, di avere strane colichette, di rompersi un braccio o una gamba ogni tanto… Ma c’era il lavoro e c’erano i figli: c’erano entrambi nella tenace volontà di essere madre e professionista al tempo stesso, per dare ai figli e al proprio lavoro il meglio delle proprie energie fisiche, intellettuali e morali, con un evidente e positivo primato affettivo rivolto al figlio.



Non c’erano alternative. Non si poteva differire la maternità oltre un certo limite e meno ancora si poteva pensare ad una maternità on demand: oggi che sono giovane e bella congelo i miei ovuli e poi non appena le circostanze lo permettono provvedo a farli fecondare, con lo sperma di quello che in quel momento sarà il mio compagno, indipendentemente dal fatto che mio marito ci sia ancora o ci sia mai stato… Tutto ben organizzato, senza troppe corse, senza troppi rischi, con una scienza amica che dilata le mie potenzialità spingendosi oltre ogni limite.

In Inghilterra il dato è eclatante: le donne che ragionano cosi si sono rapidamente quadruplicate negli ultimi anni. Le statistiche parlano di un aumento del 400 per cento, 404 per la precisione: donne che non rinunziano ad essere madri, ma vogliono essere prima e prima di tutto professioniste in carriera, senza rischi e senza limiti. Prima il lavoro, prima il successo portato fino ai massimi livelli possibili, poi il figlio, quando e dove sia possibile. 



E’ questione di bilanciamento di diritti e di doveri: che l’uomo sia stato creato per lavorare è fuor di dubbio: Homo creatur ut operaretur, dice la Sacra Scrittura, che poco più avanti riporta l’indicazione che Dio dà alla prima coppia del mondo: Crescete e moltiplicatevi. Il punto in questione riguarda l’equilibrio dei tempi, l’equilibrio delle energie investite e delle relative responsabilità. Il lavoro è diritto-dovere individuale, ma mettere al mondo un figlio non ha nulla di individuale! È il capolavoro di una coppia che fonda sull’amore la vita e che intende custodire per amore e con amore questa vita nuova, appena venuta al mondo.

Scienza e tecnica sono due straordinari frutti del lavoro umano e ben venga che siano posti al servizio della vita, ma quando scardinano l’ordine delle priorità un campanello d’allarme dovrebbe suonare nella donna. E non solo in lei.