Il trionfalista che è in me ha fatto un sogno. Emma Bonino aveva un cancro, il Papa la chiamava, ci scherzavano su dicendo che l’erba cattiva non muore mai, e lui le diceva che comunque avrebbe pregato per la sua guarigione. E poi il tumore andava via come per un miracolo. Emma si convertiva e lo diceva da Radio Radicale e cominciava l’anno santo mano nella mano con il Papa. 



Ora, il crociato trionfalista che è in me, quello che il Papa ha condannato il 29 maggio 2013 dicendo che “il trionfalismo ferma la chiesa”, s’è preso una bella botta in testa. Perché tutto quello che ho scritto sopra è vero, miracolo compreso. Ma Emma non s’è convertita — o per lo meno non è dato sapere — e noi siamo qui a dire perché a lei sì e a noi credenti normali qualsiasi che arranchiamo per le corsie d’ospedale, invece no. Invece a noi le prognosi riservate vanno sempre a finire con esito infausto e, a volte, pure un po’ prima del previsto. La telefonata del Papa a Emma era del 2 maggio perché lei aveva detto, il 12 gennaio, di avere un cancro al cervello. E ora “sparita ogni traccia di cancro”: il tumore è in remissione. 



Così mi fermo, apro gli occhi, e rimetto a dormire il piccolo crociato trionfalista che c’è in me. E vedo che, come tutte le storie umane, anche questa è una storia divina. Non parlo del miracolo della guarigione, perché forse non è stato un miracolo. Non sono un medico, non so fare diagnosi, non so leggere referti e neanche il cuore dell’uomo perché non sono Dio, ma mi sento di dire che l’ultima riga, quella della conversione di Emma, è un sogno. 

Però voglio separare il sogno dal trionfalismo. Facciamo così: Gesù, a me non interessa sapere se Emma si convertirà. Facciamo che non lo saprò mai. Però questo sogno — quello della sua conversione — non lo voglio mettere nel cassetto. Non solo perché i sogni sono importanti, che per lo meno ci fanno svegliare con il sorriso o servono ad iniziare e a finire bene una giornata. Il fatto è che nessuno sa cosa succede nel cuore di Emma Bonino: già a stento sappiamo cosa c’è nel cuore di ciascuno di noi. Io, il mio sogno, in segreto glielo auguro. In ogni caso che sappia valorizzare non di aver ricevuto la telefonata del Papa ma la telefonata di qualcuno che gli è stato vicino. 



Perché, sulle cose vere, noi abbiamo solo la vicinanza a tirarci fuori dal dolore o dalla paura. La telefonata c’è stata e questo è un miracolo che ciascuno di noi deve saper riconoscere, con la fede o senza la fede, perché se Dio è amore, allora una telefonata d’amicizia assomiglia tremendamente a Lui. Se le preghiere più belle sono quelle piene di grazie, allora la gratitudine è una preghiera bellissima, e il mio sogno è che Emma sappia dire grazie. Perché per me, se qualcosa si è mosso in questa storia, assomiglia al battito di Dio. Troppo poetico? Troppo da sognatore? Però è la realtà. La telefonata c’è stata. Il coraggio è venuto. L’erba resistente — ci ha scherzato il Papa con lei al telefono — ha resistito. La guarigione è avvenuta. Allora è la realtà che assomiglia ai miei sogni. Io che ci posso fare? Sono contento e quando uno scrittore è contento, scrive.