L’altro ieri ho scritto qui qualche pensiero sulla apertura odierna di Expo 2015. Oggi ci sono stato. Ho anche provato a mettere subito in pratica, per me innanzitutto, quanto proponevo come miglior modo di valorizzare quest’occasione: farsi provocare da bellezza, curiosità, tecnologia, architettura a guardare al cibo con occhi nuovi, con maggior coscienza, perché ciascuno possa ricavarne uno stimolo che lo riguarda direttamente, che sia rivolto innanzitutto al proprio comportamento quotidiano, così da non essere solo una partecipazione lontana e passiva. Farsi colpire, capire e cominciare ad agire.



Devo confessarvi che la mia “prima giornata all’Expo” è partita per me tutta sulle ali di un impatto visivo ed emozionale veramente straordinario. Sono rimasto incantato da alcune viste dei viali, dei padiglioni, da alcune soluzioni sceniche e cromatiche e da altre di altissima tecnologia. I padiglioni di Cina, Arabia, Brasile, Regno Unito, Kazakistan, Giappone, altri e al primo posto l’incredibile Padiglione Zero. Ho sentito addosso una diffusa scarica di entusiasmo e di calore (nonostante il freddo umido della giornata) provocato certo dal camminare un po’ ovunque, quasi affannosamente, ma soprattutto da immagini veramente uniche per vivacità e coinvolgimento. Ma poco alla volta mi sono soffermato di più a domandarmi il significato di certi messaggi, come per passare dal livello della pura scossa a quello più pensoso delle ragioni e del contenuto umano e scientifico proposti. E spesso non ne sono stato capace: ho provato a chiedere alle sorridentissime hostess, ho cercato supporti informativi, mi sono fermato a rivedere i video con maggior accuratezza dall’inizio alla fine. Ma spesso non mi è bastato. Talvolta ho scoperto messaggi molto “sotto, sotto”, come resi meno comprensibili da una ridondante carica di emozionalità non abbastanza esplicita, come infatti accade spesso per i messaggi di tale taglio.



Poi, nel videomessaggio trasmesso durante la Cerimonia inaugurale, Papa Francesco ha fatto irruzione in Expo. “Un tema così importante, così essenziale… purché non resti solo un ‘tema’, purché sia sempre accompagnato dalla coscienza dei ‘volti’: i volti di milioni di persone che oggi hanno fame, che oggi non mangeranno in modo degno di un essere umano“. Cioè che non accada di fermarsi all’emozione e si dimentichi l’uomo che questa emozione richiama, ammirati per chi ha potuto creativamente porre un fatto artistico o scientifico, non eludibile, ma non altrettanto capace di vederci dietro il destino di persone, volto dopo volto, che di questa emozione sono vero soggetto, perché del cibo hanno desiderio, hanno speranza ma non hanno certezza.



Vorrei che ogni persona – a partire da oggi –, ogni persona che passerà a visitare la Expo di Milano, attraversando quei meravigliosi padiglioni, possa percepire la presenza di quei volti“. Grazie a Papa Francesco, possiamo vivere così intensamente questa emozione estetica, offerta realmente da Expo (non potete perdervela!), da sprofondare nella scoperta dell’incontro reale con il suo volto ultimo, la vita dell’uomo di fronte al cibo, in azione, per chi il cibo lo ha, per chi lo cerca, per chi lo migliora, per chi lo dona.

Che Expo non diventi esso stesso quel “paradosso”, che abbiamo sotto gli occhi, dell’abbondanza e dello spreco per alcuni e della mancanza per molti altri. Anche così va inteso il richiamo alle aziende alimentari, da lui convocate a concorrere ad un grande progetto di solidarietà contro la fame. Ma la sua proposta non è automatica di fronte alla rumorosa e colorata scenografia di Expo, va cercata, ci si deve soffermare, chiedere, quasi studiare. Ognuno può fare questo “lavoro”, prima e durante la visita, ma già farsi accompagnare da Papa Francesco e dal suo messaggio è un punto di valore a cui non possiamo rinunciare.

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