Il premio Pen Award per il coraggio mostrato nel non lasciarsi intimidire dalle minacce ricevute, è stato assegnato alla rivista satirica francese Charlie Hebdo, a circa quattro mesi dall’attacco terroristico alla sede parigina della redazione nel quale persero la vita ben dodici persone. Il Pen American Center, è una sorta di comitato composto da editori e scrittori che hanno particolarmente a cuore la tematica della libertà di stampa, per la quale tante battaglie sono state fatte nel corso degli ultimi decenni. La decisione di premiare Charlie Hebdo non è stata salutata con favore da tutti gli esponenti della carta stampata e più in generale da coloro che lavorano nel campo dell’editoria. Infatti, in segno di protesta verso questa assegnazione, ben sei autorevoli giornalisti (Peter Carey, Michael Ondaatje, Francine Prose, Teju Cole, Rachel Kushner e Taiye Selasi) hanno deciso di non prendere parte alla cerimonia di premiazione che si è tenuta a New York lo scorso 5 maggio. Il motivo della protesta sta nel fatto che la decisione di Pen va oltre la libertà di espressione. Nello specifico il noto scrittore Peter Carey si chiede se i fatti di Charlie Hebdo rappresentino realmente un problema di libertà di espressione, mentre Rachel Kushner ha parlato di una opposizione all’intolleranza culturale da parte di Charlie Hebdo. La protesta dei sei giornalisti ha spaccato anche l’opinione pubblica: Charlie Hebdo è sempre più un caso e suscita sempre nuovi interrogativi. Siamo di fronte a un manipolo di vignettisti coraggiosi contro l’oscurantismo di ogni religione e regime o piuttosto siamo di fronte al cortocircuito dell’occidente costretto sempre più a difendere principi astratti piuttosto che ideali concreti?