Circa Il 10% dei migranti arrivati in Italia nel 2015 è affetto da scabbia o altre parassitosi cutanee, percentuale “che corrisponde a circa 4717 casi su 46mila persone arrivate nel primo semestre dell’anno, rispetto ai 2162 su 140 mila arrivi nel 2014″. Lo ha detto Ranieri Guerra, direttore generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, incontrando la stampa per fare il punto sugli aspetti sanitari dell’emergenza immigrazione. La scabbia, ha aggiunto, “non è una malattia letale, ma una patologia banale, dermatologica”, che colpisce “a livello superficiale”. Si tratta in effetti di una malattia che, pur essendo contagiosa, non è grave, e con i farmaci giusti può essere curata facilmente. L’importante è accorgersene in tempo (il che è facile, dal momento che i sintomi – in particolare il prurito intenso e le piccole vesciche rosse diffuse su tutto il corpo – sono evidenti e molto fastidiose) così da scongiurare il rischio di trasmetterla ad altre persone. La scabbia è una malattia che interessa nella stessa maniera tutti i continenti e le classi socio-economiche, senza distinzioni per quanto riguarda il sesso o l’età: può colpire sia i bambini che gli adulti, anche se cambiano le modalità di trasmissione; per quanto riguarda gli adulti, infatti, la scabbia si trasmette prevalentemente per via sessuale. Se fino a trenta o quarant’anni fa quest’infezione sembrava, se non completamente scomparsa, quanto meno in via d’estinzione, oggi la scabbia improvvisamente è tornata a diffondersi con più vigore e tra tutte le classi sociali. Le motivazioni sono sconosciute, ma si pensa che a favorire le nuove infezioni siano fattori come i frequenti viaggi intercontinentali, le massicce migrazioni e non da ultimo la promiscuità sessuale. Per quanto riguarda i Paesi occidentali, epidemie di scabbia si registrano laddove sussistono condizioni igieniche precarie e soprattutto d’inverno, a causa del sovraffollamento dei luoghi chiusi come stazioni, ospedali e dormitori.
Il sintomo primario della scabbia, che interessa tutta le zone del corpo, sono delle piccole protuberanze rossastre, simili in tutto e per tutto a vesciche pruriginose e doloranti, le quali sono la conseguenza delle ripetute punture di acari microscopici portatori dell’infezione. Questi microrganismi si annidano sullo strato più superficiale dell’epidermide, dove depongono le loro uova facendo sì che, in assenza di cure antibiotiche specifiche, la malattia proliferi indisturbata. Come è stato già accennato, la via di trasmissione privilegiata è quella sessuale (non a caso, soprattutto per chi si reca in Paesi famosi per il turismo sessuale, la scabbia è una delle malattie sessualmente trasmissibili più diffuse, che spesso accompagna i viaggiatori fino in patria, dove viene trasmessa ad altri partner sessuali), tuttavia non è raro che l’infezione coinvolga anche intere famiglie, trasmettendosi attraverso contatti prolungati tra la pelle di due persone, ma anche mediante indumenti condivisi, stoviglie, asciugamani e biancheria da letto.
Contrarre la scabbia utilizzando lo stesso letto o gli stessi asciugamani di una persona infetta è piuttosto difficile, ma possibile, soprattutto se non si rispettano alcune elementari norme igieniche e se il paziente è affetto dalla scabbia a croste, che si caratterizza per un’infestazione da acari ancora più massicci. Il parassita che determina l’infezione non è visibile a occhio nudo, ma solo al microscopio. Si tratta inoltre di un microrganismo che non può vivere lontano dalla pelle umana, da cui trae nutrimento: in caso contrario, muore dopo circa trentasei ore.
I microrganismi maschili e femminili si comportano in modo diverso, e contribuiscono diversamente al diffondersi dell’infezione: mentre infatti l’acaro maschio si accoppia in superficie, l’acaro femmina scava in profondità nella pelle per deporre le uova destinate a schiudersi e a prolungare l’infezione, peggiorandone i sintomi. Da quando le nuove uova vengono deposte allo stato di acaro adulto trascorrono all’incirca una decina di giorni. L’infezione da scabbia ha un’incubazione che va dalle tre alle sei settimane, ma il periodo può essere molto più breve qualora non sia la prima volta che il paziente la contrae. La pelle che ha contratto la scabbia presenta numerose linee corte e ondulate di colore rosso vivo o rosso più scuro, che hanno l’aspetto di pustole infiammate e che si concentrano in particolar modo in corrispondenza dei polsi o tra le dita. Un altro sintomo molto frequente è rappresentato da eruzioni cutanee con eritema caratterizzate da pustolette rosse in rilievo che tendono a essere molto fastidiose. Per alleviare il fastidio, il paziente infetto tende a grattarsi moltissimo, soprattutto di notte o dopo essersi lavato con dell’acqua calda, peggiorando così la sintomatologia. Le vesciche o pustolette, infatti, se grattate con troppa intensità tendono a rompersi, generando croste e non di rado dando origine a nuove micro-infezioni. Come già accennato, ogni parte del corpo è interessata da questi sintomi, ma le pustole e le vesciche si concentrano soprattutto su mani, piedi, ascelle, polsi, petto e non di rado natiche e genitali (soprattutto nel caso di infezione per via sessuale, quando il focolaio potrebbe essere proprio in corrispondenza degli organi genitali).
Se non viene curata con appositi farmaci antibiotici, la scabbia non regredisce spontaneamente, né la sintomatologia presenta miglioramenti col passare dei giorni (semmai il contrario). Con le cure attualmente disponibili, è sufficiente una sola applicazione di terapia antibiotica per risolvere l’infezione. Tuttavia i farmaci non proteggono da eventuali, possibili nuove infezioni dello stesso acaro. I medici oggi curano la scabbia tramite creme antibiotiche e antibatteriche o lozioni specifiche che uccidono gli acari (di norma Antiscabbia CM, Eurax o PAF), ma è molto importante che l’applicazione avvenga sul tutto il corpo e non solo sulle zone interessate dalle pustole, senza tralasciare nessun centimetro di pelle.