Ricorrono oggi gli 800 anni della Magna Carta, uno dei pilastri della democrazia inglese, europea e mondiale: di fatto, il primo passo verso la monarchia costituzionale. Come scrive Elisabetta Sala sulle colonne de ilsussidiario.net, nessuno si sarebbe mai immaginato che re Giovanni potesse giungere a un compromesso con i nobili ribelli che, insieme ad alcuni vescovi e alla città di Londra, gli sottoposero quelle condizioni di pace tanto svantaggiose. Perché il famoso documento nacque come prosaico trattato di pace, oltretutto destinato al fallimento entro poche settimane. Quella prima versione “era infatti troppo estrema perché si potesse sperare fosse rispettata – scrive ancora Sala – Basti pensare che introduceva un’idea assolutamente rivoluzionaria, vale a dire un comitato di 25 nobili che controllasse l’operato del re e lo costringesse a rispettare i patti”. Quel primo trattato fece la storia, “perché ribaltò la tendenza, graduale ma inesorabile, dei re normanni e angioini a considerare la terra come proprietà personale e la trasgressione del diritto feudale come una regola”.
Sono passati precisamente 800 anni dalla creazione della Magna Carta, il documento che sanciva la storica concessione di re Giovanni “Senza Terra”, sovrano d’Inghilterra, di alcune libertà e diritti giuridici ai baroni inglesi che lo pressavano per l’eccessiva tassazione e per i soprusi operati dal regno su tutti i corpi intermedi, Chiesa compresa. Intervistato da ilsussidiario.net, Paolo Gulisano esperto e storico della cultura anglosassone, aiuta a comprendere i motivi per cui nei secoli successivi alcuni degli articoli della Magna Charta non furono presi in considerazione, nonostante l’enorme modello normativo che fu questo straordinario documento. «Sia con Enrico VIII che con Elisabetta I gli articoli ad esempio sulla libertà religiosa furono del tutto obliati e questo avvenne per l’unico vero limite grosso della Carta: non essendo una vera costituzione è diventato fin da subito un documento dalla valenza storica incredibile ma rimanendo altamente interpretabile». È certo che la Charta ha assunto e assume tuttora, a 800 anni di distanza, un’importanza normativa che ha fatto giurisprudenza per tutte le successive carte dei diritti, ma nella storia della cultura giuridica anglosassone è rimasta sempre un modello interpretativo più che una vera e propria costituzione, «è una non-costituzione» chiosa Gulisano.
Ricorre oggi l’ottocentesimo anniversario della storica firma del sovrano Giovanni d’Inghilterra della carta delle libertà più celebre al mondo, la Magna Carta, firmata il 15 giugno del 1215 a Runnymede. Con quella carta, il re concesse ai suoi feudatari diretti e alla Chiesa inglese una serie di libertà e diritti mai avuti fin lì, segnando di fatto un precedente che ha poi fatto giurisprudenza per quasi tutte le carte dei diritti nei secoli a venire, fino ai giorni nostri. A ilsussidiario.net parla Paolo Gulisano, scrittore e critico della cultura anglosassone, spiegando il nesso stretto con altre carte costituzionali. «È una sorta di non-costituzione, ma è il punto di riferimento normativo di un paese che ancora oggi è senza costituzione: la Carta ha rappresentato nel corso dei secoli il vero modello di normativa costituzionale inglese, e non solo». Lo scrittore italiano ricorda infatti come questa grande anomalia giuridica risulti a tutti gli effetti il primo esempio nella storia di ordinamento nato da una devoluzione del potere del sovrano ad altri corpi intermedi, i baroni inglesi come anche la Chiesa.
In occasione degli 800 anni della Magna Carta, è intervenuto sull’argomento anche il costituzionalista della Bocconi Lorenzo Cuocolo: “La Magna Carta era uno strumento per segnare un patto tra il re e i baroni – spiega Cuocolo in un video postato su YouTube – La Magna Carta testimonia un potere limitato, non un potere assoluto in mano al sovrano”. Ecco come nasce questo documento: il re per riconquistare i possedimenti dei Plantageneti in Francia fece una guerra contro il regno di Francia, che finanziò tramite una pesante tassazione dei suoi baroni. La guerra ebbe un esito negativo e questo comportò una successiva rivolta dei baroni, che rifiutarono, il 5 maggio 1215, la fedeltà al re. Quindi a Runnymede, il 15 giugno, si tenne l’incontro con i baroni ribelli e il re Giovanni si vide costretto, in cambio della rinnovata obbedienza, a fare alcune concessioni. Il documento è composto da un’introduzione e ben 63 articoli, in cui emergono l’habeas corpus, il legame tra tassazione e il concetto di rappresentanza nonché il diritto dei cittadini ad opporsi al potere nel caso diventi oppressivo.
Anche Stephen Langton ebbe un ruolo fondamentale nelle vicende che portarono alla creazione della Magna Carta. Arcivescovo di Canterbury e cardinale, dopo aver ottenuto il dottorato di teologia all’Università di Parigi, fu coinvolto nel 1207 nello scontro tra Giovanni d’Inghilterra ed Innocenzo III, a seguito della morte di Hubert Walter, l’arcivescovo di Canterbury. Il papa non riconobbe il candidato di Giovanni e nominò Langton, che però fu rifiutato dal re inglese. Quando il papa scomunicò Giovanni e proclamò l’interdetto in tutto il Regno d’Inghilterra, Langton dovette andare in esilio in Francia, privando di una guida la chiesa inglese. Per installarsi nella sua sede a Canterbury dovette aspettare fino al 1213, quando il re finalmente si sottomise al papa per far revocare la scomunica e l’interdetto. L’arcivescovo Langton divenne uno dei mediatori più importanti nell’incontro tra i baroni ribelli ed il re Giovanni a Runnymede (15 giugno 1215, dove fu firmata la Magna Carta). Si nota la sua influenza ed il ricordo delle sue vicende personali nella prima clausola del documento, in cui si sancisce “che la Chiesa inglese è libero ed i suoi diritti devono rimanere immutati e le sue libertà integre”. Secondo alcuni studiosi può anche essere grazie a lui che i cosiddetti “Articoli dei Baroni” (la parte più radicale della Magna Carta) sono sopravvissuti, dato che si crede che sia stato lo stesso Langton a portar via questo documento per custodirlo dopo la riunione a Runnymede. L’annullamento della Magna Carta da parte di Papa Innocenzo III nel mese di agosto 1215, su richiesta di Giovanni, portò alla ripresa della rivolta baronale. Il re morì a Newark (19 ottobre 1216), quando la guerra con i baroni era ancora in corso. Gli succedette con il nome di Enrico III il figlio minorenne: nel 1217, sotto la tutela di Guglielmo il Maresciallo, il nuovo re firmò il trattato di Lambeth, che tra l’altro mise fine alla prima guerra con i baroni. La Magna Carta, in una versione riveduta che aveva ricevuto l’approvazione pontificia, venne emessa nel 1225.
Papa Innocenzo III aveva fatto in precedenza molti tentativi per far rispettare l’autorità papale da parte dei sovrani laici. In particolare, riteneva di rivestire una posizione autorevole nelle vicende del Regno d’Inghilterra (in quanto re Giovanni era già stato in conflitto con il papato e per questo era stato scomunicato). Papa Innocenzo aveva ricevuto nell’estate del 1215 ambasciatori inviati da Re Giovanni, che gli chiedeva di annullare la Magna Carta. Il Papa emise una bolla papale, dichiarando la Magna Carta nulla, in quanto “illegale, ingiusta, dannosa per i diritti reali e vergognosa”. Tuttavia, il papa dimenticava -o tralasciava di considerare- il ruolo svolto dall’arcivescovo Stephen Langton, uno dei maggiori ispiratori della Carta. L’arcivescovo, infatti, aveva consigliato i baroni ribelli su molti punti, sia perché si unissero nelle loro rivendicazioni sia per la stesura e la firma di un documento che sanciva e ampliava i diritti dei grandi feudatari e prelati (e che al contempo riduceva il potere del monarca regnante). Tra l’altro, l’arcivescovo aveva suggerito di trarre ispirazione per la Magna Carta dallo Statuto delle libertà che era stato emanato nel 1100 da Enrico I (il bisnonno di Giovanni).
Sono due i personaggi chiave che hanno svolto un ruolo fondamentale nella nascita e nella stesura della Magna Carta, il documento che viene considerato alla base della monarchia costituzionale inglese (in quanto limita o diminuisce i poteri del sovrano inglese a favore dei diritti dei feudatari e del clero). Tutti conoscono il nome del re Giovanni Senza Terra (1166-1216), ma pochi conoscono, tra le molte persone coinvolte negli eventi che hanno portato alla nascita della Magna Carta, il ruolo svolto dall’arcivescovo Stephen Langton (1150-1228). Giovanni era il quinto figlio maschio (ed il più giovane) di Enrico II e di Eleonora d’Acquitania; succedette al fratello Riccardo I, morto senza discendenza, nel 1199. Il suo regno fu caratterizzato da una serie di campagne militari senza successo, dal prolungato conflitto con la Chiesa di Roma e, appunto, dalla ribellione dei baroni che portò alla concessione della Magna Carta. Dopo la perdita del Ducato di Normandia nella guerra contro il re di Francia ed il tentativo fallimentare di riconquistare i possedimenti inglesi in terra francese persi, nel 1214 i baroni approfittarono del momento di debolezza del re per denunciare l’arbitrarietà delle tasse imposte per finanziare la guerra contro la Francia. Nel maggio 1215, un gruppo di baroni scontenti rigettarono il loro giuramento di fedeltà al re Giovanni e si ribellarono. Guidati da Robert Fitz Walter, i baroni ribelli conquistarono Londra il 17 maggio 1215. Il mese successivo il re fu costretto a sottostare alle richieste dei baroni ribelli ed a concedere la Magna Carta; come contropartita, i baroni fecero la pace con il re e rinnovarono il loro giuramento di fedeltà.
Nel giorno in cui si celebra l’ottocentesimo anniversario dalla Magna Carta, Google ha deciso di dedicare il suo doodle di oggi, 15 giugno 2015, proprio a questa ricorrenza. Nell’animazione che oggi appare al posto del logo del motore di ricerca, vediamo i baroni del Regno Unito costringere il re d’Inghilterra Giovanni Senzaterra a firmare il documento in latino che sarà poi riconosciuto come il primo fondamentale riconoscimento universale dei diritti di cittadini. Ma il doodle ha anche un lato comico: mentre i baroni se ne vanno trionfanti con la Magna Charta Libertatum, uno degli omini presenti a corte cerca di fare lo stesso ma non può, essendo incatenato. Il sovrano se la ride ma per poco: la guardia presente accanto al trono lancia infatti la chiave al prigioniero prima di dileguarsi lasciando il re da solo.
E’ il 15 giugno del 1215 quando in Inghilterra viene promulgata presso Runnymede la Magna Charta Liberatum, scritta in latino, con cui il re d’Inghilterra Giovanni Senza Terra riconobbe i diritti dei feudatari, della Chiesa, delle città inglesi. Di fatto la carta conferma i privilegi del clero e dei feudatari, diminuendo l’influenza del re. Tra gli articoli vanno menzionati: il divieto per il re di imporre nuove tasse ai suoi vassalli diretti, la garanzia per tutti gli uomini liberi di non essere imprigionati senza subire un processo, una pena congrua al reato commesso, l’istituzione di una commissione di 25 baroni pronta a fare guerra al re nel caso avesse infranto i suoi impegni, l’integrità e la libertà della Chiesa. La Magna Carta, di cui oggi si celebrano gli 800 anni dalla stesura, regolamentava anche la legge consuetudinaria, detta “della foresta”, che aboliva i demani regi e le multe fatte ai trasgressori. In più il documento, in materia economica, concedeva a tutti i mercanti – tranne quelli provenienti da paesi in guerra con il re – il diritto gratuito di ingresso e di uscita dal Paese.
La Magna Carta, firmata 800 anni fa, può essere considerata il primo documento nel quale vengono riconosciuti per iscritto dei diritti per i cittadini, in questo caso per i sudditi dei feudi inglesi. Pur essendo formalmente un atto unilaterale elargito dal sovrano, la Magna Carta presenta più propriamente i tratti di un contratto tra due parti. Il re, infatti, rinunciava in questo modo ad alcuni privilegi per depositarli nelle mani dei baroni. Simili Carte, ispirate a questo modello, vennero emanate anche in seguito da altri sovrani. Si può ricordare, ad esempio, quella che nel 1222 Andrea II d’Ungheria concesse ai suoi vassalli. Pur non concedendo direttamente diritti ai cittadini Inglese, i principi contenuti nella Magna Carta divennero, negli anni, la base per moderne politiche costituzionali inglesi. L’intero documento fu redatto in latino ed il suo nome originale era Magna Charta Libertatum. L’appellativo Magna gli venne attribuito per distinguerla da un altro provvedimento che, proprio in quegli anni, venne emanato per regolamentare i diritti di caccia nel Regno. Il processo che portò alla ratifica del documento non fu però semplice. Una volta redatta, infatti, incontrò da subito il dissenso di Papa Innocenzo III, che (seppur inizialmente favorevole) scomunicò il documento. Malgrado ciò, la Magna Carta fu promulgata e confermata nel 1216.
Sono trascorsi esattamente 800 anni dalla creazione della Magna Carta (Magna Charta Libertatum), il documento che il re d’Inghilterra Giovanni Senzaterra fu costretto a concedere per riconoscere i diritti dei feudatari. La Magna Carta venne firmata il 15 giugno 1215 a Runnymede, area lungo il Tamigi nella contea di Surrey, Inghilterra, e si può considerare il primo atto fondamentale per la democrazia occidentale. Nonostante la cattiva immagine appioppatagli in tempi moderni, uno dei padri della Magna Carta fu Giovanni Plantageneto, più noto come John Lackland o Giovanni Senzaterra perché privo di possedimenti terrieri dopo l’ascesa al trono in seguito alla morte di Riccardo Cuor di Leone, per mantenere gli ultimi possedimenti della casata in Francia impose nuove tasse che generarono malcontento tra i baroni: dopo le proteste (e in cambio della rinnovata obbedienza), il sovrano fu costretto a concedere la Magna Carta. Nel primo articolo (la numerazione non esisteva, dunque è convenzionale) viene riconosciuta la libertà e l’integrità della Chiesa inglese, precedentemente messa in discussione dal conflitto tra il padre di Giovanni, Enrico II, e l’arcivescovo di Canterbury. Attraverso gli articoli 39 e 40 veniva invece affermato che “nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, multato, messo fuori legge, esiliato o molestato in alcun modo, né noi useremo la forza nei suoi confronti o demanderemo di farlo ad altre persone, se non per giudizio legale dei suoi pari e per la legge del regno”. Altro articolo fondamentale della Magna Carta è il 40: a essun uomo (articolo 40) “venderemo, negheremo, differiremo o rifiuteremo il diritto o la giustizia”. Infine nell’ultimo articolo, il numero 63, viene ordinato che “la Chiesa d’Inghilterra sia libera e che i nostri sudditi abbiano e conservino tutte le predette libertà, diritti e concessioni, bene e pacificamente, liberamente e quietamente, pienamente e integralmente per se stessi e per i loro eredi, da noi e dai nostri eredi, in ogni cosa e luogo, in perpetuo”.