Papa Francesco ha proposto che d’ora in poi la Chiesa cattolica e quella ortodossa festeggino la Pasqua lo stesso giorno. Abbiamo la stessa fede in Cristo ma calcoliamo in modo diverso il giorno della sua Resurrezione. Per esempio quest’anno i cattolici l’hanno celebrata il 5 aprile e gli ortodossi il 12 dello stesso mese.
A spiegare perché sia così ci vorrebbero venti secoli di storia. Il Papa ha reso in maniera espressiva la questione raccontando una specie di barzelletta. Ha immaginato che un fedele chieda a un altro: «quando resuscita il tuo Cristo? Il mio oggi, il tuo la settimana prossima?». Detta così fa ridere ma dietro, in verità, ci sono secoli di scomuniche. Papa Vittore — siamo nel secondo secolo del cristianesimo — dichiarò eretici i cristiani che immigrati dalle provincie d’Asia celebravano la Pasqua in un giorno diverso da quello di Roma. Insomma, a sbagliare le date ci rimettevi la cattolicità, eri fuori. Papa Francesco, con questo gesto, ribadisce che il valore non negoziabile è l’unità. Sono convinto — è come se dicesse — che Gesù preferisce che si celebri assieme la sua Resurrezione piuttosto che azzeccandoci uno dei due, ma separati. Non si tratta di dire che Papa Francesco ha ragione e Papa Vittore (santo, peraltro) torto: si tratta di recepire che ora lo Spirito Santo ispira alla sua Chiesa l’urgenza di sottolineare ciò che unisce piuttosto che ribadire ciò che divide.
Cosa rimette al centro della Pasqua cristiana, la Pasqua? La stessa cosa che rimette insieme una famiglia divisa intorno al tavolo quando si festeggia Natale. Non una discussione teologica tra cattolici e ortodossi, no. Quello che manda avanti tutto e tutti, è un passo indietro. Se uno “perde”, vincono tutti, e il Papa fa così. Non faremo come il 2014: noi il 5 e voi il 12. Festeggeremo la Pasqua insieme perché noi la festeggeremo quando la festeggerete voi. Cioè, ripeto, dice che il principio su cui non cedere, il vero valore non negoziabile, è l’unità. Perché è dal fatto che siamo uniti che ci riconosceranno e non dal fatto che abbiamo ragione.
Mi incanta un Papa che mi insegna l’umiltà cedendo. Hai mai fatto sentire importante una persona facendole capire che per te è più importante stare insieme che discutere? Fa una faccia bellissima.
E lo stesso è per l’unità, perché l’unità è una cosa seria. Seria ma non triste, anzi è felicità e gioia pura, perché unità è amore. Unità è il segno distintivo, l’unico segno distintivo del cristiano: ci riconosceranno dall’amore. In cielo la Trinità è unità, in terra deve essere altrettanto. A fermare questo Papa non sarà il conteggio di quei minuti che nei secoli hanno diviso i cristiani. Vince lui con un atto di umiltà. Arriva primo con un passo indietro: rinunciamo ai nostri conteggi, alla nostra data. Pasqua la festeggiamo insieme. Per cominciare.