Un agnellino. Fabrizio Corona sarebbe diventato un bravo ragazzo, e quindi può uscire dal carcere, dov’era chiuso da tre anni. Vogliamo ricordare perché? Cocaina. Ok, fino a un certo punto sono affari suoi. Non risulta spacciasse. Soldi riciclati. Da sanzionare, ci mancherebbe. Pagando e ripagando. Sempre con soldi, il carcere che c’entra? Ricatti, violazione della privacy, truffa. Paghi, e restituisca il maltolto. Portategli via il conto, le case, le macchine. Altra pena verrà da sé, come conseguenza naturale, perché se esci dal giro, se cadi nella polvere, non conti più nulla, e non serve più strusciarsi ai tuoi abiti firmati. Ci pensano da soli, pseudoamici e pseudofidanzate, a mollarti.
Ma su Corona c’è stato un accanimento, un fumus persecutionis difficile da smentire. Perfino quando i ricattati da questo cialtrone scavezzacollo e mai cresciuto hanno dichiarato di voler rimettere ogni accusa, e chiudere la contesa, perfino quando si è alzata la voce di un campione come Trezeguet, si è voluto andare avanti, implacabili. Era pericoloso, Corona? Siamo davvero così moralisti da punire l’immoralità, come se non ne avessimo infinite altre prove? Peggio Corona di senatori e deputati e cardinali e imprenditori che entrano ed escono dai tribunali? O forse Corona rappresenta il bersaglio ideale per scaricare livore verso ricchezza, lusso, spreco, per bollare la sua irriducibile diversità, il suo rifiuto di stare al proprio posto, di seguire le regole che ipocritamente ti proteggono, ti coprono.
Le leggi sono una cosa, si è detto. E le leggi sanno essere ottuse, dipende da chi le legge e le applica. Ha ragione il senso comune a ricordare stupratori e omicidi, sfruttatori cavarsela con meno anni di condanna del bel fotografo che pare non abbia mai fatto una foto, capace solo a procurarsele, spacciando il suo bel viso e il suo nome. Le sue colpe valgono 13 anni di prigionia? E si poteva pensare che la carcerazione l’avrebbe reso migliore? Vogliono farci credere di sì, che la severità abbia cambiato l’uomo, suscitato il pentimento e favorito la buona condotta. Manco con Franti del libro Cuore, manco il paternalismo socialista di De Amicis nel neostato sabaudo. Se riduci un uomo alla disperazione, hai dato modo alla pena di essere riabilitativa, come cita la nostra Costituzione? Se lo porti a umiliarsi, a implorare grazia e pietà, ad ammettere oltre misura non le colpe, ma la sua vita indegna, puoi credere che sia sincero? Si può convincere con la forza chiunque, a rinnegar persino la fede e la patria, figurarsi le follie con Lele Mora.
Io non stimo Corona, non credo affatto sia un modello di vita. Il problema è che lo era, e ci era imposto, da mille giornali e schermi tv. Idolatrato, paparazzato, interpellato come opinionista tuttologo, e la sua strafottenza piaceva un sacco.
Fingere ora che non ci sia mai piaciuto, che ci siamo sempre scandalizzati è meschino. Le leggi sono le leggi, la redenzione non è di loro competenza, grazie a Dio né si può impetrarla come un obbligo. Spero che Corona trovi nella comunità di don Mazzi la riservatezza di cui ha bisogno, l’amicizia e l’accoglienza che lo aiutino a recuperare stima in se stesso e fiducia. Spero che si senta in gamba e, aiutando gli altri, più sfortunati di quel che lui è stato in partenza, aiuti se stesso, impari a scegliere i compagni giusti, gli amori veri.
Non so se sia cambiato e abbia voglia di cambiare vita, e non è un mio problema.Non deve sentirsi costretto, deve solo guarire, senza autoflagellarsi pubblicamente. Non mi piace che quest’oggi, su tutti i giornali, lo si aspetti quasi al varco, convinti di coglierlo di nuovo in fallo, a sgarrare. Non mi piace che mettano in campo con toni ricattatori suo figlio, la sua ex moglie. Bisogna smetterla di fargli pagare ancora la sua bellezza. La fortuna sfacciata di essere l’uomo di Belen. Lasciamolo in pace. Non è peggio di mille che avrebbero soltanto voluto essere come lui, al suo posto.