La seconda giornata di Papa Francesco a Torino si aprirà domattina alle 8.45, quando il Santo Padre lascerà l’Arcivescovado per trasferirsi in auto al Tempio Valdese, in Corso Vittorio Emanuele II (sarà il primo Papa della storia ad averlo mai fatto). Dopo i saluti iniziali, il discorso, il canto Corale e la preghiera del Padre Nostro, il Pontefice si trasferirà nel salone attiguo per incontrare una Delegazione e per lo scambio di doni. Alla 10.15 farà ritorno in Arcivescovado e, in forma strettamente privata, il Santo Padre incontrerà alcuni Suoi Famigliari. Per loro celebrerà la Santa Messa nella Cappella dell’Arcivescovado e pranzerà con loro in Arcivescovado, dove alle 16.30 incontrerà brevemente anche i membri del Comitato dell’Ostensione, gli organizzatori e i sostenitori della visita. Alle 17 papa Francesco si recherà in auto all’aeroporto di Torino Caselle e verso le 18.30 sarà a Ciampino, da dove rientrerà in Vaticano. 



Durante la sua visita pastorale a Torino, papa Francesco si è recato nel pomeriggio presso la basilica di Maria Ausiliatrice per rendere omaggio a don Bosco, di cui ricorrono i 200 anni dalla nascita. “Con voi ringrazio il Signore per avere donato alla sua Chiesa questo Santo, che assieme a tanti altri Santi e Sante di questa regione, costituiscono un onore e una benedizione per la Chiesa e la società di Torino e del Piemonte, dell’Italia e del mondo intero, in particolare a motivo della cura avuta verso i giovani poveri ed emarginati”, ha detto il Santo Padre nel discorso ai Salesiani (clicca qui per leggere il testo integrale). Papa Francesco ha voluto in particolare porre l’attenzione su tre aspetti di don Bosco: “La fiducia nella divina Provvidenza; la vocazione a essere prete dei giovani specialmente i più poveri; il servizio leale e operoso alla Chiesa, segnatamente alla persona del Successore di Pietro”.

“Il nostro pensiero va alla Vergine Maria, madre amorosa e premurosa verso tutti i suoi figli, che Gesù le ha affidato dalla croce, mentre offriva Sé stesso nel gesto di amore più grande. Icona di questo amore è la Sindone, che anche questa volta ha attirato tanta gente qui a Torino”. Lo ha detto Papa Francesco nell’Angelus di oggi (clicca qui per leggere il testo integrale). La Sindone, ha spiegato il Santo Padre, “attira verso il volto e il corpo martoriato di Gesù e, nello stesso tempo, spinge verso il volto di ogni persona sofferente e ingiustamente perseguitata. Ci spinge nella stessa direzione del dono di amore di Gesù”.

L’amore di Dio “è per sempre”, è un amore che non delude e che non viene mai meno. Lo ha detto oggi Papa Francesco nell’omelia della Messa celebrata a piazza Vittorio durante la visita pastorale a Torino (clicca qui per leggere il testo integrale dell’omelia). “Gesù incarna questo amore, ne è il Testimone. Lui non si stanca mai di volerci bene, di sopportarci, di perdonarci, e così ci accompagna nel cammino della vita – ha aggiunto il Pontefice – Per amore si è fatto uomo, per amore è morto e risorto, e per amore è sempre al nostro fianco, nei momenti belli e in quelli difficili. Gesù ci ama sempre, sino alla fine, senza limiti e senza misura”. Qual è la “porta” che apre al perdono di Gesù, al suo amore che può rinnovarci nel profondo, che può “ri-crearci”? Secondo papa Francesco è il saper riconoscere i propri limiti, le proprie debolezze, perché “la salvezza può entrare nel cuore quando noi ci apriamo alla verità e riconosciamo i nostri sbagli, i nostri peccati”.

E’ un giorno speciale per Torino, che ha ricevuto la visita di Papa Francesco in occasione dell’ostensione della Sacra Sindone. Oggi però è anche un giorno speciale per la piccola Vanessa che, come racconta Lastampa.it, ha ricevuto una carezza dal Pontefice poco prima che iniziasse la Messa in piazza Vittorio. La bambina di 10 anni, che frequenta la quinta elementare a Pianezza, ha chiamato Bergoglio mentre si apprestava a tenere l’omelia, chiedendogli di poterlo salutare. Lui non si è fatto pregare e sorridendo ha camminato verso le transenne e ha regalato una carezza alla bambina accorsa in piazza insieme alla famiglia. Vanessa ha raccontato così la sua esperienza: “Quando ti tocca è un momento bellissimo, non sembra vero. La sua voce ti riempie il cuore. Lui è fantastico. Stanotte non ho dormito dall’emozione. Ancora non ci credo, è il giorno più bello della mia vita, non vedo l’ora di dirlo alle mie amiche”.

Papa Francesco ha visitato la sindone prima della messa e dell’Angelus: “La Sindone è immagine di tutte le persone che soffrono. Attira verso il volto e il corpo martoriato di Gesù e, nello stesso tempo, spinge verso il volto di ogni persona sofferente e ingiustamente perseguitata”, ha detto. Ma non solo. Papa Bergoglio ha sottolineato che se si vuole attivare un circuito virtuoso nel mondo dell’economia occorre “riattivare una solidarietà tra generazioni”. In questo video (clicca qui per vederlo) si vede il Santo Padre seduto di fronte al telo, nel Duomo di Torino, mentre in silenzio prega per alcuni minuti. Quindi si è fatto il segno della croce e poi si è alzato, andando verso la teca che custodisce la Sindone e l’ha toccata con la mano destra.

Papa Francesco, in visita a Torino, ha recitato dei versi della poesia piemontese di Nino Costa, dal titolo “Rassa nostrana”, durante l’omelia nella Messa di piazza Vittorio Veneto. “Dritti e sinceri, quel che sono, appaiono”, ha detto il Papa definendo Costa “un famoso poeta nostro”. Il pontefice ha detto: “Cari fratelli e sorelle torinesi e piemontesi, i nostri antenati sapevano bene che cosa vuol dire essere ‘roccia’, cosa vuol dire ‘solidità’”. Usa poi i versi: ‘Dritti e sinceri, quel che sono, appaiono: teste quadre, polso fermo e fegato sano, parlano poco ma sanno quel che dicono, anche se camminano adagio, vanno lontano. Gente che non risparmia tempo e sudore – razza nostrana libera e testarda -. Tutto il mondo conosce chi sono e, quando passano? tutto il mondo li guarda”. Tra le persone che si sono alternate al leggio in piazza, anche un immigrato: “Preghiamo perché sia eliminata ogni forma di discriminazione tra uomo e uomo e tra nazione e nazione”.

“L’immigrazione aumenta la competizione, ma i migranti non vanno colpevolizzati, perché essi sono vittime dell’iniquità, di questa economia che scarta e delle guerre. Fa piangere vedere lo spettacolo di questi giorni, in cui esseri umani vengono trattati come merce!”. Lo ha detto oggi Papa Francesco, a Torino per incontrare il mondo del lavoro e visitare l’Ostensione della Sindone (clicca qui per leggere il discorso integrale). In questa situazione, ha aggiunto il Pontefice, “siamo chiamati a ribadire il no a un’economia dello scarto, che chiede di rassegnarsi all’esclusione di coloro che vivono in povertà assoluta”. Siamo chiamati a ribadire il “no” anche all’idolatria del denaro, “che spinge ad entrare a tutti i costi nel numero dei pochi che, malgrado la crisi, si arricchiscono, senza curarsi dei tanti che si impoveriscono, a volte fino alla fame”. Infine siamo chiamati a dire “no” alla corruzione, “tanto diffusa che sembra essere un atteggiamento, un comportamento normale. Ma non a parole, con i fatti”.

Dal 19 aprile scorso e fino al 24 giugno prossimo si tiene a Torino un evento davvero importante: l’Ostensione della Sindone. L’evento è dedicato quest’anno nel secondo centenario della nascita di San Giovanni Bosco alla sofferenza e ai giovani. Papa Francesco sarà a Torino il 21 e il 22 giugno proprio per celebrare questa occasione. Questa mattina arriverà alle otto all’aeroporto Caselle di Torino e sarà accolto dall’Arcivescovo di Torino S.E. Mons Cesare Nosiglia insieme al Presidente della Regione Piemonte l’On. Sergio Chiamparino, il Sindaco di Torino On. Piero Fassino. Il Santo Padre salirà sull’auto scoperta a Piazza Redaubengo. Alle 8.30 Alla Piazzetta Reale ci sarà l’incontro col mondo del lavoro rappresentato da un’operaia, un imprenditore e un agricoltore. Papa Francesco poi entrerà a piedi nella Cattedrale dove alle 9.15 ci sarà la Preghiera davanti alla Sacra Sindone. Saranno presenti le suore di clausura e diversi sacerdoti ospiti. Alle 10.00 verrà lasciata la Cattedrale e il Santo Padre si recherà poi in Piazza Vittorio dove alle 10.45 sarà protagonista della concelebrazione eucaristica dell’Omelia Angelus e il ringrazimanto di Mons Nosiglia. In automobile Papa Francesco poi raggiungerà in auto l’Arcivescovado dove saranno schierati i militari della Scuola di Formazione. Alle 13.00 sarà l’ora del pranzo con i Giovani detenuti del Carcere minorile Ferrante Aporti con presenti una famiglia Rom e alcune di immigrati e senza fissa dimora. Successivamente alle tre meno venti al Santuario della Consolata ci sarà la Preghiera in Privato. Alle 15.00 invece alla Basilica di Maria Ausiliatrice con l’incontro con le Figlie di Maria Ausiliatrice e i Salesiani. Un’ora dopo sarà il tempo della visita del Chiesa del Cottolengo per l’incontro con disabili e ammalati. Alle 18.00 in Piazza Vittorio ci sarà l’incontro con i giovani che potranno porre alcune domande a Papa Francesco. Alle 19.30 invece terminerà la giornata con la cena e il riposo in Arcivescovado. 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Saluto tutti voi, lavoratori, imprenditori, Autorità, giovani e famiglie presenti a questo incontro, e vi ringrazio per i vostri interventi, da cui emerge il senso di responsabilità di fronte ai problemi causati dalla crisi economica, e per aver testimoniato che la fede nel Signore e l’unità della famiglia vi sono di grande aiuto e sostegno.

La mia visita a Torino inizia con voi. E anzitutto esprimo la mia vicinanza ai giovani disoccupati, alle persone in cassa-integrazione o precarie; ma anche agli imprenditori, agli artigiani e a tutti i lavoratori dei vari settori, soprattutto a quelli che fanno più fatica ad andare avanti.

Il lavoro non è necessario solo per l’economia, ma per la persona umana, per la sua dignità, per la sua cittadinanza e anche per l’inclusione sociale. Torino è storicamente un polo di attrazione lavorativa, ma oggi risente fortemente della crisi: il lavoro manca, sono aumentate le disuguaglianze economiche e sociali, tante persone si sono impoverite e hanno problemi con la casa, la salute, l’istruzione e altri beni primari. L’immigrazione aumenta la competizione, ma i migranti non vanno colpevolizzati, perché essi sono vittime dell’iniquità, di questa economia che scarta e delle guerre. Fa piangere vedere lo spettacolo di questi giorni, in cui esseri umani vengono trattati come merce!

In questa situazione siamo chiamati a ribadire il “no” a un’economia dello scarto, che chiede di rassegnarsi all’esclusione di coloro che vivono in povertà assoluta – a Torino circa un decimo della popolazione. Si escludono i bambini (natalità zero!), si escludono gli anziani, e adesso si escludono i giovani (più del 40% di giovani disoccupati)! Quello che non produce si esclude a modo di “usa e getta”.

Siamo chiamati a ribadire il “no” all’idolatria del denaro, che spinge ad entrare a tutti i costi nel numero dei pochi che, malgrado la crisi, si arricchiscono, senza curarsi dei tanti che si impoveriscono, a volte fino alla fame.

Siamo chiamati a dire “no” alla corruzione, tanto diffusa che sembra essere un atteggiamento, un comportamento normale. Ma non a parole, con i fatti. “No” alle collusioni mafiose, alle truffe, alle tangenti, e cose del genere.

E solo così, unendo le forze, possiamo dire “no” all’iniquità che genera violenza. Don Bosco ci insegna che il metodo migliore è quello preventivo: anche il conflitto sociale va prevenuto, e questo si fa con la giustizia.

In questa situazione, che non è solo torinese, italiana; è globale e complessa, non si può solo aspettare la “ripresa”. Aspettiamo la ripresa… Il lavoro è fondamentale – lo dichiara fin dall’inizio la Costituzione Italiana – ed è necessario che l’intera società, in tutte le sue componenti, collabori perché esso ci sia per tutti e sia un lavoro degno dell’uomo e della donna. Questo richiede un modello economico che non sia organizzato in funzione del capitale e della produzione ma piuttosto in funzione del bene comune. E, a proposito delle donne, ne ha parlato lei, i loro diritti vanno tutelati con forza, perché le donne, che pure portano il maggior peso nella cura della casa, dei figli e degli anziani, sono ancora discriminate, anche nel lavoro.

E’ una sfida molto impegnativa, da affrontare con solidarietà e sguardo ampio; e Torino è chiamata ad essere ancora una volta protagonista di una nuova stagione di sviluppo economico e sociale, con la sua tradizione manifatturiera e artigianale. Quando pensiamo, nel racconto biblico, che Dio ha fatto l’artigiano proprio… Voi siete chiamati a questo: manifatturiera ed artigianale e nello stesso tempo con la ricerca e l’innovazione.

Per questo bisogna investire con coraggio nella formazione, cercando di invertire la tendenza che ha visto calare negli ultimi tempi il livello medio di istruzione, e molti ragazzi abbandonare la scuola. Lei andava la sera a scuola, per poter andare avanti…

Oggi vorrei unire la mia voce a quella di tanti lavoratori e imprenditori nel chiedere che possa attuarsi anche un “patto sociale e generazionale”, come ha indicato l’esperienza dell’“Agorà”, che state portando avanti nel territorio della diocesi. Mettere a disposizione dati e risorse, nella prospettiva del “fare insieme”, è condizione preliminare per superare l’attuale difficile situazione e per costruire un’identità nuova e adeguata ai tempi e alle esigenze del territorio. È giunto il tempo di riattivare una solidarietà tra le generazioni, di recuperare la fiducia tra giovani e adulti. Questo implica anche aprire concrete possibilità di credito per nuove iniziative, attivare un costante orientamento e accompagnamento al lavoro, sostenere l’apprendistato e il raccordo tra le imprese, la scuola professionale e l’Università.

Mi è piaciuto tanto che voi tre abbiate parlato della famiglia, dei figli e dei nonni. Non dimenticare questa ricchezza! I figli sono la promessa da portare avanti: questo lavoro che voi avete segnalato, che avete ricevuto dai vostri antenati. E gli anziani sono la ricchezza della memoria. Una crisi non può essere superata, noi non possiamo uscire dalla crisi senza i giovani, i ragazzi, i figli e i nonni. Forza per il futuro, ma memoria del passato che ci indica dove si deve andare. Non trascurare questo, per favore. I figli e i nonni sono la ricchezza e la promessa di un popolo.

A Torino e nel suo territorio esistono ancora notevoli potenzialità da investire per la creazione di lavoro: l’assistenza è necessaria, ma non basta: ci vuole promozione, che rigeneri fiducia nel futuro.

Ecco alcune cose principali che volevo dirvi. Aggiungo una parola che non vorrei che fosse vuole essere retorica, per favore: “coraggio!”. Non significa pazienza, rassegnatevi. No, no, non significa questo. Ma al contrario, significa: osate, siate coraggiosi, andate avanti! Siate creativi! Siate artigiani tutti i giorni, artigiani del futuro! Con la forza di quella speranza che ci dà il Signore e non delude mai. Ma che ha anche bisogno del nostro lavoro. Per questo prego e vi accompagno con tutto il cuore. Il Signore vi benedica tutti e la Madonna vi protegga. Grazie. E, per favore, vi chiedo di pregate per me! Grazie!

Nell’Orazione Colletta abbiamo pregato: «Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua grazia coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore». E le Letture che abbiamo ascoltato ci mostrano come è questo amore di Dio verso di noi: è un amore fedele, un amore che ricrea tutto, un amore stabile e sicuro.

Il Salmo ci ha invitato a ringraziare il Signore perché «il suo amore è per sempre». Ecco l’amore fedele, la fedeltà: è un amore che non delude, non viene mai meno. Gesù incarna questo amore, ne è il Testimone. Lui non si stanca mai di volerci bene, di sopportarci, di perdonarci, e così ci accompagna nel cammino della vita, secondo la promessa che fece ai discepoli: «Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Per amore si è fatto uomo, per amore è morto e risorto, e per amore è sempre al nostro fianco, nei momenti belli e in quelli difficili. Gesù ci ama sempre, sino alla fine, senza limiti e senza misura. E ci ama tutti, al punto che ognuno di noi può dire: “Ha dato la vita per me”. Per me! La fedeltà di Gesù non si arrende nemmeno davanti alla nostra infedeltà. Ce lo ricorda san Paolo: «Se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare sé stesso» (2 Tm 2,13). Gesù rimane fedele, anche quando abbiamo sbagliato, e ci aspetta per perdonarci: Lui è il volto del Padre misericordioso. Ecco l’amore fedele.

Il secondo aspetto: l’amore di Dio ri-crea tutto, cioè fa nuove tutte le cose, come ci ha ricordato la seconda Lettura. Riconoscere i propri limiti, le proprie debolezze, è la porta che apre al perdono di Gesù, al suo amore che può rinnovarci nel profondo, che può ri-crearci. La salvezza può entrare nel cuore quando noi ci apriamo alla verità e riconosciamo i nostri sbagli, i nostri peccati; allora facciamo esperienza, quella bella esperienza di Colui che è venuto non per i sani, ma per i malati, non per i giusti, ma per peccatori (cfr Mt 9,12-13); sperimentiamo la sua pazienza – ne ha tanta! – la sua tenerezza, la sua volontà di salvare tutti. E quale è il segno? Il segno che siamo diventati “nuovi” e siamo stati trasformati dall’amore di Dio è il sapersi spogliare delle vesti logore e vecchie dei rancori e delle inimicizie per indossare la tunica pulita della mansuetudine, della benevolenza, del servizio agli altri, della pace del cuore, propria dei figli di Dio. Lo spirito del mondo è sempre alla ricerca di novità, ma soltanto la fedeltà di Gesù è capace della vera novità, di farci uomini nuovi, di ri-crearci.

Infine, l’amore di Dio è stabile e sicuro, come gli scogli rocciosi che riparano dalla violenza delle onde. Gesù lo manifesta nel miracolo narrato dal Vangelo, quando placa la tempesta, comandando al vento e al mare (cfr Mc 4,41). I discepoli hanno paura perché si accorgono di non farcela, ma Egli apre il loro cuore al coraggio della fede. Di fronte all’uomo che grida: “Non ce la faccio più”, il Signore gli va incontro, offre la roccia del suo amore, a cui ognuno può aggrapparsi sicuro di non cadere. Quante volte noi sentiamo di non farcela più! Ma Lui è accanto a noi con la mano tesa e il cuore aperto.

Cari fratelli e sorelle torinesi e piemontesi, i nostri antenati sapevano bene che cosa vuol dire essere “roccia”, cosa vuol dire “solidità”. Ne dà una bella testimonianza un famoso poeta nostro:

«Dritti e sinceri, quel che sono, appaiono: 
teste quadre, polso fermo e fegato sano,
parlano poco ma sanno quel che dicono,
anche se camminano adagio, vanno lontano.
Gente che non risparmia tempo e sudore 
– razza nostrana libera e testarda –.
Tutto il mondo conosce chi sono
e, quando passano… tutto il mondo li guarda».

Possiamo chiederci se oggi siamo saldi su questa roccia che è l’amore di Dio. Come viviamo l’amore fedele di Dio verso di noi. Sempre c’è il rischio di dimenticare quell’amore grande che il Signore ci ha mostrato. Anche noi cristiani corriamo il rischio di lasciarci paralizzare dalle paure del futuro e cercare sicurezze in cose che passano, o in un modello di società chiusa che tende ad escludere più che a includere. In questa terra sono cresciuti tanti Santi e Beati che hanno accolto l’amore di Dio e lo hanno diffuso nel mondo, santi liberi e testardi. Sulle orme di questi testimoni, anche noi possiamo vivere la gioia del Vangelo praticando la misericordia; possiamo condividere le difficoltà di tanta gente, delle famiglie, specialmente quelle più fragili e segnate dalla crisi economica. Le famiglie hanno bisogno di sentire la carezza materna della Chiesa per andare avanti nella vita coniugale, nell’educazione dei figli, nella cura degli anziani e anche nella trasmissione della fede alle giovani generazioni.

Crediamo che il Signore è fedele? Come viviamo la novità di Dio che tutti i giorni ci trasforma? Come viviamo l’amore saldo del Signore, che si pone come una barriera sicura contro le onde dell’orgoglio e delle false novità? Lo Spirito Santo ci aiuti a essere sempre consapevoli di questo amore “roccioso” che ci rende stabili e forti nelle piccole o grandi sofferenze, ci rende capaci di non chiuderci di fronte alla difficoltà, di affrontare la vita con coraggio e guardare al futuro con speranza. Come allora sul lago di Galilea, anche oggi nel mare della nostra esistenza Gesù è Colui che vince le forze del male e le minacce della disperazione. La pace che Lui ci dona è per tutti; anche per tanti fratelli e sorelle che fuggono da guerre e persecuzioni in cerca di pace e libertà.

Carissimi, ieri avete festeggiato la Beata Vergine Consolata, la Consola’, che “è lì: bassa e massiccia, senza sfarzo: come una buona madre”. Affidiamo alla nostra Madre il cammino ecclesiale e civile di questa terra: Lei ci aiuti a seguire il Signore per essere fedeli, per lasciarci rinnovare tutti i giorni e rimanere saldi nell’amore. Cosi sia.

Al termine di questa celebrazione, il nostro pensiero va alla Vergine Maria, madre amorosa e premurosa verso tutti i suoi figli, che Gesù le ha affidato dalla croce, mentre offriva Sé stesso nel gesto di amore più grande. Icona di questo amore è la Sindone, che anche questa volta ha attirato tanta gente qui a Torino. La Sindone attira verso il volto e il corpo martoriato di Gesù e, nello stesso tempo, spinge verso il volto di ogni persona sofferente e ingiustamente perseguitata. Ci spinge nella stessa direzione del dono di amore di Gesù. “L’amore di Cristo ci spinge”: questa parola di san Paolo era il motto di san Giuseppe Benedetto Cottolengo.

Richiamando l’ardore apostolico dei tanti sacerdoti santi di questa terra, a partire da Don Bosco, di cui ricordiamo il bicentenario della nascita, saluto con gratitudine voi, sacerdoti e religiosi. Voi vi dedicate con impegno al lavoro pastorale e siete vicini alla gente e ai suoi problemi. Vi incoraggio a portare avanti con gioia il vostro ministero, puntando sempre su ciò che è essenziale nell’annuncio del Vangelo. E mentre ringrazio voi, fratelli Vescovi del Piemonte e della Valle d’Aosta, per la vostra presenza, vi esorto a stare accanto ai vostri preti con affetto paterno e calorosa vicinanza.

Alla Vergine Santa affido questa città e il suo territorio e coloro che vi abitano, perché possano vivere nella giustizia, nella pace e nella fraternità. In particolare affido le famiglie, i giovani, gli anziani, i carcerati e tutti i sofferenti, con un pensiero speciale per i malati di leucemia nell’odierna Giornata Nazionale contro leucemie, linfomi e mieloma. Maria Consolata, regina di Torino e del Piemonte, renda salda la vostra fede, sicura la vostra speranza e feconda la vostra carità, per essere “sale e luce” di questa terra benedetta, della quale io sono nipote.