Che Gesù fosse comunista è un refrain che appartiene ala mitologia hippy e sessantottina, ormai datata. Nel frattempo il socialismo reale è scomparso, sopravvive in qualche riserva in via di smantellamento o ha comunque cambiato faccia, apparentandosi al più bieco e vituperato capitalismo. Ma i nipoti dell’ideologia non si arrendono, e i nostalgici rimpiangono le adunate e i cortei della giovinezza, certi simboli ancora imbrattano bandiere, magliette e volantini. 



Perfino crocifissi. Ha fatto il giro del mondo il sorriso largo di Evo Morales, presidente della Bolivia, mentre donava il suo singolare composé a papa Francesco in visita nel suo paese: una croce singolare, in bronzo, forgiata a mo’ di falce e martello, su cui è appeso Gesù di Nazareth. Papa Bergoglio è rimasto a dir poco stupito, e stranamente serio, quasi cupo. Poi, ha sorriso anch’egli, mentre il presidente campesino gli ha messo al collo un ciondolo con lo stesso disegno. Il papa l’ha tolto poco dopo, consegnandolo ai suoi segretari. Non si rifiuta mai un regalo, deve aver ricordato quel che gli insegnava sua nonna. E’ scortesia. Ringrazi, lo prendi e prendi il buono che c’è, nel gesto e nell’intenzione. Poi nessuno ti impedisce di metterlo in un cassetto, a casa tua. 



Bergoglio è un uomo pratico, saggio, oltreché un intelligente politico, e un gesuita. A ben altri riti e simboli si sono adeguati i suoi predecessori, le corti imperiali d’Oriente, stimati e ben accolti ovunque, senza cedere mai sulla retta dottrina. Serve arroccarsi o inasprirsi sui particolari? La Bolivia è un paese amato e amabile, povero, popolare. Proprio al secondo incontro mondiale dei movimenti popolari a La Paz Francesco è stato invitato, perché sia protagonista e latore delle istanze richieste all’Onu, nella sua prossima visita del 25 settembre. Quel presidente, comunista o no, gli è simpatico, si vede che quando lo chiama Fratello papa ci tiene davvero. E a lui, come a tutta l’America Latina, e a noi, il papa ha parlato di ponti da costruire, di famiglia minacciata dalle colonizzazioni ideologiche, che offrono pseudosoluzioni sbagliate alle difficoltà e alla solitudine. Ha spiegato che il bene comune non è il benessere, gli interessi di parte, e chissà se da tanto lontano aveva un pensiero anche per la Grecia.



Non fa sconti sulla giustizia sociale, Francesco, come insegna il nome che ha scelto, soprattutto come insegna il Vangelo, basterebbe rileggere le Beatitudini o le più note parabole. E’ sudamericano, e da quelle parti, e lui le ha vissute, le più atroci violazioni dei diritti umani sono venute da regimi di destra, i martiri, sacerdoti e suore, li hanno ammazzati sotto altre divise, e la guerriglia criminale, anche se si ammanta di rosso, non è ascrivibile ad alcuna parte. 

Non fa sconti sui cardini della fede, Francesco, compresa l’antropologia, con al centro la difesa della vita in ogni suo attimo, e di un’idea di libertà che non è liceità di far prevalere il proprio egoismo. Bergoglio è comunista? L’hanno già detto, dimenticando di solito il Bergoglio che difende la vita dei bambini, o dei vecchi, che parla del diavolo e mette in guardia dall’Inferno. Dicevano che Wojtyla era di destra solo perché aveva stretto la mano di Pinochet, ed era certamente una mano insanguinata, come quella di certi notabili russi o polacchi che aveva dovuto incontrare. 

Poi forse il papa deve aver guardato quella croce strana con un occhio più attento: sì, in effetti Gesù è stato crocifisso dal comunismo, eccome. I martiri di quel simbolo hanno costellato la storia del 900, e non solo. Gesù è stato usato per nobilitare troppe croci nella storia, e troppi simboli hanno voluto accaparrarsi il diritto di farlo proprio. Gesù è inchiodato a mille croci, e con uno sforzo di fantasia modernista potremmo perfino inchiodarlo a un bigliettone da 100 dollari o cento euro. Ci sono molti modi per tradire e oltraggiare il Suo nome. 

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