E’ morto ieri il cardinal Giacomo Biffi, nato nel 1928 e, dal 1984, dopo essere stato arcivescovo ausiliare della diocesi di Milano, alla guida della chiesa bolognese fino al 2003, quando ha lasciato all’attuale cardinale Caffarra per sopraggiunti limiti di età la cattedra di San Petronio, del quale era il centodecimo successore. Può forse riassumere il suo spirito il motto scelto per lo stemma cardinalizio: “Ubi fides, ibi libertas”, dove c’è la fede, lì c’è libertà. Con le stessa fede e la stessa libertà richiamate fin dall’inizio del suo incarico ha guidato la sua chiesa, insegnando, scrivendo, seguendo il suo popolo. “Ha amato tenacemente la chiesa” ha dichiarato Papa Francesco alla notizia della morte di Biffi, una tenacia che si è espressa spesso con giudizi netti e precisi sulla società, sulla situazione della fede e della cultura moderna, sui suoi stessi concittadini. 



Al suo arrivo nell’arcidiocesi emiliana definì Bologna “sazia e disperata”, definizione sintetica passata alla storia, che irritò non pochi di coloro che ancora non sono riusciti a confutarla. Non amava il buonismo, e quando glielo facevano notare rispondeva che anche i padri della chiesa non erano buonisti: Contro le eresie, disse una volta in risposta a chi gliene domandava ragione, si intitola un’opera di Ireneo, a intendere che bisogna saper andare con decisione contro le menzogne, antiche e contemporanee. Un suo volume molto conosciuto e anche tradotto all’estero è Contro Mastro Ciliegia, una lettura teologica della storia di Pinocchio, il primo libro che ricevette in regalo da piccolo, a sette anni. Per Biffi il racconto collodiano ripercorre esattamente la storia della salvezza ed è possibile interpretarne scene e personaggi in questa chiave, come eroi o antieroi della storia cristiana. A chi gli obiettava che Carlo Collodi era un risorgimentista di fede mazziniana, rispondeva opponendo da un lato l’oggettività della storia di Pinocchio, dall’altro il fatto che la conformità di essa alla storia sacra era un’interpretazione che spettava ai maestri della fede (“cioè a me”, diceva) e non agli storici o ai critici letterari. 



Scrittore, studioso e teologo fecondo, nelle sue opere emerge un nucleo costante: la centralità di Cristo e del cristianesimo come avvenimento concreto e storico: Approccio al cristocentrismo. Note storiche per un tema eterno si intitola un suo lavoro teologico. Come tale tenne anche gli esercizi spirituali per la curia di Roma e per Benedetto XVI nel 2007. A proposito di Papa Ratzinger, abbastanza noto è l’episodio risalente al conclave dell’aprile 2005 in cui fu elevato al soglio. Durante i primi giorni di votazioni inconcludenti dei cardinali, Biffi continuava a ricevere ogni volta un voto. La cosa finì con l’irritarlo, tanto da fargli sperare di scoprire chi fosse il suo misterioso elettore “per dargli uno schiaffo”. Immaginiamo la sua espressione quando venne a sapere che colui che continuava a votarlo era lo stesso Josef Ratzinger, di lì a poco eletto papa! 



Così come era netto e perfino tagliente nei giudizi su illuminismo, modernismo e materialismo, questo sapiente teologo e padre illuminato della chiesa sapeva essere altrettanto chiaro con i suoi figli. In lui era evidente che chi molto ama, molto corregge, come sanno i vari esponenti delle parrocchie, delle associazioni e dei movimenti bolognesi che avevano un dialogo proficuo ma mai tranquillo con lui. In questo simile a papa Francesco, bacchettava anche e soprattutto quelli a cui voleva bene. Non amava la tiepidezza: “Non bisogna aver paura dei cattolici non praticanti ma dei praticanti non cattolici” è un’altra delle sue frasi caratteristiche. Durante un consiglio pastorale diocesano bolognese, un giovane rappresentante di un’associazione cattolica cittadina intervenne affermando che il cristianesimo, secondo lui, era in crisi. Biffi lo interruppe subito: “In crisi sarà lei, giovanotto. Il cristianesimo è un fatto, e come tale non può essere in crisi. I fatti storici non vanno in crisi”. Aveva ben chiaro probabilmente che la realtà è molto più grande di quello che qualsiasi materialista o illuminista di oggi crede di sapere.