Nato nel 354 a Roma, Sant’Arsenio crebbe nella famiglia dei Surculi, famiglia romana nobile appartenente al Senato. La sua educazione fu dapprima affidata a San Girolamo, che lo guidò nel conoscere gli insegnamenti di Sant’Agostino. La sua cultura saggezza divenne tale da condurre papa Damaso ad ordinarlo diacono della Chiesa di Roma per poi inviarlo alla corte dell’imperatore Teodosio I, che regnò su Costantinopoli. Nel corso degli undici anni trascorsi con Teodosio I, Sant’Arsenio fu sia suo primo consigliere che educatore dei suoi figli, data la sua grande conoscenza di materie quali, ad esempio, il greco. Uno dei figli di Teodosio, Arcadio, non stabilì una buona relazione col suo precettore e si racconta che tentò diverse volte di allontanarlo dalla corte.
Celebre è la punizione che lo stesso Teodosio diede al figlio avendolo trovato seduto al posto di Arsenio in segno di sfida: il giovane Arcadio fu spogliato delle insegne imperiali. Più tardi, Arcadio organizzò una congiura contro Arsenio che riuscì a sottrarsi alle cattive intenzioni del giovane. Tuttavia, in seguito a ciò Arsenio visse una crisi spirituale durante la quale sentì la voce del Padre che gli diceva di “fuggire gli uomini”. Fu per questo che Arsenio decise di lasciare l’imperatore Teodosio I e la sua corte, dove godeva dei servigi di un centinaio di servitori, così come racconta la leggenda. Nel 394, così, Arsenio abbandona Costantinopoli per recarsi nel deserto di Scete, poco distante da Alessandria.
Qui ricevette ospitalità presso una comunità di anacoreti dove San Giovanni Nano ricopriva la carica di abate. Poco fiducioso, l’abate volle scoprire se Arsenio avesse il temperamento giusto per restare nella loro comunità dandogli solo un pezzo di pane duro. Arsenio, di fronte a tale gesto, semplicemente ringraziò e San Giovanni Nano comprese la purezza del suo cuore lasciandolo rimanere. Mentre si trovava ancora presso la comunità di anacoreti, giunse a lui un messaggio che lo informava della morte di un parente e del suo testamento che faceva Arsenio erede di una grande ricchezza.
Questi, però, rifiutò di entrare in possesso dell’eredità sostenendo che in terra la sua vita materiale era morta e continuando a vivere solo di preghiera e meditazione. Le ore trascorse a pregare conducevano Arsenio a riflettere e meditare sulla morte, tanto che le iconografie del santo lo vedono raffigurato con in mano una bacca di cipresso. La permanenza di Arsenio a Scete durò ben quaranta anni; fu egli stesso successore di San Giovanni Nano come abate. Nel mondo cristiano dell’epoca Arsenio godeva di una fama che spingeva pellegrini da ogni parte dell’impero a recarsi a Scete per potergli parlare, anche se la sua riluttanza a parlare con gli uomini a discapito del dialogo con Dio era tale che raramente i fedeli giunti a lui ricevevano risposte soddisfacenti.
Nel 434 Scete fu invasa da una tribù di libici e Arsenio si trasferì prima a Troe e poi ad Alessandria, dove visse in ritiro in un monastero per tre anni. Tornaro a Troe, non si sa bene se nel 449 o nel 450, morì. Gli insegnamenti di Sant’Arsenio furono raccolti nel “De Magno Arsenio” e così sono giunti fino ai nostri giorni.
La Chiesa cattolica festeggia Sant’Arsenio il 18 luglio, così come la chiesa siro-maronita e la chiesa copta. La chiesa ortodossa, invece, lo commemora l’8 maggio. In Italia, la festa di Sant’Arsenio è particolarmente sentita nel paese omonimo. Situato nella provincia di Salerno, di cui è patrono. Proprio in questo paese, nel maggio del 1857 la statua del santo, collocata nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, trasudò e la chiesa cattolica riconobbe l’evento attestando l’avvenuto miracolo.