Ricorre oggi, lunedì 20 luglio 2015, l’anniversario della morte di Carlo Giuliani avvenuta nel 2001 durante i fatti del G8 di Genova. L’Italia si propose per organizzare il vertice degli otto paesi più industrializzati, scatenando una campagna di protesta guidata dal movimento no-global che era già sfociata nei fatti di Goteborg e Seattle, con duri scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Il governo italiano, guidato allora da Silvio Berlusconi, decise di destinare alla protezione del vertice ben 18mila unità, tra poliziotti, carabinieri, finanzieri e forestali. Il simbolo negativo del vertice divenne ben presto la cosiddetta zona rossa, quella in cui non sarebbe dovuto entrare nessuno e ben presto indicata come santuario da violare da parte dei no-global.



L’atmosfera di parossismo dei giorni precedenti al G8 divenne sempre più pesante, sino ad esplodere in una lunga serie di disordini quando entrarono in azione i famigerati black bloc, l’ala più violenta del movimento. La reazione delle forze dell’ordine si rivelò dura, con immagini di inusitata violenza che si riversarono sui mezzi di informazione aprendo una dura contestazione verso la gestione decisa dal Ministro degli Interni Scajola. A seguito di alcuni scontri avvenuti all’altezza di Via Caffa, uno dei Land Rover dei carabinieri si trovò bloccato in Piazza Alimonda a causa della presenza di un cassonetto che ne ostruiva il passaggio. A questo punto iniziarono i tragici fatti che condussero all’uccisione di Carlo Giuliani. Il carabiniere Mario Placanica esplose due colpi con la propria pistola d’ordinanza. Lo sparo fu motivato dal fatto che Carlo Giuliani si trovava a pochi metri dal mezzo e stava agitando un estintore vuoto.

La lunga giornata iniziata con la tragedia del ragazzo genovese, doveva però ancora riservare una coda velenosa, l’ormai famigerato assalto delle forze di polizia alla scuola Diaz, il luogo in cui pernottavano i manifestanti giunti da fuori città. Una vicenda terminata qualche mese fa con la definitiva condanna dei responsabili delle vicende e con l’inizio della discussione in Parlamento riguardo l’introduzione del reato di tortura.

La vicenda ha continuato ad agitare la discussione politica per molto tempo, soprattutto a causa dei molti aspetti irrisolti. Lo stesso Placanica, prosciolto in seguito da ogni accusa, non ha mai nascosto i suoi dubbi sulla vicenda, continuando a ripetere di aver sparato verso l’alto e non contro i manifestanti. Altra contraddizione che continua a seminare dubbi è proprio quella relativa ai proiettili che furono estratti dal corpo del ragazzo genovese, risultati diversi da quelli in dotazione ai carabinieri, circostanza poi più volte ricordata dallo stesso Placanica.