Ayla, ciao. Prima o poi ti parleranno di me, prima o poi ti racconteranno, e bisogna che tu sappia, e capisca. Sono contento che tu ce l’abbia fatta, piccola. Sei forte, bella e forte, bella come tua madre e forte come me…posso dirlo eccome, non per vantarmi, ma un Black non può essere una mezza calzetta, non ci entri in squadra, non ci resti, non vinci altrimenti. Sangue samoano nelle vene, è anche il tuo. 100 Kg di muscoli, bimba, una potenza. Facevo paura, io. Allora, ti racconto quella sera. E’ passato già un po’ di tempo, tu eri solo uno scricciolo di dieci settimane, siamo andati a cena da amici e compagni, a Perpignan in Francia: sei nata lì, perché io ero in forze al Racing Club Narbonne, brutto nome, è proprio lì, all’uscita per Narbonne che l’auto si è schiantata. Avevo bevuto un po’, non capita spesso, chi fa il mio mestiere è attentissimo, ma una volta tanto, rilassati, mi faccio…e poi ho detto, Ehi, cara, Alala, guida tu, io non sono così sicuro, stanotte, perché era notte.
Abbiamo fatto male, dovevamo fermarci lì a dormire, era troppo tardi. Che stupido, che incosciente, mettersi in macchina stanchi, a quell’ora. Uno come me sa che è inutile dire “potevamo, se avessi”. Quando sbagli, perdi. E insomma, la mamma era stanca anche lei, ma ha detto sì, fa sempre così, lei, è generosa, paziente. E’ accaduto in un attimo. Sbagliata l’uscita dell’autostrada, un’esitazione, c’era un pullman dietro, ci ha presi. Crash. Io ero dietro con te, almeno questo l’ho fatto, stavo accanto a te, la mamma faceva il taxi…Un attimo, ma è bastato. Placcaggio, sono un mago. Ti ho afferrata, coperta, protetta. Tu così piccola, io con queste braccia grandi. E’ successo l’inferno, e io non l’ho vissuto. Mamma neppure, siamo partiti subito, insieme. Tu devi aver sofferto tanto, chissà cosa pensa un neonato quando non capisce, quando ha male, soffre, chissà se ha paura. Forse no, stavi abbracciata a me. Ma sei stata ferita, e gravemente, la tua testolina, non ho fatto abbastanza, e le lamiere…Insomma, ti hanno tirato fuori, divincolato dalla mia stretta, e ora dicono che sono morto da eroe. Figurati. Da stronzo, io volevo vivere, non fare l’eroe, vederti crescere, portarti i campo con me, tenerti in alto per farti vedere da tutti, e baciarti dopo ogni vittoria.
Se sbagli, perdi. So che ti hanno presa in braccio mani amiche, che ti hanno curata, ti affideranno agli zii. Spero tu non possa ricordare, spero che tenerezza e amore ti cancellino il buio e il male sofferto. Ho visto che è venuto a trovarti quel mostro di Neemia, l’amico più caro, ma brutto, vero? Ti sarai spaventata, quando ti ha presa in braccio ti ha allattata lui. Ma è stato caro, vero? Un giorno ti parlerà di me, ne sono certo, e di tua madre. Pensa che in ospedale non riuscivano a trovare un camice per la sua stazza: 136 chili! Più basso di me più grasso di me, ti pare possibile? Appena starai bene volerai lontano, dicono in Canada, dai parenti di mamma. Bene, si gioca a rugby anche lì, magari farai la majorette. Io ho girato il mondo, Nuova Zelanda, Inghilterra, Francia…chissà la prima volta che vedrai la haka. Quella danza da bruti, sai, quella sì che fa paura a una signorina! So che non sarai sola, e non ci siamo conosciuti, ti affezionerai a un altro padre, a un’altra madre. Quando si sbaglia, si perde. Ma non ne sono così sicuro. Il destino bussa, è una frase banale, e non spiega niente. Il destino è scritto, e non è mai così male come lo vediamo, laggiù. Il destino è voluto, scritto amato, anche il tuo, e qualunque cosa accada, sappi che è così. Non dipende solo da te. Anche perdere può cambiarti la vita. C’è un bravo capitano, fidati di Lui. Ah. Mi chiamavano terminator. Buffo, no? Il nome di uno che distrugge, come un supereroe. Invece ti ho salvato, e vedi che non ho perso del tutto? Ti ho salvato com’era naturale, com’era giusto. Il più bel placcaggio della mia vita.