Caro direttore,
la questione dell’immigrazione continua a tenere banco e c’è molto disorientamento nel mondo cattolico per le polemiche suscitate da alcune dichiarazioni, per altro non così roboanti come in un primo momento si era fatto intendere, rilasciate da mons. Galantino — segretario generale della Cei — a diverse testate giornalistiche. Molti cattolici si sentono in imbarazzo e non riescono pienamente a connettere le parole del prelato con la propria fede, se non in forza di un moralistico richiamo all’accoglienza.
Eppure i due misteri della fede proclamati dal Catechismo di Pio X, certamente non un “galantiniano” di stretta osservanza, vertono proprio sull’Incarnazione e sulla Redenzione mediante la Passione, Morte e Resurrezione di Cristo. Paolo di Tarso, anch’egli difficilmente colluso con gli attuali “vertici ignavi” della Chiesa, spiegava l’Incarnazione come uno svuotamento (una kenosis) da parte del Figlio per accogliere in sé, nella propria soggettività di Verbo di Dio, la natura umana ferita assumendola, salvandola, sposandola. In poche parole non c’è famiglia, non c’è matrimonio, senza accoglienza dell’umanità. Propria e delle persone che amiamo.
Questo capopopolo della sinistra ecclesiale, di nome Galantino, sta quindi seguendo il Papa in un’opera educativa radicale: come si può pensare di sposarsi, di tornare alla sacralità del matrimonio e alla forza della famiglia, se non si coltiva l’accoglienza e la capacità di farsi servi, che è quella dinamica che ha permesso il matrimonio di Cristo con la nostra umanità e con la Chiesa? Come mai queste cose non si capiscono? Qualcuno può forse affermare che l’accoglienza sia un valore negoziabile mentre la famiglia no? Ma come si fa a sposarsi senza saper accogliere l’altro? Perché su questo tema non vediamo all’orizzonte un “Welcome day” che faccia eco ad altrettanto solenni e decisivi “Family Day”? Dov’è il popolo ultras della rete, dove sono i difensori della civiltà cristiana, dove i commentatori osannati e le zelanti star del cattolicesimo “autoconvocato”?
Non sarà che, forse, si sta praticando un cristianesimo ridotto ad ideologia borghese così scrupolosamente cattolico da dimenticarsi di essere cristiano? Non sarà che la Chiesa sta correggendo delle storture terribili della fede e molti, come bambini capricciosi, vogliono continuare a giocare con quello che già sanno e che — alla fine — meno li disturba? Non è quella di questi giorni una presa di posizione pubblica e radicale che, lontana da ogni vagheggiato “autoridimensionamento” della Chiesa, la pone nuovamente al centro del dibattito civile italiano con la stessa prorompenza degli anni “ruiniani” della Cei? Non sono queste posizioni di Galantino quanto di più lontano dal cedere allo spirito del mondo e alle lusinghe del pensiero dominante?
Oppure il pensiero dominante è solo quello cosiddetto “di sinistra”, mentre a destra è esito di una speciale illuminazione dello Spirito Santo? Non è tutto questo una grande azione educativa di fondo che la Chiesa italiana offre in continuità con il Magistero degli ultimi sessant’anni? Non sarà che questo Papa eletto irregolarmente, complice di Scalfari, incline alle lusinghe e alla papolatria ci stia in realtà insegnando qualcosa che forse avevamo smarrito?
“Il diritto della persona ad emigrare — dicono i prelati “sinistri” del Vaticano — è iscritto tra i diritti umani fondamentali, con facoltà per ciascuno di stabilirsi dove crede più opportuno per una migliore realizzazione delle sue capacità e aspirazioni e dei suoi progetti”. E, rincarando la dose, aggiungono: “la grande questione morale su come stiano le cose da noi riguardo ai profughi, ai rifugiati, ai migranti ha un senso ancora più fondamentale: abbiamo veramente posto per Dio, quando Egli cerca di entrare da noi? Abbiamo tempo e spazio per Lui? Non è forse proprio Dio stesso ad essere respinto da noi quando respingiamo i migranti?”
Tutti virgolettati di matrice galantiniana contagiati da un furore ideologico filantropico e foriero di affermazioni “ingenerose” verso la politica, segni di ingerenza impropria di una Chiesa subalterna alla retorica e alla cultura buonista del potere dominante. Sì, tutto vero. Peccato però che l’autore di questi virgolettati si chiami Benedetto XVI. Anche lui, evidentemente, segretamente stregato dal terribile monsignore che — come dicono i suoi detrattori — domina con cipiglio duro la Cei e l’intera Chiesa italiana.